Correva l’anno 1962…. l’Eco della Riviera, bisettimanale d’informazione fondato da Giacomo Gandolfi, titola a tre colonne in prima pagina “IL FALLIMENTO STORICO DEL COMUNISMO”.
A fianco sempre su tre colonne un articolo dal titolo “CI VESTIREMO DI ROSSO”di un giovane cronista locale, diciottenne ed alle prime esperienze giornalistiche, il senatore Gabriele Boscetto.
Ma, come spiega l’occhiello, il colore non fa riferimento alla politica, bensì alla moda maschile di quell’anno.
Per ironia della sorte il rosso, di cui si annunciava il fallimento politico, conquistava un inaspettato successo nel campo della moda.
Il sommario anticipava così il contenuto dell'articolo : “Gli abiti da tortura del tempo di Lord Brummel! – La linea italiana ha conquistato l’Inghilterra – Le nuove camicie reggimentali - Da venerdì sulla pedana del Casinò municipale passerella di abiti color rubilio”.
Il giornale, uscito in edicola giovedì 20 settembre, precedeva di pochi giorni l’inizio della XI edizione del grande “Festival della moda maschile” promosso dalla rivista Arbiter.
Ho trovato l’articolo nella copiosa rassegna stampa di quegli anni, dedicata al festival della moda, quando a Sanremo accorrevano i più importanti giornalisti delle più famose testate non soltanto del settore.
La sartoria subiva il feroce attacco dell’industria del confezionamento ed il Festival della moda cominciava a cedere il passo ad un'altra manifestazione, quella dedicata alla canzone italiana, che con l’arrivo della televisione e di Domenico Modugno aveva preso a “volare”.
Pochi lo ricordano , ma nei primi anni 50, grazie alla sua presenza costante in tutti i cinegiornali, il “Festival della moda” era di gran lunga l’evento più famoso della città dei fiori, che proprio a queste manifestazioni originali, i “festival”, legava nome e fortuna.
D’intesa con Alfredo ve ne riproponiamo integralmente la sua lettura, perché il testo non soltanto stimola curiosità e simpatia verso un mondo passato e presto dimenticato, ma testimonia per la sua collocazione in prima pagina a tre colonne l’attenzione con cui la prestigiosa testata seguiva la manifestazione e permette di apprezzare l’estro e la competenza del giovane redattore, figlio d’arte di una delle penne più brillanti e importanti del giornalismo ligure.
L'ho incontrato in primavera, libero dai suoi numerosi impegni parlamentari, ed insieme abbiamo ricordato la manifestazione: altri tempi!
Quello che segue è l’articolo per l'occasione corredato dalle bellissime foto dell’XI edizione della manifestazione provenienti dall’archivio Moreschi e per chi volesse approfondire può cliccare qui, qui e qui.
Il Festival della moda maschile sarà ricordato il prossimo sabato 1 ottobre al teatro del Casinò .............

Ci vestiremo di rosso
“Sai mi voglio fare un vestito di quel colore rubilio, che va così di moda, un amore, credimi!”
“Non dirmelo: lo conosco benissimo! Come puoi pensare che io non abbia ancora sentito parlare di quella meravigliosa gradazione di rosso scuro che le grandi industrie tessili italiane hanno creato e ormai lanciato in tutto il mondo? Una cosa veramente eccezionale!”
Questo che a prima vista sembra un discorso fra due signore dell’alta società o quanto meno due signorine molto snob è invece l’esempio di una conversazione fra due rappresentanti del sesso maschile; conversazione che potremmo sentire fra qualche mese. Ed i due interlocutori in questione non saranno, come qualcuno maligno avrà pensato, due protagonisti di un film di Pasolini, ma a scelta due facoltosi commendatori milanesi con famiglia a carico o due onesti borghesi molto a la page in fatto di moda maschile.
Si perché è proprio la nuova moda maschile del 1963 che prevede - secondo indiscrezioni raccolte presso gli organizzatori alla vigilia del grande “Festival della moda maschile” – un abbandono quasi totale dei colori classici, marrone, grigio, fumo di Londra, a favore di tinte modernissime, fra le quali appunto il “rubilio”, si troverà a recitare la parte del protagonista. Avremo quindi – se le previsioni si dimostreranno esatte e se soprattutto il pubblico accoglierà ed apprezzerà questo nuovo colore – eleganti vestiti confezionati in una stoffa rosso-rubino scurissimo che ci assicurano sia di grandissimo effetto.
