Si svolge oggi pomeriggio '100 passi ancora...', l'incontro con Giovanni Impastato. Un omaggio alla figura di Peppino Impastato, ricordando la pellicola "I cento passi" a dieci anni di distanza dall'uscita nelle sale cinematografiche del film diretto da Marco Tullio Giordana che racconta la vita e l'omicidio di Peppino Impastato, impegnato nella lotta alla mafia nella sua terra, la Sicilia. Giovanni Impastato presenterà il suo libro, nell’ambito delle ‘Conversazioni’ curate come sempre da Claudio Porchia.
Giovanni Impastato ha rilasciato un’intervista esclusiva a Sanremo News, parlando soprattutto della mafia, trattando l’argomento anche in chiave imperiese (l'audio dell'intervista cliccando QUI): “Presenteremo il mio libro - ha detto - che racconta la mia storia e di Peppino, prima di arrivare ai nostri giorni. Poi affronteremo il problema della mafia, che non riguarda certo solo le 4 regioni ‘sfigate’ del meridione. Ora riguarda tutti ed anche Sanremo, perché qualcuno sostiene che sia arrivata anche in riviera, con riciclaggio e racket, una serie di azioni illegali che ci fanno pensare moltissimo. Anche in Liguria ci sono dei beni confiscati, in base alla Legge 109. Questo ci insegna che dobbiamo tenere aperti gli occhi e mantenere un’azione rigida e di contrasto, affinchè queste persone non ottengano il controllo del territorio”.
Anche perché negli ultimi tempi non si parla solo della mafia degli anni ’50, ’60 e degli ‘anni di piombo’, in meridione soprattutto. Con lo ‘sconfinamento’ della mafia al Nord, è cambiata. “Si, tantissimo, addirittura negli ultimi mesi. Non esagero se dico che oggi l’identikit del mafioso non corrisponde più a personaggi come Totò Riina o Alfredo Provenzano, che erano persone non colte, ma che riuscivano ad avere questo rapporto con settori della borghesia. Oggi tutto è cambiato: l’esercito militare è stato sconfitto, ma rimane integro quell’apparato che garantisce un’azione illegale e possiamo parlare di ‘borghesia mafiosa’ e colletti bianchi. Oggi l’identikit del mafioso possiamo riconoscerlo nell’avvocato, medico, professionista, commerciante o imprenditore. Tutto è cambiato e, quindi, dobbiamo cambiare anche noi e riflettere per contrastare e sconfiggere la mafia. Noi dobbiamo convincerci che la mafia non è un problema ‘repressivo’ o di ordine pubblico, ma culturale e, nello stesso tempo, dobbiamo cercare di portare avanti un sano progetto di sviluppo economico e morale. Senza questo non possiamo sconfiggere la mafia”.
Lei avrà seguito le vicende che si sono vissute in provincia di Imperia. Se ne è fatto un’idea? “Si, ma ad esempio abbiamo visto la vicenda Scajola, mentre ad Imperia abbiamo visto atti di riciclaggio e speculazione selvaggia sul territorio. Tutti questi ingredienti lasciano pensare ad alcune compenetrazioni mafiose all’interno del vostro tessuto sociale si sono verificate. Ma, allora, questa è una classe politica che rema a favore della mafia, parliamoci chiaro. E’ un sistema che sta superando la soglia della ‘legalizzazione dell’illegalità’. Oggi non si sta facendo altro che legalizzare l’illegalità e gettare benzina sul fuoco. Non si fa un’opera di sensibilizzazione ed educazione alla legalità. Al contrario, come ad esempio l’esperienza della Lega che sappiamo abbia contribuito insieme ad altra a distruggere il tessuto sociale”.
Lei ha vissuto, insieme a suo fratello i difficili momenti della mafia negli anni ’70 e ’80 nella sua terra, ben raccontati nell’ormai famoso film ‘I Cento Passi’. Quali le differenze di quel momento storico e questo. “Dieci anni fa quando entravo nelle scuole, tra i ragazzi di Palermo e quelli ad esempio della provincia di Imperia c’era una notevole differenze. Quelli di Palermo sentivano molto di più l’argomento mafia mentre al Nord erano molto indifferenti. Oggi le cose sono cambiate: i ragazzi e la società del Nord ha capito ed è consapevole del fatto che la mafia è un problema che riguarda pure loro. Perché se vogliamo andare oltre, possiamo dire che la mafia è inserita nel processo della globalizzazione, con la fase delle privatizzazioni: l’acqua e l’ecomafia. Oggi io sono soddisfatto perché, grazie al nostro lavoro, siamo riusciti a trasmettere un messaggio molto forte, ovvero che la mafia non è solo un problema siciliano. E’ importante che siamo riusciti a trasmettere il messaggio Peppino, un messaggio di rottura non soltanto con l’ambiente e la società dove lui viveva, ma soprattutto con la famiglia. Tutti sanno che la nostra era una famiglia di origine mafiosa e Peppino ha operato la sua rottura all’interno della famiglia. Questo è sicuramente un fatto storico ed unico nel movimento antimafia. Secondo me è molto educativo e, allo stesso tempo, ho percepito che le nuove generazioni si sono legate tanto a questa figura, grazie anche al film che ci ha dato la possibilità di far conoscere la storia di Peppino. Prima del film, è chiaro che c’è stato un nostro lavoro di analisi, impegno, ricerca e memoria con i compagni di Peppino e la famiglia”.
(Nelle foto l'incontro poi iniziato alla Federazione Operaia)





























