Vassily Kandinsky, al quale Google ha dedicato ieri una speciale memoria nel 148° anniversario della nascita, soggiornò a Sanremo, dove ritrovò motivi non marginali della tradizione artistica lasciata nella nativa Russia. Vate dell'astrattismo e soprattutto dell'astrat-futurismo, l'autore trasferì l'anima ebraico-russa in cui fu concepito con straordinaria sensibilità plastica e onirica nelle sue opere.
E proprio a Sanremo condivise ed interpretò con suggestione incomparabile tali valori, rivivendoli alla luce dell'esperienza della comunità russa ed ebraica che nella Città dei Fiori aveva radici profonde e lontane. A Sanremo, l'artista russo incontrò e fu pervaso da quella voglia sanremese di cibarsi di bello, che ha contagiato e contagia ancora, nonostante la fosca atmosfera che a causa della crisi avvolge anche questo angolo di mondo. La lezione di Sanremo fu recepita a pieno da Kandinsky, se pur in una parentesi breve della sua vita, durante un periodo fecondo, dove le avanguardia crescevano come virgulto nuovo e prorompente nel panorama delle idee del primo XX secolo. I giorni sanremesi del padre dell'astrattismo, in cui mescolò, come detto, cultura russa e lascito ebraico, coniugandoli con il verbo del messaggio futuristico, furono certamente brevi, ma significativi. Nelle immagini rapite e cromatiche, impregnate di voluttà esoterica degli spazi e delle linee, si coglie qualcosa dela stagione sanremese.
Un'arcana sequenza di simboli e di angoli, in cui si specchia lo sguardo trasognato del pittore. Forse anche a Kandinsky Sanremo apparve davvero quella favola a lieto fine, il rinnovato miracolo vissuto da chi viene da sempre da queste parti, sfidando le avverse congiunture della storia, come è certamente quella presente. Una magia che anche se si che non è vero che sia che non può essere celebrata da questa città a margine delle celebrazioni dedicate da questo maestro della pittura moderna.