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Eventi | 25 aprile 2013, 07:51

Ti divoro perché sei mio: Maria Paiato al Teatro dell'Albero di San Lorenzo al Mare

Il pubblico, spiazzato, resta immerso nel buio per qualche secondo prima di aprirsi in un applauso liberatorio. Maria Paiato ridacchia in quel buio, soddisfatta dello scherzo che ci ha giocato. L'adrenalina circola in forti quantità al teatro dell'Albero di San Lorenzo al Mare.

Ti divoro perché sei mio: Maria Paiato al Teatro dell'Albero di San Lorenzo al Mare

Lunedì scorso Maria Paiato arriva sotto l'acqua, accolta dal professor Eugenio Buonaccorsi, per incontrare gli studenti del Dams nello Spazio Calvino del Polo universitario imperiese. L'attrice si racconta con sincerità come una ragioniera strappata ai conti ed entrata all'Accademia di Arte drammatica, allora diretta da Aldo Trionfo, senza sapere nulla di teatro ma spinta solo da un grande amore e da una grande curiosità per il mestiere dell'attore.

Attrice oggi sulla cresta dell'onda, si dichiara insofferente ai legami lavorativi soffocanti e interamente padrona della sua storia professionale, come lei stessa tiene a precisare: "la libertà ha un percorso accidentato ma spesso preferibile ai matrimoni artistici con i teatri stabili".

Dopo un'esperienza di quattro anni (dal 1984 al 1988) nella cooperativa Festa Mobile, diretta da Pino Quartullo e formata da ex allievi dell'Accademia di Arte drammatica, inizia, con difficoltà, una carriera di freelance lavorando tre mesi all'anno, per "12 anni di magra", fino al 2000 quando dal suo paese natale, Occhiobello in provincia di Rovigo, arriva una richiesta per uno spettacolo che ricordi l'alluvione del Polesine del 1951. Nasce così la Maria Zanella, il suo primo monologo, che ha girato sette anni,  ha avuto un successo strepitoso e ha permesso che il suo stile di recitazione venisse conosciuto e apprezzato da numerosi registi, tra cui Valerio Binasco e Luca Ronconi che è una delle figure di riferimento della sua carriera. Anna Cappelli, uno studio, è il testo che Maria Paiato ha portato in scena la sera stessa al Teatro Dell'Albero e appartiene ad Annibale Ruccello, intellettuale napoletano di grande preparazione e cultura, morto a soli trent'anni nel 1986 e oggi considerato uno dei migliori drammaturghi della sua generazione. Annibale Ruccello è l'esponente di spicco della nuova drammaturgia napoletana insieme a Enzo Moscato e Manlio Santanelli e vanta un fecondo legame artistico con Roberto De Simone. La sua scrittura drammaturgica si pone come l'evoluzione del teatro borghese di Eduardo, investigando zone d'ombra, mondi particolari, solitudini senza speranza, una visione che non ha nulla di localistico, nonostante l'uso del dialetto, ma che si apre verso la complessa drammaturgia di Beckett, Artaud e Pinter.

Anni '60: Anna Cappelli, dattilografa trasferita al comune di Latina, è una borghesuccia che nasconde, nemmeno troppo bene, un'anima nera e un cuore freddo e avido. Lo scopo della sua vita è possedere delle cose, un bisogno cieco che la porta a non amare nessuno. Il disprezzo per chiunque la circondi, la isola rendendo faticosi anche i più elementari rapporti di conoscenza. La relazione che intrattiene con il suo capoufficio, il ragioniere Tonino Scarpa, diventerà progressivamente un nodo soffocante da cui l'uomo vorrà liberarsi. Incapace di accettare l'abbandono e soprattutto la perdita del possesso sulla casa di Tonino ("Dodici stanze! Ma è una reggia!") e sullo stesso corpo di lui ("Tu sei mio, mio mio!"), Anna lo uccide e lo divora, nel tentativo tanto macabro quanto inutile, di possederlo definitivamente.

Armata solo di una valigia e di un paltoncino molto bon ton, Maria Paiato scava a lungo e bene nel testo apparentemente piano, semplice, a tratti quasi banale, ma la lettura che ne dà, insieme al regista Pierpaolo Sepe, mette in luce i doppi significati delle parole, in una sorta di double face che mostra in trasparenza la concezione allucinata del rapporto che Anna intrattiene con le persone e con gli oggetti. Dietro di lei campeggia, enorme e inquietante, un fondale che porta il suo nome, scritto a lettere nere e gigantesche.

A poco a poco, dalla superficie di un mondo piccolo borghese di assoluta normalità, emerge il lato oscuro della personalità di Anna, l'insensibilità per i sentimenti altrui, l'egoismo truce, la sua rapacità che si svela progressivamente sotto la compostezza perbenista che Anna si studia di mantenere. Dal suo stare in scena molto pulito, controllato, minimalista, cominciano a sfuggire piccoli gesti e segni quasi impercettibili di violenza rattenuta, che  creano un clima di malessere. Maria Paiato è attrice grande, di straordinaria tecnica  e intelligenza interpretativa, usa il corpo, la voce, la faccia, lo stesso respiro. Misura lo spazio della scena e la domina tutta, così come domina gli spettatori proiettando fino  all'ultima fila l'ombra sinistra di quel delitto che non c'è ma che lei ci costringe a vedere.

Il pubblico, spiazzato, resta immerso nel buio per qualche secondo prima di aprirsi in un applauso liberatorio. Maria Paiato ridacchia in quel buio, soddisfatta dello scherzo che ci ha giocato. L'adrenalina circola in forti quantità al teatro dell'Albero di San Lorenzo al Mare.

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