Imperia, anche se con una cerimonia insolita, dato il contesto, ricorda il suo 25 Aprile, giorno della Liberazione dal nazifascismo, con una celebrazione che vedrà presente in piazza della Vittoria il sindaco Claudio Scajola, le autorità locali, civili e militari, la sezione provinciale dell’Anpi, con il vice presidente provinciale Ugo Mela e il vice presidente della federazione Italiani Volontari della Libertà Giacomo Raineri.
In occasione dell’anniversario della Liberazione, abbiamo voluto raccontare, grazie alla collaborazione dell’Anpi, due storie di partigiani imperiesi: Silvio Bonfante, ‘Cion’ e Franco Ghiglia, ‘Gigante’. Entrambi hanno dato la propria vita per la Libertà e oggi vogliamo ricordarli.
Silvio Bonfante: Conosciuto con il nome di battaglia di "Cion". Silvio Bonfante nacque ad Imperia-Oneglia il 3 agosto 1921 e fu il Vice-Comandante della Seconda Divisione Garibaldi "Felice Cascione". Durante l'atroce battaglia con i tedeschi, nel 1944 a Vessalico fu ferito gravemente ad una gamba. Fu portato dai suoi compagni ad Upega (Cuneo) presso un ospedale da campo partigiano. Il campo fu, successivamente, attaccato dai tedeschi e Bonfante si tolse la vita, il 17 ottobre 1944, per non essere preso vivo dai tedeschi e per dare ai suoi compagni la possibilità di scappare e di non precludere loro ogni possibilità di fuga. Il Cion, nei duri mesi di lotta contro i nazifascisti, riuscì a creare intorno a sé, con le sue epiche gesta, un’aureola di eroica leggenda. Trascinatore entusiasta e combattente valorosissimo, ebbe largo seguito di giovani che, animati dal suo valore, accorrevano suoi monti ad impugnare le armi per la Liberazione della Patria. Fu esempio di sublime altruismo e, per questo motivo, fu insignito della Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Franco Ghiglia: Il 7 marzo 1945 all'alba, mentre Ghiglia sta dormendo in un fienile a Montegrazie, con altri quattro compagni viene sorpreso e catturato. I Tedeschi riescono a farlo prigioniero perché zoppicante, altrimenti la sua iniziativa e il suo coraggio lo avrebbero ancora una volta salvato. L'8 gennaio, durante uno scontro con il nemico questi partigiani avevano ucciso due Tedeschi (Karl e Otto) e li avevano seppelliti nelle vicinanza di Costa d'Oneglia. Ma delle spie avevano parlato e il 28 marzo le SS vennero a scoprire l'ubicazione delle salme. Da quel giorno per Franco Ghiglia iniziò uno dei più terribili martiri che partigiano abbia subito. Quando il maresciallo delle SS Mayer il famigerato torturatore, che comanda il presidio di Castelvecchio, lo prende in consegna, usa contro di lui i più raffinati metodi di tortura per farlo parlare, fargli dire i nomi delle località di dislocazione dei distaccamenti, e quelli dei compagni. Ma “Gigante” non parla. Allora con un compagno di prigionia, è condotto sul luogo dove sono stati seppelliti i due Tedeschi, il maresciallo nazista fa consegnare loro una zappa e una pala e ordina di disseppellire le salme. Il fetore dei corpi si fa sentire subito appena mossa la prima terra, per cui gli accompagnatori si scostano dalla fossa. Per prime compaiano le giacche, le ossa delle mani e quindi grumi di carne violacea. Franco alza il viso per cercare aria migliore, ma ciò gli viene impedito da un mitra puntato nella schiena. Quando i due cadaveri sono tirati fuori dalla fossa, lo sguardo sanguinario e rapace del maresciallo nazista che sta sudando all'ombra di una pianta di ulivo, si sposta dai due corpi che non hanno più volto, ai due partigiani, emettendo voci rauche di collera. Al momento contro i due ha il coltello per il manico e l'avrebbe usato: fa prendere loro i cadaveri sulle spalle con l'ordine di portarli nel cimitero. Brani di carne del cadavere che grava con il suo fetore si attaccano al collo e alle mani di Franco, mentre cammina per la campagna. Dopo una decina di minuti si sente come ubriaco. Anche i passi discontinui del compagno che segue, dicono di una nausea che è al limite della sopportabilità. Franco si ferma ma i Tedeschi non osano avvicinarsi a lui per bastonarlo. Comprende che se più presto cammina, accorcia il tempo del trasporto del cadavere. Riprende il cammino, dopo aver rigettato acqua e sapone che gli avevano fatto bere abbondantemente. Quando giunge al cimitero inizia la lenta operazione della sepoltura. Ora le braccia si rifiutano di fargli maneggiare la pala e le gambe di reggerlo. Ma i Tedeschi gli fanno finire il lavoro a suon di bastonate. In disparte l'ufficiale ghigna. Quando si era trovato davanti alla resistenza dei due partigiani, aveva ideato il suo piano per stroncarli: stremare prima i loro corpi forti, riducendoli a stracci, con la speranza che avrebbero “cantato”. Per una notte intera fa mettere Franco sotto una doccia continua, all'aria aperta, quindi lo fa camminare per ore con un forte peso su una sola spalla e lo fa nutrire nuovamente con acqua e sapone mentre gli provocano dei tagliuzzamenti. Ma la sua bocca non si apre. La notizia di questa resistenza eroica giunge anche alla popolazione di Oneglia attraverso gli stessi nazisti stupiti. Anche il maresciallo Mayer ammira tanto coraggio. Non gli rimane che decretare la morte di Franco.
La notte del 5 aprile 1945 le SS portano Franco a monte della cava Rossa di Castelvecchio. Sulla collina gli viene preparato nell'oscurità il cappio. In esso è infilato il suo giovane capo che porta occhi e capelli neri. Inizialmente l'impiccagione è una finta, perché il maresciallo vuole ancora chiedere. Gli si fa sotto e “Nome partisan?” domanda, senza più forza nella voce e senza convinzione. Le labbra di Franco si schiudono infine per sputargli in faccia. Due giorni dopo il corpo di “Gigante” pendeva ancora dall'albero mentre il vento lo dondolava su un fianco e sull'altro. Pareva che il vento non potesse rassegnarsi a considerare morto quel giovane che era stato così pieno di vita, e scuoteva Franco quasi lo volesse ravvivarlo, svegliarlo e si aggirava per la cava con un lamento lungo e triste, ”sconsolato”. Franco Ghiglia (Gigante) sarà insignito di medaglia d'oro al valor militare alla memoria, per attività partigiana.
A Imperia News parla Ugo Mela, presidente dell'Anpi Imperia-Oneglia, sezione dedic ata a Silvio Bonfante e vice-Ppresidente Anpi provinciale: "Sarà un 25 aprile anomalo, assolutamente diverso da quelli che siamo abituati a vivere. Non ci saranno i cortei e le manifestazioni con la presenza dei cittadini, nel rispetto delle limitazioni imposte dalla emergenza sanitaria, ma mi sento di affermare che, senza dubbio, questa giornata sarà molto partecipata e più sentita. In questi giorni tutte le sezioni Anpi della provincia di Imperia si sono letteralmente mobilitate presso tutte le amministrazioni comunali per organizzare le varie manifestazioni, la posa delle corone e l'Inno di Mameli, ricevendo piena collaborazione delle amministrazioni stesse. Il 25 aprile 2020 sarà ricordato come una giornata particolare, vissuta in un momento drammatico per il nostro paese e non solo, ma ritengo che questa emergenza abbia risvegliato nella nostra gente i migliori sentimenti”.
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