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Ventimiglia Vallecrosia Bordighera | 08 luglio 2017, 04:00

Il licenziamento: cosa sapere per affrontare questo difficile momento

Occorre precisare che l’argomento in questione è veramente complesso e quindi sarà necessario, dopo un primo appuntamento introduttivo, dedicare alcuni altri articoli a questo specifico oggetto.

Il licenziamento: cosa sapere per affrontare questo difficile momento

Oggi, per così dire, entriamo nel vivo del diritto del lavoro, affrontando uno degli argomenti che suscitano maggiore curiosità ed interesse ma che, anche dal punto di vista scientifico, costituiscono un terreno decisamente battuto: i licenziamenti.

Occorre precisare che l’argomento in questione è veramente complesso e quindi sarà necessario, dopo un primo appuntamento introduttivo, dedicare alcuni altri articoli a questo specifico oggetto.
In linea generale il licenziamento, utilizzando un linguaggio tecnico, corrisponde ad un atto di recesso unilaterale del datore di lavoro dal rapporto di lavoro subordinato.
Nella prima impostazione del codice civile, la legge affermava un principio di parità che consentiva ad entrambe le parti di “uscire” dal rapporto lavorativo in modo libero ed indiscriminato (fermo quanto stabilito dall’art. 2118 c.c. in materia di indennità di preavviso). Con l’affermazione dei valori fondamentali della Costituzione e grazie ad una progressiva concezione del lavoro come fenomeno sociale e non esclusivamente contrattuale, numerosi interventi legislativi si sono posti nell’ottica di controbilanciare l’evidente condizione di squilibrio che lega tra loro imprenditore e lavoratore subordinato.

In particolare, nel corso degli anni si è sempre più rivolta l’attenzione verso una crescente limitazione del potere del datore di lavoro, tanto da far assumere alla fattispecie del licenziamento i tratti di un negozio giuridico. Ciò significa che l’efficacia dell’atto del datore di lavoro è subordinata alla presenza di alcuni elementi di carattere sostanziale e procedurale, al di fuori dei quali, l’ordinamento reagisce tutelando il lavoratore licenziato e sanzionando il datore di lavoro.

In linea generale, l’atto di licenziamento, genericamente inteso,  deve rispettare dei requisiti sia formali che sostanziali.
→ Requisiti formali: il licenziamento deve essere intimato per iscritto e deve tassativamente contenere le motivazioni poste alla base del gesto. In mancanza di questa tipologia di elementi si è soliti parlare di un licenziamento viziato, perché inefficace.
→ Requisiti sostanziali: sono costituiti dai motivi  ammessi dall’ordinamento per poter legittimamente licenziare qualcuno. Pertanto, il licenziamento può essere realizzato nel rispetto della legge solo quando sia riconducibile ad una GIUSTA CAUSA o ad un GIUSTIFICATO MOTIVO  (oggettivo o soggettivo). Nel caso fossero assenti questi elementi si verrebbe a configurare – invece – l’ipotesi del licenziamento annullabile.

Nel corso delle prossime settimane si analizzeranno ad una ad una tutte le ipotesi di licenziamento e si cercheranno di comprendere le varie tutele che la legge appresta nei confronti del lavoratore.
Tuttavia, fermo quanto detto sinora, è bene segnalare come esistano anche delle limitatissime ipotesi in cui le stringenti regole appena esposte non trovano applicazione. E’ il caso del recesso ad nutum, che ci conferma come il principio della “libertà di licenziamento” non sia del tutto scomparso dal panorama normativo italiano. Si tratta di un’area ormai residuale e che interessa i dirigenti, i lavoratori in prova, i lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti pensionistici, gli atleti professionisti e i lavoratori domestici. Pertanto, nelle situazioni appena richiamate, non trovano applicazione tutti i requisiti sostanziali e formali (questi ultimi non del tutto) necessari per poter convalidare l’atto di licenziamento, che quindi resta sostanzialmente vincolato alle mere scelte di opportunità del datore di lavoro.

Edoardo Crespi

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