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Attualità | 01 maggio 2016, 07:14

"La mia prima volta con Fabrizio De Andrè", un libro sul cantautore genovese scritto dalla sanremese Francesca Nobbio

Di 223 pagine, edito dalla casa editrice Ibis di Como e Pavia. Gian Paolo Anfosso, detto Gipo, sanremese, insegnante di lettere nelle scuole medie, trapiantato a Pavia aveva avuto l'idea da un libro analogo, dedicato ai Beatles.

Francesca Nobbio

Francesca Nobbio

Quando una telefonata riesce a farti andare indietro nel tempo. Senza la DeLorean. Ma sulle ali dei ricordi. Mi è successo l'altro giorno.

"Ciao Carlo, sono Francesca, volevo dirti che ho scritto un racconto in un libro" Francesca è Francesca Nobbio, sanremese, con studi a Pavia. E' una giovane, cara amica di famiglia, portata in casa tra i compagni del liceo di mio figlio. Precaria, insegna al liceo di Sanremo. E scrive. Ogni tanto. E quindi, fin qui, nulla di nuovo. Il fatto è che dopo mi dice. "E' un libro su Fabrizio De Andrè. Nato da un'idea di Gipo Anfosso, mio zio, con Daniela Bonanni. Ha voluto raccogliere in un unico volume le testimonianze di 305 persone. Hanno raccontato in una, (talora mezza) pagina, la prima volta che hanno incontrato Fabrizio De Andrè. Di persona. Ma più spesso attraverso la sua musica"

Ne è venuto fuori, il 15 aprile scorso, un volume. Titolo "La mia prima volta con Fabrizio De Andrè". Di 223 pagine, edito dalla casa editrice Ibis di Como e Pavia. Gian Paolo Anfosso, detto Gipo, sanremese, insegnante di lettere nelle scuole medie, trapiantato a Pavia aveva avuto l'idea da un libro analogo, dedicato ai Beatles.

La raccolta, che è la sua seconda fatica letteraria, comprende un suo racconto. E' un frammento di vita paterna. A  quell'ora in cui le mamme , indaffarate, ti dicono. "Lo metti tu a letto il bambino?" E tu che fai. Metti a letto il pupo, Thomas nel caso di Gipo. E per addormentarlo che fai? Gli fai sentire "Il sogno di Maria" di Fabrizio De Andrè. Fino a quando..."Ti appoggio nel letto, ormai è fatta .Buonanotte Thomas, che Faber ti regali un sonno ricco di Poesia e una vita piena di sogni". 

Francesca rievoca invece l'atmosfera delle vacanze natalizie del '92 in casa Nobbio a Sanremo. "Mio zio era venuto con la famiglia a passare il Natale da noi e aveva portato l’immancabile chitarra. Quell’anno insegnò a me e mio cugino una canzone nuova: Un giudice. Imparai al volo quel testo, ma nel momento di dire la famosa frase riguardante il povero giudice nano, lo zio sostituiva un’importantissima parola con un’altra. La frase che imparammo era: “…perché ha il cuore troppo, troppo vicino al buco del BIP”.Francesca anni dopo scoprirà il testo "non censurato" della canzone di De Andrè.

Gia De Andrè. A me non era mai piaciuto granchè. La telefonata così è stata l'occasione per riscoprire quello che Fernanda Pivano il 26 luglio del 1997 definì "Il più grande poeta in assoluto degli ultimi 50 anni" De Andrè era presente e dicono che ne fu in qualche modo turbato. Anche perchè era uno che al liceo lasciava i temi a metà, con disperazione del suo professore di lettere. E del padre. Sono andato a cercare Fabrizio tra i miei CD, su You tube. Tra i miei ricordi. E ad un certo punto si è aperto il mio personale racconto. Ma io come li addormentavo i miei due bambini?

Cristina che a quattordici anni diventerà fanatica dei Duran Duran, ha avuto come ninna nanna musiche di Branduardi e Lucio Battisti, con qualche trasgressione del tipo Imagine. Stefano, 14 anni dopo. Più o meno stessa colonna sonora. Con qualche aggiunta di musica classica. E ovviamente i Duran quando ad addormentarlo era Cristina.

Una telefonata. E' stata l'occasione per ripercorrere tempi bellissimi. Quelli contrassegnati dall'odore del borotalco, dopo aver cambiato un pannolino o dopo aver fatto il bagnetto. Da notti insonni. A canticchiare i motivi della nostra giovinezza. Avevamo la radio che ogni mattina ci dava il bollettino di guerra delle brigate rosse. Ma avevamo l'ottimismo nel cuore. Perchè sentivamo nelle nostre mani la possibilità di cambiare il mondo. Ce lo dava, quell'ottimismo della volontà, probabilmente una stagione irripetibile della cultura italiana. Dove c'erano dei menestrelli, direi, come la Pivano, autentici poeti che si chiamavano De Andrè, Dalla, Battisti, Guccini, Branduardi. Una bella storia. Di giorni e motivi che davano speranza e valori. Senza la ferraglia anglosassone che le radio ci catapultano ora in casa. Anche quando a cantare sono ragazzi italiani. Ma è possibile che ora non ci sia uno che sappia dire: "Questa di Marinella è la storia vera /che scivolò nel fiume a primavera /ma il vento che la vide così bella /dal fiume la portò sopra a una stella /sola senza il ricordo di un dolore /vivevi senza il sogno di un amore /ma un re senza corona e senza scorta /bussò tre volte un giorno alla tua porta". Formidabili quei giorni. Fortunati i nostri figli. Si addormentavano davvero sulle ali della poesia. Ha proprio ragione Prof. Gipo Anfosso. Di certo comprerò quel libro. Voglio ritrovare un pezzo, perduto per me, della colonna sonora dei migliori anni della nostra vita. Quelli delle risate dei nostri bambini per casa, quelli della nostra giovinezza.       

Carlo Michero

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