"Comportamenti discutibili, rilevanti 'sotto il profilo disciplinare' e che 'giustificano pienamente le sanzioni irrogate' ma non 'reati'. Lo scrivono nelle motivazioni i giudici della Corte d'Appello di Genova che nel gennaio scorso hanno assolto gli otto dipendenti del Comune di Sanremo accusati, di truffa e del reato di infedele timbratura del cartellino, nell'ambito dell'operazione 'Stachanov' ossia quella riguardante i cosiddetti 'furbetti del cartellino'.
La seconda sezione penale della Corte d’Appello di Genova il 21 gennaio ha confermato le assoluzioni, così come aveva deciso il giudice di Imperia Paolo Luppi, nei confronti dell’ex vigile del mercato annonario Alberto Muraglia, beccato a timbrare il badge in mutante, dell’ex responsabile degli asili nido Patrizia Lanzoni, di Luigi Angeloni, ex funzionario del servizio economato Rosella Fazio, dipendente dei servizi sociali, Sergio Morabito, ex impiegato dell'ufficio Anagrafe, Paolo Righetto, ex operaio, Roberta Peluffo, ex funzionaria del settore appalti, e Maurizio Di Fazio, ex impiegato dell'archivio. Per tutti loro la Procura aveva proposto appello dopo la decisione del gup. Sono andate invece, definitive le assoluzioni per Loretta Marchi, ex responsabile di museo e biblioteca, e Luisa Mele, all’epoca dei fatti contestati membro dello staff del sindaco Zoccarato.
Anche in questo caso per i giudici le prove raccolte non sono state sufficienti a stabilire le responsabilità degli imputati in merito ai reati di falso per l’utilizzo indebito dei cartellini e di truffa per l’allontanamento ingiustificato dal posto di lavoro. La circostanza che un determinato impiegato si fosse fatto timbrare da altri il badge oppure fosse uscito, durante l’orario di servizio dal Comune, non integrerebbe quindi tali reati in quanto occorreva dimostrare che non si trovasse sul posto di lavoro oppure non svolgesse le relative mansioni di servizio.
Per i giudici di secondo grado gli "elementi acquisiti dall'accusa non bastano a superare le tesi difensive, tesi che hanno dato una ricostruzione alternativa e plausibile".
La Corte non nega, però che ci siano state delle responsabilità, specie nella consuetudine di avvisare il dirigente della propria assenza dal lavoro per servizio, anziché timbrare il cartellino. "Le condotte tenute da dirigenti e dipendenti, difformi al quadro normativo e regolamentare, sono certamente rilevanti sotto il profilo disciplinare e giustificano pienamente le sanzioni irrogate in tale ambito in relazione alle violazioni a ciascuno di essi ascritte ed oggettivamente accertate, evidenzia la Corte d'Appello (..) All'irregolarità nell'attestazione della presenza e/o nella giustificazione delle uscite per servizio del dipendente non può conseguire direttamente ed automaticamente la prova della sua assenza (ovvero dell'ingiustificato allontanamento) dal servizio".
Il fatto quindi che un dipendente sia assente non comporta "automaticamente la commissione di un reato, evidenziano i giudici, pur a fronte di innegabili irregolarità nell'attestazione delle presenze e degli allontanamenti per ragioni di servizio, spetta pur sempre alla pubblica accusa l'onere di dimostrare che a tali irregolarità siano conseguiti effettive ed ingiustificate assenze ovvero illeciti allontanamenti dal servizio da parte del dipendente, non essendo accettabile il sostanziale automatismo prospettato in tesi accusatoria".