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Eventi | 25 luglio 2018, 14:34

Sanremo: a poche ore dall’inizio di Bravo Jazz e poi di Rock in The Casbah parla Simone Parisi da sempre presentatore e dj della doppia kermesse di San Costanzo

"Sapere di essere al centro dell'attesa per i ragazzi della provincia, sapere di essere nei loro pensieri di mesi quando la domanda 'chi suona quest’anno?' si fa sempre più costante e ripetuta"

Simone Parisi

Simone Parisi

Tra poche ore prenderà il via l'edizione 2018 di Bravo Jazz e, la prossima settimana, sarà il momento della 19^ edizione di Rock in the Casbah.
Quando ormai l'esordio è sempre più vicino riceviamo e pubblichiamo le parole di Simone “Radiomandrake” Parisi, storico presentatore e dj della doppia rassegna.

Tracciare un solco lungo 19 anni è semplice ed allo stesso modo sottilmente complesso. Innanzi tutto vorremmo partire dalla scelta del luogo: un piccolo gioiello diroccato ed abbandonato ai margini di una città in espansione verso le strade più facili e frequentate. Quando nell’anno 2000 si decise di arrivar ad allestire un baraccone di spettacoli lassù la prima parola che molti pronunciarono fu “impossibile” la seconda fu “ma la gente sta altrove, perché?” E la terza fu “come ci si arriva?” Inutile negare che la divisione che la città soffriva tra il suo centro commerciale e turistico ed il suo centro storico era netta, precisa, a tratti invalicabile. Quel centro lasciato perdere, quasi dimenticato in nome dei più luccicanti marmi del Casinò e dei fasti annuali del Teatro Ariston. Ricordiamo un incontro coi vertici della Prefettura, del comando dei Carabinieri organizzato proprio lassù dove lo spettacolo venne lodato proprio per l’alto valore di acquisizione dei propri luoghi che rappresentò e che rappresenta tutt’ora. All’epoca eravamo la sola Associazione ad aver deciso di lavorare in quel posto, ora, fortunatamente, non più, e sempre più spesso la parola “arte” ha fatto il paio con quella di Pigna o di Scarpéta come la chiamerebbero i veri sanremaschi. 

Nel corso degli anni la maniacale ed amorevole mano di chi lassù ha avuto natali, e casa, madre, amici ha fatto si che la prima regola imposta ai nuovi volontari fu sempre “pulizia”. In quello si è sempre cercato di eccellere, sia richiedendo interventi massicci comunali per angoli di accumulo sia nel piccolo e nel quotidiano.

Questo perché un luogo potrà anche essere scoperto da qualcuno ma appartiene a tutti, ed il sottile piacere della scoperta ci ha sempre accompagnato con orgoglio quando nel corso degli anni le manifestazioni in cartellone a San Costanzo sono aumentate, regalando un luogo di spettacoli unico a parecchie e solide realtà.

Non è un percorso di lode all’operato questo, bensì una valorizzazione ed una ripresa di quei valori che anni fa hanno fatto si che questa scelta venne messa in atto, personalmente ogni anno penso ai cambiamenti che il luogo ed il tempo hanno accompagnato questo cammino, come quell’albero nella piazzetta appena davanti al palco che ora non c’è più, come i nascondigli tra le pietre che gli spacciatori hanno sempre usato, che ora saranno altrove, il resto non è poi cambiato di molto, fedele ed immobile nel proprio concetto “storico”. Ancora oggi la risposta verso quella scelta sarebbe la medesima, con la stessa passione ed energia.

Abbiamo sempre creduto nel lavoro ed abbiamo sempre lasciato stare le polemiche spesso ovvie, le logiche del mugugno, ed abbiamo sempre creduto di rispondere attraverso le attese e le aspettative che la nostra rassegna, diventata sempre più grossa e sempre più importante, ha suscitato nel pubblico ormai stabilmente cospicuo. Sapere di essere al centro dell'attesa per i ragazzi della provincia, sapere di essere nei loro pensieri di mesi quando la domanda “chi suona quest’anno?” si fa sempre più costante e ripetuta. Non è nemmeno un successo così cercato, ma perpetrato attraverso la dedizione ad una causa comune per tutti noi. Ci siamo specializzati forse. Siamo professionisti di San Costanzo ormai. E sappiamo che qualsiasi raduno di gioventù con ritmi adatti alla loro epoca suscita perplessità, ma qui la risposta non la daremo noi, perché la diede Fabrizio De André durante l’ultimo tour della sua vita: 

“C’è poco merito nella virtù e ben poca colpa nell’errore, basta spostarci di latitudine per vedere come i valori diventano di valori e viceversa, come succede se ci spostassimo nel tempo, oggi noi ci lamentiamo, c’è gran fermento sulla perdita dei valori, bisogna solo aspettare di storicizzarli, non è che i giovani d’oggi non han valori, hanno dei valori che non siamo riusciti a capir bene perché siamo troppo affezionati ai nostri ...”

Questo anche quando ragazzo era Calvino ad esempio, quello che descrisse la Pigna come “una vecchia Casbah aggrappata come un osso dissotterrato” e che accompagnava suo padre verso San Giovanni in una coazione antica fatta di terra da coltivare e gilet con tanti arnesi dentro le tasche, mentre il suo sguardo indugiava verso il centro e verso il mare visto come modernità e come possibilità di futuro. Ogni tempo è sempre stato medesimo ed ogni tempo ha avuto la propria gioventù ed il mugugno degli anziani, allora come oggi che del 68 siamo nel 50esimo anniversario.

Per noi è stato bello essere anche questo, esserlo per 19 anni ed andare verso quel traguardo che sembrava impossibile a chiunque in quell’estate del 2000 come il ventennale.

E se si chiede sempre più spesso “chi suonerà?” Significa che nel corso degli anni si è sbagliato poco, aver visto i Baustelle prima del Tenco e del grande pubblico, Frankie Hi Nrg e i Marlene Kunz prima del Festival, aver avuto tra noi un. Premio Tenco come Freak Antoni degli Skiantos come prima Headliner, aver goduto dei Tre Allegri Ragazzi Morti prima del successo incredibile che ebbero anni dopo ed averli rivisti, aver contribuito a lanciare promesse come Elso, aver trattato gruppi che ora sono la base dello Spotify di mille ragazzi ai quali ci siamo sempre rivolti come organizzatori attenti.

Ed è stato bello raddoppiare le nostre forze quattro anni fa quando decidemmo di usare il contributo comunale per fornire altra musica e creare una rassegna come Bravo Jazz, fedeli al nostro motto nel quale viene prima il luogo “San Costanzo” da poter presentare a più gente possibile, al popolo del Jazz, del Rock, del Folk, blues, del Reggae, ai ragazzi che lassù ci vogliono ballare, ai musicofili appassionati che vogliono ascoltare chicche, ed il nostro motto è rinchiuso nelle parole stesse della nostra ragione sociale “FARE MUSICA”, di quello ci occupiamo.

È una lettera aperta che sancisce un primo passaggio verso il traguardo dei 20 anni, una risposta a chi mugugna, a chi chiede chi suona, a chi non è mai venuto lassù, a chi non riesce più a scendere da lassù.

Ed è un impegno, ad amare e rispettare ciò che scoprimmo e che trasformammo, un impegno a far si che, come diceva la Luigia che abita esattamente sul palco: quando ci siete si respira allegria, d’inverno sento solo urla e litigi, così alzo la mia musica. Lei di musica capisce, la prima volta che la vidi dalla finestra i tecnici stavano montando il palco e lei ascoltava “The Koln Concert” di Keith Jarrett.

C.S.

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