Bordighera ospita l'ordinazione presbiteriale del diacono Varhatiuk Vitalii, fra' Damino o.f.m. La celebrazione si è svolta questa mattina nella chiesa dell'Immacolata Concezione, a Terrasanta.
L'ordinazione è avvenuta per l'imposizione delle mani e la preghiera consacratoria del vescovo della diocesi di Ventimiglia-Sanremo, Monsignor Antonio Suetta. "Oggi la Chiesa, qui riunita, canta la gratitudine e la gioia per il dono del sacerdozio che il Signore effonde su questo nostro fratello, figlio della terra d’Ucraina, figlio di san Francesco, figlio amato della Chiesa" - dice il vescovo Antonio Suetta durante l'omelia - "La prima parola che abbiamo ascoltato è quella che Dio rivolge al giovane Geremia: 'Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto; prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato' (Ger 1, 5). Questa parola oggi risplende e si fa carne nella storia di fra’ Damiano. Nessuna vocazione nasce per caso. Prima ancora che tu potessi desiderare Dio, Dio ti ha desiderato. Prima che tu potessi dire 'eccomi', Dio già ti chiamava per nome. Come Geremia, anche tu hai conosciuto la paura, la sproporzione, la piccolezza davanti al compito. Ma il Signore ti ha ripetuto: 'Non dire: sono giovane, perché io sono con te per liberarti' (cfr. Ger 1, 7-8). Nel tuo 'sì' oggi si compie la fedeltà di Dio, non la forza dell’uomo. E mentre noi contempliamo questo mistero, non possiamo non pensare alla tua patria, all’Ucraina ferita, a un popolo che conosce la paura e il dolore. Anche in mezzo alle rovine e alle ferite della guerra, Dio continua a chiamare. Il tuo 'sì' è una risposta anche per loro: un segno che la vocazione è più forte della distruzione, che la speranza può rinascere anche dalle ceneri".
"San Paolo ci ricorda che il ministero apostolico è un dono fragile: 'Abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa straordinaria potenza viene da Dio e non da noi' (2 Cor 4, 7). Il sacerdote non è un superuomo, ma un uomo visitato e trasformato dalla misericordia. Tu, fra’ Damiano, porterai nel cuore e nelle mani questo tesoro: la Parola e l’Eucaristia, la misericordia e la pace ma lo porterai in un vaso fragile, come ciascuno di noi" - sottolinea Suetta - "San Francesco, quando parlava dei frati sacerdoti, li voleva umili e riconoscenti, consapevoli di essere ministri del corpo e del sangue del Signore. 'Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre' (LOrd 28: FF 221). Dunque non padroni del mistero ma servi del dono. Il sacerdote francescano non si distingue per grandezza ma per minorità; non domina, ma serve; non si eleva, ma si abbassa per lavare i piedi, per farsi prossimo, per farsi pace. E proprio perché sei 'vaso di creta', caro fra’ Damiano, potrai comprendere meglio la fragilità degli altri, la loro sofferenza, la loro sete di Dio".
"Sarai segno di una Chiesa che non si impone con la forza, ma che convince con la mitezza, come anche recentemente ci ha ricordato Papa Leone. Nel Vangelo Gesù ti ha parlato con parole di intimità: 'Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore' (Gv 15, 9). Il sacerdozio nasce nel cuore di questa amicizia. Non è un ruolo e non è un potere: è una relazione viva con Cristo, è essere suoi amici per sempre. Nel momento in cui ti stenderai a terra, durante la litania dei santi, quella posizione di totale abbandono dirà che tu vuoi affidarti all’Amore, e solo a lui. Il sacerdote è un uomo che vive di amore: amato, per amare" - mette in risalto Suetta - "È un uomo che 'rimane' in Cristo per portare frutto, che non parla di sé ma di lui, che non annuncia se stesso ma la speranza che non delude. E in questo tempo di conflitti e di odio, il mondo ha bisogno di preti che siano artigiani di riconciliazione: uomini del dialogo, della compassione, della pace. Tu, figlio di san Francesco e figlio di un popolo provato dalla guerra, ricevi oggi una missione grande: essere segno della pace di Cristo là dove la pace sembra impossibile. San Francesco diceva: 'Il Signore mi rivelò che dicessi questo saluto: Il Signore ti dia pace' (Testamento di S. Francesco n. 23)"
"Fra’ Damiano, da oggi il tuo ministero sarà un continuo 'Il Signore ti dia pace'. Ogni tua celebrazione, ogni confessione, ogni incontro dovrà essere questo: una benedizione di pace, una carezza di Dio sul volto ferito del mondo" - afferma Suetta - "San Paolo ci dice che 'la luce di Cristo rifulge nei nostri cuori' (2 Cor 4, 6) ma non dimentichiamo che quella luce brilla in mezzo alle tenebre: il sacerdote non è un uomo che non conosce la notte, ma un uomo che vi porta dentro la lampada del Vangelo. Fra’ Damiano, la tua lampada è fragile ma la sua luce è eterna. Portala con coraggio nel tuo popolo, nelle strade distrutte, nei cuori feriti. Portala con umiltà tra i tuoi confratelli, come fratello tra fratelli. Portala nella Chiesa, non per essere servito, ma per servire. In san Francesco contempliamo l’immagine del discepolo che vive con lo sguardo fisso su Cristo povero e crocifisso. In Maria, la Madre dei sacerdoti, contempliamo la donna che ha creduto anche sotto la croce, quando ogni speranza umana sembrava spenta. Fra’ Damiano, oggi la Chiesa ti affida a loro: a Francesco, perché tu viva il ministero come un fratello minore, povero e lieto; a Maria, perché tu custodisca nel cuore ogni parola di Gesù e la renda viva tra la tua gente. Il Signore che ti ha chiamato nel silenzio, ti renda ora voce della sua Parola. Il Signore che ti ha scelto in un tempo di guerra, ti renda strumento di pace. Il Signore che ti affida il suo Corpo e il suo Sangue, ti renda ogni giorno pane spezzato per i fratelli. E allora sì, la tua vita sarà una benedizione, un Vangelo vissuto, una speranza per il tuo popolo e per la Chiesa tutta".

















