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Attualità | 29 ottobre 2019, 19:22

Sanremo: il rispetto dei diritti umani tra passato e presente, al centro dell'incontro dei Martedì Letterari

Antonio Marchesi, past president di Amnesty International Italia, era l'ospite di questo nuovo appuntamento della rassegna del Casinò di Sanremo.

Sanremo: il rispetto dei diritti umani tra passato e presente, al centro dell'incontro dei Martedì Letterari

I diritti umani sono stati al centro dell’incontro con Antonio Marchesi, giurista italiano, professore universitario di diritto internazionale e past president di Amnesty International Italia. Numerosa la platea accorsa oggi pomeriggio, nel teatro dell’opera del Casinò di Sanremo per questo nuovo appuntamento con la rassegna dei ‘Martedì Letterari’. La conferenza si è svolta in collaborazione con le associazioni matuziane aderenti all’Ottobre di Pace.

Marchesi ha ripercorso l’iter che ha portato al riconoscimento dei diritti umani tra le nazioni, dall’idea durante la Seconda Guerra Mondiale fino al primo documento tangibile, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, durante la sessione del 10 dicembre 1948, a Parigi. “Un Importante documento, ma non per la forza formale e nemmeno per il contenuto. L’elemento importante è che per la prima volta la comunità internazionale si dà delle regole. - ha sottolineato Marchesi - Ogni Stato si impegna a rispettare i diritti dell’individuo sottoposto alla loro autorità. Fino a quel momento non c’era una regola generale che imponesse limiti all’esercizio del potere sulle persone. La dichiarazione universale rovescia questo paradigma”.

Durante l’incontro si è parlato del concetto di tortura. “Gli stati nascondono, negano e scaricano la responsabilità pur di negare i fatti. Così rafforzano il principio per cui la tortura è un atto inconfessabile. Oggi, quello che a volte accade ed è preoccupante, ci si rifiuta di riconoscere diritti umani a persone che per alcuni non li meriterebbero. I diritti umani o sono di tutti o non sono di nessuno. E’ un arretramento culturale che preoccupa molto”. 

Poi Antonio Marchesi ha ricordato come tra gli anni ’60 e gli anni ’70 si formò un movimento che portò alla nascita di tante associazioni che si vollero far carico del mancato rispetto dei diritti umani. Tra queste c’era anche Amnesty International, fondata il 28 maggio del 1961 dall’avvocato inglese Peter Benenson.

“Un giorno Benenson stava leggendo un giornale e arrivato verso la fine trovò una notiziola, piccola piccola, dove si parlava di due studenti portoghesi, all’epoca della dittatura di Salazar. Avevano fatto un brindisi alla libertà delle colonie portoghesi in Africa. Erano stati denunciati, processati e condannati per aver esercitato in modo pacifico il loro diritto alla libertà di espressione. Vennero incarcerati e quindi privati della libertà personale. Peter partì da questo episodio e ne collegò altri e cercò di far capire come non si trattasse di un problema di schieramenti politici. Raccontò quella ed altre storie su un inserto speciale dell’Observer, parlando dei prigionieri dimenticati ed invitando a prendere posizione. Ricevette migliaia di offerte di persone che si mettevano a disposizione per quella battaglia. Appeal for Amnesty diventa quindi Amnesty international. Un movimento per i diritti umani che oggi rimane fedele a se stesso ma cambiando con il mondo ed il contesto in cui opera. Amnesty continua ad esistere ed a occuparsi delle sempre frequenti violazioni dei diritti umani nel mondo”.

L’incontro si è poi spostato ai giorni nostri. Marchesi ha ricordato al pubblico le molte violazioni ai diritti umani: dagli omosessuali perseguitati in Cecenia, alla crisi dei Rohingya in Myanmar, passando per i diritti delle donne in Arabia Saudita, l’arresto delle minoranze in Cina e le limitazioni alla libertà di stampa in Turchia. Infine, la situazione italiana e l’immigrazione: le morti in mare ed i rimpatri, la politica dell’esternalizzazione. 

“Quello che avviene da tempo è di affidare a terzi, alla guardia costiera o alle milizie libiche, allo stato libico, ammesso che esista, Il compito di tenere le persone a distanza. - ha spiegato marchesi sull’attuale politica attuata - I campi di detenzione libici sono una realtà terrificante. Una situazione inaccettabile. Questa forma di collaborazione con la formazione del personale militare libico per Amnesty non è accettabile. Via mare, oggi, arrivano molte meno persone. L’idea dell’invasione è una cavolata che alimenta l’industria della paura. Stiamo parlando di percentuali prossime all’1% quindi siamo ben lontani dall’invasione. Ci troviamo di fronte ad una riduzione degli arrivi senza tenere conto del costo umano di questa politica. - ha concluso Marchesi - Oggi c’è 1 possibilità su 16 di morire in mare rispetto a quando era attiva la missione ‘Mare Nostrum’”. 

Redazione

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