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Attualità | 13 aprile 2016, 13:08

Vallecrosia: dopo il clamore dei giorni scorsi intervengono i ragazzi del 'Freespot' "Un caso solo per la presenza di 'neri'?"

"Siamo convinti che il motivo principale del clamore attorno al Freespot sia in effetti la presenza improvvisa e numerosa di tante persone dalla pelle nera. Ci siamo chiesti: Perché tutto questo polverone?"

Vallecrosia: dopo il clamore dei giorni scorsi intervengono i ragazzi del 'Freespot' "Un caso solo per la presenza di 'neri'?"

“Apprendiamo la crescente preoccupazione per quanto accade nei locali di via Don Bosco 68 dove ha sede l'associazione Freespot, uno spazio di solidarietà e mutuo soccorso. I toni sono apocalittici: ‘degrado’, mancanza di ‘decoro’, problemi di igiene e sicurezza tali da creare un ‘clima di tensione’ nella zona. Sembra che nella strada si sia creata una ‘giungla’, una ‘terra di nessuno’ (citiamo direttamente) tale da spaventare chiunque passi. Le persone che attraversano lo spazio vengono descritte come ‘personaggi’,  tanto per sottolineare la loro disumanità e stranezza, dediti a bere e fumare, bivaccando tutto il giorno. C'è addirittura chi scrive ad un giornale per invitare a far rispettare un'ordinanza contro l'assembramento di più di cinque persone. In effetti, siamo tutti spaventati e intimoriti quando vediamo tante persone per strada. E certo non dubitiamo sia difficile individuare nel territorio fenomeni più preoccupanti della voglia delle persone di stare insieme, chiacchierare e riunirsi. Tra crisi economica e tagli ai servizi, anche a noi la priorità sembra quella di combattere gli assembramenti! Ci chiediamo in quale mondo viva e quale scala di valori etici abbia chi ritiene questo un problema ed un pericolo”.

Lo scrivono al nostro giornale i ragazzi e le ragazze dello spazio ‘Freespot’, un'associazione che si occupa di solidarietà e mutuo soccorso e che ha preso in affitto il locale in via don Bosco 68, che proseguono: “Vogliamo premettere che lo spazio è aperto da ben quattro mesi e mezzo e non da qualche giorno come sembra apparire dai giornali. In questi mesi sono tante le attività che si sono svolte al suo interno: incontri culturali, scuola di italiano, distribuzione di coperte, vestiti e beni di prima necessità, momenti di socialità a cui hanno partecipato sia migranti extra comunitari che europei. Ad esempio, la scorsa domenica abbiamo ospitato una riunione di singoli, associazioni e gruppi italiani e francesi per discutere quanto accaduto all'aeroporto di Nizza il 26 marzo. Quel giorno, il medico imperiese Khalid Rawash, di ritorno da una conferenza sui diritti umani in Tunisia, è stato espulso dalla Francia e rispedito indietro. Un episodio grave, sintomo della svolta securitaria e antidemocratica che sta avvenendo in Europa.

Da quando abbiamo aperto abbiamo incontrato tante facce sorridenti, fuori e dentro al quartiere. Persone che si sono rese disponibili e interessate. Hanno portato materiali e partecipato alle attività. Sui giornali sono apparse solo foto in cui tante persone non europee erano fuori dallo spazio in un momento di affollamento. Se si passa di fronte in un giorno qualsiasi, gli scenari possono esser diversi: anziani della zona seduti a chiacchierare, bambini che giocano, donne in attesa della lezione di italiano e sì, migranti magari con la pelle ‘nera’. In questi giorni, si è sollevato un polverone mediatico che è arrivato fino alle sale del consiglio comunale di Vallecrosia, dove l'opposizione di centro destra ha speso la propria retorica allarmista e securitaria per creare paura. Sappiamo bene che la paura può essere uno strumento utile per dare importanza a problemi minori invece di affrontarne altri più importanti: la disoccupazione o  l'assenza di servizi per fare qualche esempio. Le parole dei consiglieri comunali definiscono la situazione ‘preoccupante’. Quello che per noi è preoccupante è l'assenza di aiuto per chi viene colpito dalla crisi economica e rimane senza casa o possibilità di fare la spesa, o per chi, come le persone bloccate dal confine, rimane a dormire per strada senza cibo, letto e bagni. Crediamo che l'allarmismo sia più volto a spaventare e a creare una tensione che non esiste nei termini nei quali è stata descritta. Creare il ‘caso’ è preferibile a discutere ed agire rispetto alle questione reali: quella che caratterizza una zona di frontiera, ovvero la presenza di persone in viaggio. Ci sembra un gioco tramite cui scaricare la colpa e la responsabilità su alcuni piuttosto che provare a pensare a cosa fare”.

