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Al Direttore | 27 marzo 2022, 09:43

Nizza, Ventimiglia e Albenga dall'Antichità al Medioevo. Il racconto di Pierluigi Casalino

Nizza, Ventimiglia e Albenga dall'Antichità al Medioevo. Il racconto di Pierluigi Casalino

Le tre fondamentali unità etnico-amministrative della Liguria occidentale, l'Ingaunia, l'Intemelia e le Alpi Marittime, così come emerse dalla riforma di Diocleziano, entrano nella storia medievale divise da questa nuova frontiera. Nizza, che nei tardi tempi dell'Impero, sostituì la vicina Cemenelum, perdette anche ogni ragione di supremazia giurisdizionale sulle altre città delle Alpi Marittime, che si avviò verso la disgregazione; Nizza perdette anche l'occasione di avere una sua archidiocesi, dovendo dipendere da quella che si costituì nella nuova metropoli della provincia, Ambruno, mentre Albenga e Ventimiglia furono suffraganee di Milan prima, e più tardi di Genova. Nelle oscure vicende altomedievali, la regione delle Alpi Marittime, per quanto immiserita e ripiegata su sé stessa dalle calamità dei tempi e soprattutto dalla vicinanza significativa dei Saraceni poco a ovest dell'Esterello, entra come eredità della Provenza e finisce per essere sottoposta ai  conti, poi marchesi, che ricostruirono in regime feudale e in limiti più ristretti la sua antica unità.

Giova, tuttavia, ricordare che, come nel periodo carolingio la storia dei comitati di Albenga, di Ventimiglia e quelli delle Alpi Marittime si svolse in senso parallelo e senza soluzione di continuità, così nel X secolo la marca di Provenza, di cui fece parte Nizza, e quella arduinica, in cui furono incluse Ventimiglia e Albenga, risposero ad una funzione parallela e concomitante: la cacciata dei Saraceni e la liberazione del Mediterraneo occidentale, inizio e fondamento della rinascita comunale. L'unità territoriale degli antichi municipi romani e la loro dignità cittadina erano uscite salve e vittoriose dalle molte vicende e traversie. Ognuna delle antiche civitates romane - Albenga, Ventimiglia, Nizza, Antibo, Venza, Glandeve e, in aggiunta ad esse, la val Tinea - ebbe il suo comitatus, i cui limiti corrispondono ancora a quelli delle diocesi e sono perciò, sebbene in forma indiretta e con poche modificazioni particolari, un'ulteriore eredità degli ordinamenti romani. Il comitato di Albenga si estese negli stessi limiti della diocesi, salvo verso occidente dove arrivò soltanto all'Armea e lasciò quindi Sanremo e Ventimiglia, che pure conservò i suoi confini romani, tendendo però verso l'interno ad espandersi verso la Vesubia, nella giurisdizione detta val di Lantosca.

Il comitato di Nizza perdette la sua parte montana, dove si costituì il comitatus Tiniensis, della Tinea, nell'antico territorio degli Ectinii. I comitati di Glandeve, di Venza e di Antibo rimasero inalterati negli stessi limiti delle rispettive diocesi. Questa tenace persistenza dà l'idea di quanto fosse radicata l'eredità della tradizione romana e come essa abbia potuto sopravvivere, nelle forme territoriali come nel suo reale significato etnico e storico, al turbine delle invasioni e migrazioni dei secoli di mezzo; e dimostra anche come sull'organizzazione, fondata sui secolari presupposti geografici ed etnico storici, rispondessero ai bisogni economici, agli sbocchi ed alle vie naturali di comunicazioni della regione. 

Pierluigi Casalino

Redazione

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