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Attualità | 06 agosto 2022, 07:11

Imperia, boom di accessi al pronto soccorso: oltre 7mila negli ultimi 2 mesi. Acquarone "La situazione regge. I pazienti esasperati per le attese, verso di noi continue violenze e minacce"

A luglio si è registrato un picco di 142 pazienti in un solo giorno: un lavoro titanico per i sanitari che sono pochi e sempre più sotto stress. "I dati in linea col 2019, spiega il primario, ma la complessità gestionale è quella della pandemia"

Imperia, boom di accessi al pronto soccorso: oltre 7mila negli ultimi 2 mesi. Acquarone "La situazione regge. I pazienti esasperati per le attese, verso di noi continue violenze e minacce"

Sono ben 7 mila e 111 i pazienti visitati e curati nei soli mesi di giugno e luglio al pronto soccorso di Imperia. Numeri enormi che si rimettono in linea con il 2019, ossia prima dell’’emergenza sanitaria dettata dalla pandemia da covid-19, ma che ancora una volta mettono in luce il lavoro titanico svolto dal personale sanitario messo a dura prova dalle criticità di un intero sistema. Sistema che vede medici ridotti al lumicino, assunzioni e concorsi bloccati in ambito nazionale e un’enormità di pazienti da gestire.

“Nel mese di giugno, ci spiega il dottor Luca Acquarone direttore del pronto soccorso all’ospedale di Imperia, abbiamo assistito 3 mila e 351 pazienti con una media giornaliera di 111,7 pazienti mentre a luglio 3 mila e 760 con una media al giorno di 121 e in questo mese abbiamo avuto anche un picco di 142 pazienti in un solo giorno. Sono veramente numeri imponenti, precisa il primario, che mettono pesantemente sotto stress il sistema, ma comunque anche se in alcuni casi i tempi di attesa sono biblici al momento la situazione regge e regge anche in confronti con altri centri in regioni ‘virtuose’ quali la toscana e l’Emilia Romagna”.

Garantire l'assistenza è sempre più difficile per i sanitari sia perché le richieste di aiuto sono aumentate, visto che nel 2020 e l’anno scorso erano presenti le restrizioni covid, e nel contempo si amplia la platea di pazienti e i tempi di attesa. “I numeri sono quelli pre-coovid, spiega il primario, ma con la complessità gestionale della pandemia. Fuori dagli ospedali c’è la liberta totale, la gente è senza mascherina e si possono fare tutti i tipi di assembramento, concerti, feste e spettacoli, ma nel momento in cui si contrae il covid se il virus viene rilevato in ospedale il paziente viene isolato e si attuano i protocolli del caso per questo è rimasta una complessità gestionale similare al 2020, ma con la liberta del 2019”.

A questo si deve aggiungere che non sempre chi si reca al pronto soccorso di fatto bisogno di un’assistenza sanitaria di questo tipo. “Sempre più spesso, dice Acquarone, il cittadino cerca risposte dentro l’ospedale anziché sul territorio; vi è infatti una notevole quantità di pazienti che non necessitano una gestione ospedaliera e venendo da noi comunque rallentano e disperdono risorse ai pazienti più critici”.

Di certo i medici non cacciano nessuno dal pronto soccorso, ma per forza di cose c’è chi viene visitato subito e chi invece deve attendere ore; i codici non vengono assegnati a caso: si deve dare per forza una priorità.  “Quando il paziente non trova risposte adeguate sul territorio viene al pronto soccorso che è il front office dell’ospedale. A noi dispiace dire, a chi fa 8 ore di attesa, che non possiamo dare questa risposta perché non è da noi gestibile. Vengono ad esempio pazienti con delle cronicità che hanno bisogno di esami specialistici, ma che noi non possiamo fare e quindi fanno la coda per nulla e nel contempo aumentiamo l’assembramento e il rischio di contagio di malattie e per malattie non intendo solo covid”.

Di fronte ad attese estenuanti non sono mancati nel tempo episodi di violenza contro gli operatori sanitari. “Purtroppo registriamo problemi per la sicurezza, chiosa Acquarone, la gente comprensibilmente si arrabbia quando ci sono tempi d’attesa molto lunghi. Ognuno, lo capisco, è convinto che la propria situazione sia la più urgente, ma non sempre è cosi. Ciò aumenta la tensione e e a volte la violenza che è dettata dalla esasperazione. Minacce e insulti nei nostri confronti sono all’ordine del giorno e provengono da gente che è semplicemente esasperata”.