“Non siete un bello spettacolo… è così che si esprime chi è contrario alla nostra presenza nella zona. E chi, siamo sicuri, ha spinto con i giusti agganci per creare il ‘caso’.  Noi, al contrario, non siamo così ‘attrezzati’. Ci chiediamo cosa sia un bello spettacolo: le persone chiuse in casa a guardare la televisione senza parlarsi, chi passa la propria giornata a spendere i soldi della pensione davanti alle macchinette nei bar, la solitudine di anziani e persone sole o ancora, l'unica presenza nelle strade di persone bianche ben vestite? O forse un bello spettacolo è la convivialità tra persone diverse, il fatto di condividere ciò che si ha, togliere le persone dall'isolamento, siano essi donne e uomini bianchi o neri, anziani e bambini. L'invito sembra insomma quello di darsi un'estetica ed un'apparenza più invitante e accattivante: datevi un tono, un colpo di fard, una ripassata di mascara. Fatevi piu belli, rappresentate meglio la civiltà! Prendete parte alla mascherata, al carnevale e chiudete i vostri occhi di fronte al massacro e alla morte dei ‘migranti’, quelle persone che vengono a cercare un futuro dignitoso in Europa, scappando dalla guerra e la povertà dei loro paesi fino a qui, Ventimiglia. Siamo convinti che il motivo principale del clamore attorno al Freespot sia in effetti la presenza improvvisa e numerosa di tante persone dalla pelle nera. Ci siamo chiesti: Perché tutto questo polverone? La presenza, la visibilità di queste persone. Siamo tutti pronti a piangere e soffrire di fronte alle immagini di un bambino morto sulla spiaggia o delle stragi in mare ma quando queste persone, le stesse persone, sono vicine a noi non le vogliamo vedere. Sembra quasi che la solidarietà esista solo su un piano virtuale, se possiamo dare una donazione via sms per qualche calamità naturale o emergenza siamo tutti pronti a farlo ma quando vediamo persone dormire per strada, nelle nostre strade, facciamo finta di non vedere. Troviamo motivi per giustificare, non accettare e comprendere quello che vediamo e fare qualcosa. Qualcosa di semplice come condividere quello che abbiamo, per quanto poco possa essere: come una maglietta, una focaccia, una coperta o quant'altro”.

“Ci rendiamo conto – terminano i ragazzi del ‘Freespot’ - che per qualche giorno lo spazio è stato molto affollato ma qual'è la questione vera? La questione vera è che ci sono tante persone che rimangono bloccate al confine e che non vogliono rimanere qui: vogliono arrivare in altri paesi, vogliono ricongiungersi ai loro amici e familiari. E invece rimangono incastrate a Ventimiglia, alla mercé dei passeur, senza possibilità di dormire e mangiare se non facendo conto sulle proprie risorse, sull'aiuto di pochi come la Caritas, il Freespot o quelli che vengono chiamati ‘no borders’. In uno scenario di questo tipo, è chiaro che anche lo spazio della nostra associazione possa diventare improvvisamente molto e forse per alcuni ‘troppo’ frequentato. Siamo consapevoli di non avere le energie e gli spazi adatti per rispondere a tutti i bisogni. Siamo però anche consapevoli di quale sia l'ordine dei problemi e cosa riteniamo importante: la solidarietà prima di tutto”.  

Gli stessi ragazzi hanno inviato una lettera ai vicini del centro ‘Freespot’, scaricabile cliccando sotto.

Files:
 Freespot lettera ai vicini (23 kB)

Carlo Alessi

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