Dal punto di vista del colore, dunque, la moda maschile 1963 subirà una vera e propria rivoluzione ritornando in un certo senso a quelli che erano i gusti e gli schemi dell’eleganza maschile prima del 1840. Diciamo 1840 poiché tale anno vide l’inizio dell’assenza del colore nel vestito maschile, cosa solo poco tempo prima sarebbe stata considerata addirittura incomprensibile. Nel 1832 era di somma eleganza il frac verde scuro con panciotto verdolino ed i calzini violetti, mentre nel 1837 l’abito più elegante per cavalcare era il frac violetto coi bottoni d’oro accompagnato da pantaloni di velluto bianco. Dalla seconda metà del diciannovesimo secolo in poi, invece, si ebbe, come abbiamo detto, una certa qual sobrietà per ciò che riguardava i colori dei vestiti. La stessa sobrietà, tuttavia, non si addiceva alle foggie degli abiti.
Busti per “fusti”
Iniziarono, infatti, ad andare di moda e Lord Brummel ne fu il profeta, i calzoni attillatissimi che costringevano addirittura chi aveva delle imperfezioni naturali nelle gambe a dissimularle con l’aiuto di finti polpacci. I “dandies” di allora erano obbligati ad indossare stretti busti ben poco differenti da quelli che avevano le donne. A questo proposito si racconta la storia di un non meglio identificato conte Dorville, il quale, in un grande ricevimento, dopo aver molto ballato cadde privo di sensi: per vanità egli si era stretto il suo abito alla cintura, al collo ed alla ginocchia in modo da morirne. Poi, a mano a mano, la moda si evolse e col tempo sparirono anche siffatte “abiti da tortura” sostituiti da altri che, anche se meno affascinanti, si dimostrarono certo ben più confortevoli. Tuttavia, se cambiarono le fogge degli abiti, non mutò, invece, anche con il passare degli anni, il “dominio” dell’Inghilterra nel campo della moda maschile in Europa e nel mondo. Solo in questi ultimi due anni il concetto di “England leader of fashion” ha subito un durissimo colpo e questo proprio per opera della concorrenza italiana. A poco a poco, la varietà delle creazioni e delle tinte proposte dai sarti italiani ha conquistato i giovani inglesi che hanno rapidamente fatto incetta dei nuovi abiti, delle nuove scarpe, camicie e cappelli italiani abbandonando i loro tradizionali doppiopetti, ed addirittura le loro “leggendarie” bombette.
I negozi di abbigliamento recanti sulla porta un cartello dove a lettere cubitali sta scritto “Italina style” non si contano più nella terra di Albione ed essi sono sempre più affollati da una clientela sta crescendo ogni giorno. E’ facile infatti comprendere che il nuovo indirizzo di vestire ha fatto numerosissimi proseliti anche fra le persone di mezza età; quelle che in un primo tempo guardavano con scetticismo ai giovani con giacca corta e pantaloni stretti e senza risvolto di pretta marca italiana. Quelle che maggiormente hanno risentito di questa situazione sono, come è logico, le industrie tessili e le sartorie inglesi. A questo proposito vi sono state anche alcune interpellanze in Parlamento da parte di due deputati laburisti che chiedevano un qualche rimedio, nei limiti del possibile a questa situazione veramente deficitaria della moda inglese anche – e questo è forse ciò che più bruciava ai due parlamentari – per una “questione di prestigio”; un prestigio internazionale che si era protratto per oltre due secoli e che è crollato nel volgere di poco tempo.
Il “Daily Mirror” e la moda
Il “ Daily Mirror” uno dei quotidiani inglesi più battaglieri, ha visto in questa decadenza della moda una ulteriore fase di quella decadenza inglese che di anno in anno va sempre più accentuandosi proprio per l’inveterata abitudine del popolo britannico a voler seguire usi e tradizioni vecchi di secoli.
“Inghilterra svegliati” era l’incitamento, stampato in prima pagina a tutte colonne, che i redattori del giornali londinese davano ai loro connazionali!!!!
Tutto questo per dimostrare la risonanza che al momento odierno l’eleganza italiana ha assunto nel mondo intero (la diffusione dell’italian style, infatti, è grandissima anche in Scandinavia, Francia, Stati Uniti, Germania ecc . ecc) e la necessità di tenere vivo l’interesse per essa e di continuare a variarla anche non sensibilmente, ma di quel poco che basta a renderla sempre nuova e differente. Il fossilizzarsi in schemi sempre uguali è quanto di più dannoso possa esistere: l’esempio dell’Inghilterra che abbiamo poco sopra è quanto mai significativo.