Con il grande afflusso turistico sul territorio si moltiplicano di conseguenza gli accessi al pronto soccorso e soprattutto la gestione dei traumi di ogni tipo e di ogni grado di gravità e ciò si somma comunque ai contagiati covid. “Abbiamo parecchi di casi, commenta il primario, che hanno sintomi tipici quali febbre e crisi respiratori modeste. La malattia si manifesta nella maggior parte dei casi come una normale influenza, ma il problema sorge quando troviamo positivi pazienti che hanno effettuato l’accesso per altre patologie. In queste situazioni si applica il consueto protocollo e ciò comunque 'consuma' risorse perché il paziente deve andare in isolamento e deve essere gestito solo in aree specifiche con personale dedicato ed in più tutti i locali vanno sanificati”.

Tra le carenze che si registrano sul nostro territorio c’è quella dei medici di base che arrivano ad avere dai 1.200 ai 1.800 assistiti ciascuno per una media di 1.500 pazienti ciascuno. Nel momento in cui un cittadino non trova la pronta risposta del medico di famiglia, il quale nonostante gli sforzi enormi è evidente che non possa fornirla a tutti in contemporanea, passa allo step successivo rivolgendosi all’ospedale più vicino. “Certo la carenza dei medici di medicina generale sta creando problemi enormi, spiega il direttore del pronto soccorso, un singolo medico non sempre riesce a seguire tutti i pazienti e, faccio un esempio, se ad ogni medico ne sfuggono per forza di cose 10 ecco che si crea poi una grande mole di lavoro”.

In questo scenario si incastra la mancanza personale medico. Ad oggi al pronto soccorso di Imperia per ogni turno ci sono due medici e sei infermieri. I turni sono o di sei o di 12 ore, ma spesso i medici fanno quello da 12 ore consecutive vista la situazione critica. “Non ci sono medici sufficienti, evidenzia il primario, al momento non siamo in grado di aprire l’ambulatorio di bassa priorità dove prima c’era un terzo medico che in pronto soccorso gestiva i casi clinici meno urgenti e gli accessi per piccole patologia. Questo medico era in grado di gestire anche 40 pazienti su casi clinici poco complessi e decongestionava  le nostre attività adesso non è possibile e l’assenza la sentiamo. I medici non sono solo carenti a Imperia, ma anche in altri territori come Genova. È un problema generale. Purtroppo l’urgenza non è una specialità richiesta e appetibile basti pensare che oltre la metà delle borse studio in Italia non è stata assegnata. Anziché accedere a questa borsa di studio hanno rinunciato e questo dato fa capire quanto sia la nostra una branca ad elevato carico di stress. Il problema esiste e si molto riacutizzato. C’è una vera e propria fuga dalle aree emergenza perché le condizioni di lavoro sono considerate sproporzionate rispetto al risvolto economico e la carenza organica progressiva sta depauperando le nostre risorse. Se mancano una soddisfacente qualità del lavoro e un'adeguata remunerazione economica l’urgenza sarà sempre una branca poco appetibile”.

Proprio dai medici bisogna partire per capire il malessere dei pronto soccorso italiani. Basti pensare che sono circa 600 i camici bianchi dell'emergenza e urgenza che nel 2022 hanno scelto di dimettersi, al ritmo di circa 100 al mese. Rispetto all’ultimo dato elaborato sono 4.200 i dottori e dottoresse strutturalmente mancanti nei pronto soccorso italiani rispetto alle reali necessità di gestione.

“Ad Imperia poi, specifica il primario Acquarone, siamo collocati in una struttura provvisoria che è lontana dai servizi del laboratorio, radiologia, cardiologia, dalla terapia intensiva; stiamo valutando con la direzione e l’amministrazione di Asl 1 di incrementare i servizi di trasporto dei pazienti. Attualmente le procedure stanno rallentando perché queste strutture sono fuori rispetto al pronto soccorso. Adesso siamo in un’altra palazzina in quanto la struttura principale sta effettuando interventi importanti di ristrutturazione ed è per questo che abbiamo richiesto personale aggiuntivo per il trasporto e stiamo valutando le risorse necessarie da impiegare che non per forza devono appartenere al personale sanitario, ma possono anche provenire dalle pubbliche assistenze. Ci vorrà almeno un anno e mezzo, o forse anche due, prima di ritornare nel corpo centrale, conclude Acquarone, in quanto la prospettiva è di avere struttura all’avanguardia". 

Angela Panzera

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