Dopo le ragioni del no alla riforma costituzionale spiegate dal presidente della Regione Giovanni Toti e da tutta Forza Italia a livello locale (leggi QUI), in serata è toccato al Ministro della Giustizia Andrea Orlando, nell’incontro che si è tenuto in biblioteca, intervenire a sostegno del sì il prossimo 4 dicembre. Lo ha fatto con un intervento che riguarda la riforma della giustizia che il governo Renzi e il Ministro in prima persona, stanno portando avanti.
Un processo ritardato dal bicameralismo perfetto, secondo Orlando. Troppi i passaggi tra Camera e Senato che non permettono l’approvazione della legge.
“Non è un mistero che noi e Ncd non avessimo esattamente lo stesso programma in temi della giustizia”, interviene il Ministro a proposito degli alleati. “La difficoltà è però anche nel processo legislativo, uno dei punti più rilevanti della riforma costituzionale”.
Orlando snocciola tutti i passaggi necessari affinché la riforma sulla giustizia arrivasse alla Camera. “Con una velocità stratosferica abbiamo licenziato il processo penale che è andato in aula dopo un passaggio in Commissione nel quale sono state uditi, come è giusto che sia, tutti i soggetti della giurisdizione, che avevamo ascoltato noi già prima. La Commissione ha prodotto un testo che è passato alla Commissione Giustizia della Camera che ha a sua volta rifatto le audizioni, poi siamo andati in aula dove il testo è stato sottoposto a una batteria di emendamenti sterminata alla quale abbiamo dovuto rispondere con una serie di pareri nel merito. Dopo sette, otto mesi siamo riusciti a farlao approvare alla Camera e lì siamo passati al Senato dove il film è ricominciato daccapo. Lì però ci sono numeri diversi. La posizione dell’Ncd pesa molto di più e per far passare il testo bisogna trovare una mediazione”.
“Un procedimento infinito – continua il Ministro – se non si mette la questione di fiducia che è però la negazione del ruolo della funzione del Parlamento, perché a quel punto decadono sì tutti gli emendamenti, ma a quel punto è il governo che scrive la legge”.
Orlando nel suo intervento affronta anche quelli che, secondo il fronte del no, sono i rischi di deriva autoritaria in caso di approvazione della riforma costituzionale. “Noi tutto sommato siamo in una situazione post seconda Repubblica in cui, la peggiore delle ipotesi, e lo abbiamo vissuto in qualche modo nel ’94 e nel 2006, è che una forza politica abbia una maggioranza sufficientemente forte in un ramo del Parlamento e non ce l’abbia nell’altro ramo. Ma con l’affermazione del tripolarismo c’è una eventualità che dovremmo cominciare a prendere in considerazione con una certa attenzione: cioè che in un ramo del Parlamento si affermi una maggioranza e nell’altro se ne affermi una di segno opposto o comunque di segno diverso. E in questo quadro non so cosa succede, ma so che se è già stato complicato così potete immaginare cosa succederebbe se in Parlamento ci fossero maggioranze di segno diverso. Questo è il presupposto dello stallo, della tempesta perfetta. Di un quadro nel quale sostanzialmente la democrazia va in panne. Io questo vorrei porre a quelli che si preoccupano delle derive autoritarie che di solito si sviluppano quando la democrazia non è in grado di funzionare e qualcuno si candida a svolgere il ruolo che la democrazia non sa svolgere”.
L’intervento del Ministro è stato introdotto dal Segretario Provinciale del Partito Democratico Pietro Mannoni e dal professore ordinario di storia delle Costituzioni e delle Codificazioni moderne dell’Università di Genova Riccardo Ferrante.
Sul palco anche il presidente della provincia Fabio Natta, la Senatrice Donatella Albano e il Consigliere Regionale Giovanni Barbagallo. Tra il pubblico molti esponenti del Pd a livello provinciale, ma anche il Capogruppo di Imperia Cambia Paolo Re che ha dichiarato il suo sì convinto alla riforma. Tra i presenti anche Lara Trucco, professoressa di diritto costituzionale all’università di Genova, che appartiene al fronte del no.



