Da qui l’importanza del Festival della moda maschile quale quello che appunto aprirà i battenti fra qualche giorno nel giardino d’inverno del Casinò municipale di Sanremo e per il quale si prevede un’enorme affluenza di sarti e indossatori italiani che presenteranno tutti gli ultimi modelli nel campo dell’abbigliamento, nonché la presenza di notissimi osservatori esteri, le cosiddette “spie dell’eleganza” che certamente non mancheranno di far tesoro di tutto ciò che vedranno.
E cosa vedranno di nuovo in questa edizione dell’XI festival oltre alla “fantastica” tinta “rubilio”?
I creatori di moda cercano di mantenere il più assoluto segreto sulle recentissime “innovazioni” per poter sparare tutte le loro cartucce durante le sfilate e quindi è stato abbastanza arduo il raccogliere sufficienti informazioni. Quelle che abbiamo avuto bastano, tuttavia, per delineare un quadro di quella che sarà la moda maschile nell’anno venturo.
Come vestirà l’uomo del 1963?
L’abito sarà di taglia classica, a tre bottoni o doppiopetto (con qualche riserva); le tasche della giacche e dei pantaloni ripresenteranno nella maggior parte dei casi, il vecchio risvolto, che da qualche anno era andato in disuso. Anche qui come nel campo femminile ritornano di moda le cose che erano passate di moda e che ripasseranno di moda l’anno prossimo per ritornare di moda fra qualche anno.
Però che macchinosi questi sarti….!!
Per quanto riguarda il colore abbiamo ampiamente detto.
Le giacche sportive si presenteranno, invece, in una gamma molto più vasta e inusitata. Ci si è sbizzarriti un poco a creare giacche con numerosissime tasche, taschini e taschette ed altrettanto numerose applicazioni di pelle e di camoscio.
Anche la maglia in combinazione con la renna rinverdirà il successo che ha avuto l’anno scorso.
Cappelli per “teste fini”
Ma le maggiori novità riguarderanno le camicie e le cravatte: Le prime saranno tutte orientate al nuovo stile “reggimentale”. Avranno, insomma, qualcosa che le farà assomigliare a quelle che i nostri padri indossavano durante la guerra d’Africa. Tasconi e spalline, quindi, e colori per lo più “neutri”.
Anche le camicie avranno un orientamento a questo stile anche se non in maniera categorica.
Per le cravatte invece il cambiamento non consisterà tanto nelle forgia e nel colore ( prevarranno sempre le tinte unite) quanto nel modo di annodarle. Si userà infatti annodare la cravatta in modo che rimanda corta sul petto ; non dovrà più scendere più di una ventina di centimetri. Il nodo sarà grosso, piatto a losanga mentre la parte estrema della cravatta sarà triangolare. Poche le novità nel settore delle calzature. Colori classici e terminali non più a punta, ma larghe, leggere e arrotondate in cima. Ed ora che abbiamo vestito, calzato ed “incravattato” il nostro uomo 1963 pensiamo anche un poco a che cosa mettergli in testa. Niente di più facile. Lo stesso Lord Brummel ci viene in aiuto consigliandoci il cappello che porta il suo nome e che è stato creato da una notissima casa italiana. Sappiamo quello che si racconta di Lord Brummel; che cioè teneva a servizio tre parrucchieri perché quello che sapeva ben lavorare la nuca non si intendeva dei riccioli della fronte e questo non capiva nulla dell’acconciatura delle tempie. Ora di fronte ad un cappello che porta il nome di un simile intenditore di “teste” si potrebbe avere qualche esitazione?
Non dubitiamo, dunque, dell’eleganza e della funzionalità di questo nuovo copricapo come non dubitiamo che il famoso lord inglese, che per parecchi anni fu il dittatore dell’eleganza e dei gusti di tutta l’Europa, guarderà benevolmente dall’alto della nuvoletta a questo XI festival e ne sarà un poco il nume tutelare, sicura garanzia di sicuro successo.
Gabriele Boscetto
Eco della Riviera del 20 settembre 1962























