Due nostri lettori, Fabio e Adelia M., ci hanno scritto per raccontare la loro disavventura per un malessere di un parente:
“Vorrei raccontare la disavventura capitataci con il servizi ‘offerti’ dall’Asl 1 imperiese. Tutto ha inizio nella giornata di mercoledì, quando contatto un medico generico (asl) che riceve nel Dianese, per conoscere gli orari dell’ambulatorio. Mi viene detto che, il mercoledì è nell’ambulatorio sito a Villa Faraldi in orario pomeridiano, allora parto da Imperia per andare a prendere mio padre 74 enne residente in quel di Rezzo, a circa 30km dalla mia abitazione e, giunto in loco, contatto nuovamente il medico per la conferma dell’orario, ma vengo informato dallo stesso come per problemi di salute, non potesse essere in studio, quindi mi invita a recarmi il giorno successivo presso l’ambulatorio di San Bartolomeo. Comunico al medico che mio padre non sta per niente bene, che ha la febbre oltre i 39 e mi dice di comprare del Bentelan4 da fargli in intramuscolo, cosa che prontamente faccio. Ieri, di buon ora, parto da Imperia per andare a prendere mio padre ed essere presenti c/o l’ambulatorio medico con un poco di anticipo, visto lo stato fortemente debilitato di mio padre, in maniera tale essere tra i primi ad essere visitati, all’orario di visita indicato sul cartello dell’ambulatorio, si presente una signora, che ci informa come il medico a causa di un impegno, verrà a visitare all’una e non alle 11. Seccato, contatto il medico sul cellulare personale, in quanto quello a disposizione dei pazienti risulta spento, faccio presente che mio padre sta piuttosto male, e che ha la febbre alta. Scocciato il medico mi comunica che lui, deve portare sua figlia a scuola, a quel punto mi sento veramente preso in giro e non considerato, gli chiedo se svolge la professione medica o fa l’idraulico e mi congedo prima di scordarmi la buona educazione. Contatto allora l’Asl di Bussana, dove una signora gentilissima prende nota dell’accaduto e mi trova pure un medico, che seriamente adempie all’orario di ambulatorio, ci rechiamo lì,e dopo un’attenta visita ci consiglia di fare accertamenti urgenti al pronto soccorso. Giunti al Pronto Soccorso aspettiamo circa 2 ore per la visita. Poi, ci dicono di aspettare in sala d’attesa l’esito delle analisi e delle lastre, e li trascorriamo altre due orette circa. Alla richiesta di quantificarci il tempo di attesa, ci veniva risposto che non dipendeva da loro ma dal laboratorio, e intanto l’effetto degli antipiretici andava scemando e la febbre saliva, e a 74 anni suonati, trovarsi ad aspettare al caldo torrido della sala di attesa, con la febbre a 38,8 non è certo piacevole, confortante e neppure salutare. Dopo un'altra dose di tachipirina per sopportare l’attesa, alle 17,30, veniamo informati che, si ritiene opportuno un ricovero (dopo 4 ore di attesa se non lo era lo è certamente diventato), veniamo assistiti da un medico splendido, capace e gentile, tanto che mio padre, mai ospedalizzato e molto pauroso decide positivamente per il ricovero, allora ci allontaniamo per portare il necessaire a mio padre. Giunti nuovamente in ospedale alle 19.10 circa, notiamo come il ricovero non sia in corsia ma in un ‘reparto’ del Pronto Soccorso. Lì notiamo subito come la febbre sia salita, e nonostante il ricovero sia avvenuto da circa due ore, il personale non abbia ancora provveduto a misurarla, lo facciamo notare all’infermiera presente, che prontamente esegue la misurazione e somministra ulteriore tachipirina; mio padre esprime chiaramente la volontà di essere assistito da un parente per la notte (visto che, è solo, e non sa come chiamare il personale, dato che l’apposito pulsante non è presente (rinvenuto poi dal medico, sotto al letto), ma gli viene risposto: ‘assolutamente non è possibile, non è mica moribondo!’ ed alle rimostranze fatte da noi parenti, ci è stato chiaramente detto: ‘se ciò non vi sta bene potete firmare ed andarvene, non siete obbligati a restare’. Letteralmente basiti e sconcertati, chiediamo di parlare con un medico, che arriva dopo circa 30 minuti, spieghiamo la situazione: papà 74 anni, mai, e ribadisco mai ospedalizzato, fortemente debilitato da alcuni giorni di febbre alta, e altrettanto fortemente intimorito dell’ambiente, quindi riteniamo che, destabilizzarlo ulteriormente negandogli l’assistenza di un parente per la notte non sia propedeutico ma anzi… dopo alcuni minuti di discussione, facendo anche notare come fosse l’unico paziente nel reparto, e che, nel caso non ci fosse stato concesso di restare al capezzale del nostro caro avremo provveduto al trasferimento in altro nosocomio, ci veniva allora accordato di rimanere per la notte. Il problema peggiore, si è presentato alle 21.30 circa, quando il ‘reparto’ si è trasformato in una specie di punto di ritrovo, personale che, senza dimostrare il minimo rispetto per i pazienti, discute a voce alta, ridono, si danno sonore pacche sulle spalle e gettano letteralmente i plichi sulla scrivania (registrati tramite palmare), tanto da destare dal sonno per ben sei volte mio padre, che forse anche a causa della febbre alta, si è fatto sentire sonoramente! Il personale, al posto di abbassare i toni, lo hanno minacciato di un improbabile, quanto illogica ‘interruzione di servizio’. A questo punto, ci viene da pensare: ben venga l’ospedale unico, anche se ad alcuni chilometri di distanza, purchè il servizio dato sia degno di essere definito tale, e come, la marcata carenza di educazione e rispetto, non sia imputabile ai forti tagli alla sanità, ma sia una spiccata qualità che sempre più spesso si riscontra in codesti ambienti, che purtroppo siamo obbligati a sostenere sempre e comunque, nonostante il servizio reso”.














