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Sanremo Ospedaletti | 03 aprile 2015, 17:00

La Liguria che Cambia, anzi no

Perché il movimento fondato da Carlo Capacci ha deciso di abbandonare il candidato-presidente Raffaella Paita in vista delle regionali.

La Liguria che Cambia, anzi no

Difficile cambiare una città, figuriamoci una regione. Il sindaco Carlo Capacci le sta provando tutte: prima ha lanciato un “sondaggio” online sul comportamento della sua amministrazione a Imperia (virgolette d’obbligo perché si trattava di un’indagine su base volontaria e quindi senza alcun valore statistico). Poi ha deciso di abbandonare il candidato-presidente Raffaella Paita in vista delle consultazioni regionali di maggio. Rompendo così l’alleanza con il centrosinistra, lo stesso che aveva sostenuto la sua corsa vincente alla guida del comune nel 2013, con quattro assessori poi piazzati in quota Pd.

Su oltre 1.500 partecipanti alla rilevazione web, una buona metà (50,9% per la precisione) ha dato l’insufficienza in pagella al primo cittadino, con un voto tra 1 e 5; per il 15% (la singola percentuale più elevata) il sindaco è da 6. I problemi più urgenti? Raccolta dei rifiuti, manutenzione delle strade, sviluppo economico e turistico. “Esattamente quelli che percepiamo noi”, aveva commentato il diretto interessato, “per i quali, presto o tardi, si arriverà a una soluzione”. Da Imperia non Cambia a Liguria Cambia, il movimento fondato da Capacci con l’ambizione di bandire l’asfittica politica tradizionale in nome del senso civico e dell’abnegazione. Mirando soprattutto a sconfiggere la burocrazia, vituperato ostacolo agli investimenti delle imprese e al benessere dei cittadini. Alla fine però la poltronite ha colpito pure qui: perché il fulcro delle polemiche è stato l’inserimento di Ezio Capurro nel listino di Raffaella Paita alle regionali, chiesto da Capacci per garantire, in caso di successo del Pd, la rappresentanza del movimento nel futuro Consiglio regionale. Il sindaco imperiese era convinto che il Partito democratico avesse riconosciuto il valore della lista civica, “lasciando definitivamente morire le logiche di spartizione del potere”.

Le stesse logiche che, secondo il candidato-governatore, Capacci avrebbe attuato. Le ragioni di Liguria Cambia, ha dichiarato Raffaella Paita, “hanno poco a che fare con il cambiamento e la riforma della politica che dicono di voler perseguire”. L’ex alleato puntava il dito contro “gruppi sparsi di persone auto referenziate” mentre Paita rispondeva “non mi piego ai ricatti”. Sinceramente noi liguri siamo stufi di listini, trabocchetti, accuse reciproche. La politica dovrebbe essere una sorta di vocazione: non la ricerca di una poltrona o uno stipendio maxi, bensì l’opportunità di esprimere le proprie competenze al servizio degli elettori. Ah, è vero, qualcosa di simile lo sosteneva Capacci. Ma la Liguria non Cambia. Proprio per nulla.

Luca Re

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