“Ognuno deve fare la propria parte”, questo è l’appello di don Luigi Ciotti. A Diano Marina, nel parco di Villa Scarsella, il fondatore e presidente dell’associazione Libera contro le Mafie, rimarca il ruolo che il singolo assume nella lotta alla criminalità organizzata.
L’incontro, organizzato da Libera insieme alla commissione antimafia del Comune di Diano Marina, ha costituito la tappa conclusiva di Navigare Libera, una manifestazione itinerante che ha esplorato l’intera regione.

Accanto alla copresidente dell’associazione Francesca Rispoli, don Ciotti ha ribadito l’importanza di fare la propria parte: “Una delle malattie più terribili è la delega, tutti siamo chiamati ad assumerci le nostre responsabilità - ha affermato il parroco da anni, ormai, sotto scorta-. Da 170 anni in Italia si parla di mafia e, nonostante le conquiste fatte, continua ad esistere. Allora non basta tagliare la malerba in superficie, dobbiamo estirpare il male alla radice. E per farlo non possiamo delegare il lavoro alla magistratura e alle forze di polizia, l’impegno deve essere di tutti”.
La relazione della Direzione Investigativa Antimafia, ha recentemente definito la provincia di Imperia una "roccaforte della ‘ndrangheta reggina", ma il fenomeno ha radici lontane: "Secondo dati ufficiali, il Ponente ligure rappresenta l'area del Nord Italia in cui il radicamento delle mafie è più antico - spiega Rocco Sciarrone, professore all’Università di Torino, esperto di criminalità organizzata e processi di legalità-, c'è stato un ritardo nel riconoscere l'esistenza di un problema, un ritardo dovuto all'incompetenza, ma anche alla convenienza e alla collusione". La prima arma per difendersi dalla mafia rimane la conoscenza, la consapevolezza dei cambiamenti che il fenomeno ha assunto e dei rapporti che la criminalità crea con la società. "Esiste un'area grigia, una rete di collusioni che si instaurano tra attori criminali, politici ed economici".
Il contributo dei cittadini deve essere affiancato e sostenuto da quello delle istituzioni: "Non fornire gli strumenti adatti -sostiene don Ciotti- è sinonimo di non voler lottare contro la criminalità e contro le mafie". L’invito a “difendere la Costituzione, la più bella del mondo, e primo vero testo dell'antimafia” è accompagnato da una netta critica alla riforma della giustizia, approvata due giorni fa in Senato, che dispone anche la separazione delle carriere per i magistrati. La riflessione è stata affidata al procuratore capo di Imperia, Alberto Lari: "Questa riforma non velocizzerà i processi, che è il vero problema della giustizia italiana. È mortificante nei confronti della professionalità del magistrato poter pensare che il pubblico ministero ottenga qualcosa perché collega del giudice -conclude Lari-. Questo è un Paese in cui abbiamo voglia di legalità, che vengano rispettate le leggi, di essere amministrati da persone per bene e di istituzioni di cui ci si possa fidare ciecamente".














