“Voi del PD dovete morire”: è quanto scritto sotto un post del Partito Democratico sulla propria pagina di Facebook, anche se l’intervento è stato poi rimosso. Non un insulto qualunque, non una provocazione ironica. È l’odio che si manifesta nella sua forma più estrema: l’augurio della morte per ragioni di appartenenza politica.
“Chi sceglie di impegnarsi in politica – evidenzia in merito il nuovo segretario del PD Antonio Stivala - che lo faccia nel nostro partito, nel centrodestra o in qualunque altro movimento, lo fa spesso per passione, per senso civico, per dedicare tempo ed energie al bene della propria comunità. Le divergenze esistono, e devono esistere: la democrazia si alimenta del confronto tra idee diverse. Ma quando si passa dal dissenso alla disumanizzazione, significa che abbiamo smarrito qualcosa di fondamentale: il rispetto dell’altro. Non c’è nulla di ‘normale’ nel desiderare la morte di qualcuno perché la pensa diversamente”.
“Non è uno scherzo – prosegue Stivala – e non è opinione politica. È violenza verbale, che rischia di trasformarsi in violenza reale. Sandro Pertini, il presidente che più di ogni altro ha saputo incarnare lo spirito della nostra Repubblica, ricordava: ‘Io combatto la tua idea, che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita, perché tu la tua idea la possa esprimere sempre liberamente’. Parole lontane, oggi? Forse. Ma quanto più diventano rare, tanto più dobbiamo difenderle. Viviamo un’epoca in cui il dibattito politico ha smesso di essere confronto e si è trasformato in aggressione: l’avversario non è più qualcuno con cui dialogare, ma un nemico da eliminare. I social network amplificano, nascondendo dietro uno schermo ciò che – di persona – molti non oserebbero dire. La politica stessa, a volte, alimenta questi toni: si cerca lo scontro, il colpo di scena, il nemico da additare. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti”.
Il commento incriminato è stato segnalato e rimosso: una scelta necessaria. Perché tollerare l’odio significa legittimarlo. E il silenzio, in questi casi, è complicità. “Chi fa politica continuerà a sbagliare – va avanti Stivala - a discutere, a mettersi in gioco. Fa parte del percorso. Ma nessuno dovrebbe farlo rischiando la propria dignità o la propria incolumità. Le idee si combattono con altre idee, non con minacce. Le parole pesano, e possono ferire più di quanto si creda. Ricordarlo è il primo passo per tornare a una politica fatta di rispetto, passione e amore per la comunità. Perché la democrazia muore non solo quando viene negata, ma quando smettiamo di difenderla”.














