È entrato nella fase decisiva il processo che vede imputati Sonia Magaton, il marito Daniele Riviera e il figlio David, accusati dalla Procura di aver sfruttato la fragilità di un anziano di Riva Ligure per ottenere da lui denaro con una lunga sequenza di raggiri. Nella requisitoria conclusiva, il pubblico ministero Veronica Meglio ha chiesto pene pesanti: 9 anni e 6 mesi per Magaton, 6 anni per Riviera e 4 anni per il figlio.
Secondo l’accusa, la presunta vittima — un venditore di formaggi ormai in pensione — sarebbe stata progressivamente manipolata attraverso un meccanismo che, nella ricostruzione del pm, avrebbe alternato pressioni psicologiche, falsi pretesti e personaggi inventati. Il rapporto tra l'uomo e la famiglia Riviera-Magaton sarebbe iniziato nel 2016, dopo un incontro casuale su un mercato, e avrebbe preso la forma di una collaborazione commerciale per l’acquisto di formaggi da un fornitore sardo. I primi scambi, sempre secondo la Procura, andarono a buon fine. Poi, dopo un terzo ordine mai consegnato, la vicenda avrebbe preso una deriva del tutto diversa: l’anziano sarebbe stato convinto che per recuperare il denaro fosse necessario affrontare una serie di spese legali. Da qui la creazione, attribuita all’imputata, di una fantomatica avvocata che — tramite telefonate e richieste continue — avrebbe sollecitato nuovi versamenti per inseguire processi e procedimenti giudiziari mai esistiti, tra Montecarlo, la Svizzera e l’Est Europa.
Secondo la Procura, l’uomo avrebbe prosciugato i suoi conti correnti e contratto prestiti per far fronte a quelle richieste, fino a vender due immobili di famiglia. “La parte offesa è una persona suggestionabile”, ha sostenuto il pm in aula, “e la linearità del suo racconto, unita ai riscontri oggettivi, dimostra che la ricostruzione è credibile”. La difesa: “Nessuna prova di versamenti agli imputati”. La versione della difesa è opposta. L’avvocato Luca Ritzu, che assiste tutti e tre gli imputati, ha contestato punto per punto la lettura della Procura, sostenendo che l’intero impianto accusatorio poggia su elementi “inattendibili e non verificati”.
“Non c’è alcuna prova che Magaton o i suoi familiari abbiano ricevuto denaro dalla presunta vittima”, ha dichiarato Ritzu al termine della sua arringa. Il legale ha prodotto documentazione bancaria con cui sostiene di dimostrare che l’uomo effettuava prelievi consistenti già dal 2015, “ben prima dell’incontro con la mia assistita”, e per ragioni che — a suo dire — nulla avrebbero a che fare con i tre imputati. L’avvocato ha definito la ricostruzione della parte offesa “priva di logica” e ha chiesto l’assoluzione piena per tutti. “Ho chiesto assoluzione per ciascuno degli imputati — ha ribadito — perché la narrazione della persona offesa non regge e non è supportata da elementi concreti”.
Verso il verdetto. Il processo si avvia ora alla conclusione. La prossima udienza è fissata per il 17 dicembre, quando sono previste le repliche del pubblico ministero e della difesa, seguite dalla sentenza. Una decisione molto attesa, che dovrà sciogliere un caso complesso, in cui la Procura descrive una lunga e articolata attività di raggiro, mentre la difesa parla di un uomo indebitato e senza alcun collegamento economico con gli imputati.
(Nelle foto gli arresti del 16 giugno del 2021)















































