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Economia | 22 ottobre 2024, 07:00

Emily Katherine Dawson: abbiamo bisogno di più donne nello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale

Intervista esclusiva alla giornalista texana che ha conquistato il suo pubblico parlando di etica e inclusione, ma soprattutto del ruolo delle donne per l’Intelligenza Artificiale

Emily Katherine Dawson: abbiamo bisogno di più donne nello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale

In un mondo sempre più digitalizzato e guidato dall’IA, Emily Katherine Dawson sta calcando i palcoscenici più importanti del settore tecnologico per raccontare la storia e l’evoluzione di questa tecnologia. Non abbiamo resistito a fare una video intervista con lei, giornalista informatica e autrice di ben 3 libri che analizzano lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale in ogni sua prospettiva.

Emily si è laureata in Texas e ci ha risposto virtualmente da Austin, dove è nata e ha studiato. Nel 2015 ha iniziato a scrivere di start up e di ultime innovazioni digitali sul suo blog ekdawson.com e oggi è presente su tutte le piattaforme social per interagire con il suo vasto pubblico di utenti.

Abbiamo focalizzato la discussione sul ruolo delle donne nella tecnologia, approfondendo le sfide etiche dell’IA e le previsioni del nostro futuro digitale.

Buongiorno Emily, grazie per la disponibilità. Nei tuoi articoli e libri parli spesso di inclusività e IA: come percepisci la presenza delle donne nello sviluppo di questa tecnologia?

Salve, grazie a voi per l’intervista. Purtroppo, attualmente siamo ancora lontani dall'equilibrio inclusivo, perché le donne sono poco rappresentante a livello professionale non solo nel settore tecnologico. Questo è un problema grande da risolvere, perché i bias di genere potrebbero falsare direttamente i software che usiamo quotidianamente: abbiamo bisogno di più donne nello sviluppo dell’IA.

Pensi che ci sia bisogno di azioni politiche specifiche per cambiare la situazione?

Cogli nel segno con questa domanda, c’è bisogno di programmi di mentoring, bisogna incentivare le assunzioni e il ruolo della donna nel settore tecnologico, ma soprattutto, è necessario andare oltre l’assunzione delle programmatrici. Mi spiego, servono anche altre figure, come donne che effettuino analisi etiche, ricerche e anche nella comunicazione scientifica. L’IA non è semplicemente un codice algoritmico, è un linguaggio: di conseguenza a livello culturale e antropologico non può prescindere dalle donne.

Dei tuoi tre libri dedicati alla storia e allo sviluppo dell’IA, qual è il tema che senti più tuo?

Tutti gli argomenti per me sono allo stesso livello, ci ho dedicato gli ultimi 10 anni della mia vita, ma l’etica tecnologica in particolare è sicuramente il tema che sento più a cuore. Nel mio secondo libro ho cercato di spiegare nella maniera più semplice possibile come regolare lo sviluppo dell’IA, prima che sia troppo tardi. Non a caso quest’opera si intitola El futuro de la IA: Éxitos, desafíos y dilemas éticos, che tradotto significa: Il futuro dell’IA, successi, sviluppo e dilemmi etici.

Qual è il nostro compito come utenti e soprattutto come cittadini nei confronti dello sviluppo dell’IA?

A mio modesto parere, credo che non dobbiamo mai smettere di essere curiosi, leggere tanto, informarci sulle ultime novità. Usare le nuove tecnologie ma allo stesso tempo capire tutti i meccanismi, cosa che io faccio sui miei canali social come Tik Tok, X, Instagram, Facebook e sul mio blog, in cui cerco sempre di spiegare anche le tecnologie più complesse con parole semplici.

L’IA fa funzionare qualsiasi cosa, secondo te dobbiamo iniziare a preoccuparci?

(Ride, ndr) Questa è una domanda che mi fanno spesso, secondo me dobbiamo soltanto preoccuparci della nostra consapevolezza culturale, perché l’IA è uno strumento e come tale il rischio maggiore è l’uso sconsiderato, che la trasforma in automazione cieca. Ecco perché, adesso mi ricollego alla domanda di prima, c’è bisogno anche di donne nello sviluppo dell’IA alla pari degli uomini, così come c’è bisogno di un’evoluzione digitale che tenga presente sempre l’evoluzione culturale degli esseri umani.

Quindi ci colleghiamo di nuovo al tema etico: cosa ti preoccupa delle nuove generazioni rispetto alla loro educazione?

Certo, come vedi non è possibile slegare l’IA da determinati argomenti come l’inclusione e l’etica. Quello che mi preoccupa di più dell’educazione delle generazioni future, è che crescano senza sapere cosa si cela dietro la digitalizzazione, per questo è fondamentale, a mio parere, insegnare l’uso e il funzionamento della tecnologia sin dalle scuole primarie.

Quali sono i tuoi sogni e le aspettative per il futuro?

Il mio sogno è quello di terminare il ponte che ho iniziato a costruire tra le nuove tecnologie e il mio pubblico, riuscire a spiegare tutte le prospettive dell’IA con un linguaggio semplice, in modo da poter vedere ragazze sempre più coraggiose affacciarsi professionalmente all’informatica, così come ho fatto io.  Oggi più che mai, servono approcci multidisciplinari e l'IA deve continuare il suo sviluppo ma bisogna lavorare con umanità. Come dico sempre: è la nostra coscienza a determinare la tecnologia. La mia speranza per il futuro è quella di costruire insieme un mondo migliore, anche attraverso l’IA.

Emily ci saluta con un sorriso, mentre noi osserviamo il suo ufficio, dove risaltano i numerosi libri che legge, una marea di IoT e anche una tazza con la scritta: Teach AI kindness. Questa frase riassume perfettamente la sua visione in modo ironico: insegnare la gentilezza all’intelligenza artificiale, rendendola uno strumento inclusivo al servizio dell’essere umano e non il contrario.








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