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Economia | 23 luglio 2021, 10:44

Pneumatici usati, indagine CNA: i gommisti denunciano tempi lunghi per la raccolta e problemi nella gestione dei depositi temporanei

“Servono regole chiare e controlli lungo tutta la filiera”

Pneumatici usati, indagine CNA: i gommisti denunciano tempi lunghi per la raccolta e problemi nella gestione dei depositi temporanei

Non c’è pace per i gommisti. Nonostante i provvedimenti emergenziali emanati dal Ministero della Transizione ecologica a fine 2020, le officine continuano a lamentare piazzali pieni di pneumatici usati, attese nei ritiri molto lunghe e problemi nella gestione dei depositi temporanei. 

Lo rileva una indagine realizzata dalla CNA tra circa mille operatori del settore per fotografare una situazione insostenibile che da molti anni la Confederazione denuncia in tutte le sedi istituzionali. 

A cambio di stagione finito, attualmente i piazzali sono tanto pieni da richiedere con urgenza un intervento straordinario - dichiara Rocco Cardoville, Presidente territoriale dell’Unione Servizi alla Comunità CNA Imperia - il 92% del campione analizzato sull’intero territorio nazionale (e la percentuale non si discosta della situazione locale) lamenta insostenibili difficoltà e ritardi nella raccolta, con tempi di attesa molto più lunghi dei previsti al momento della richiesta dell’intervento. Addirittura, per un’impresa su cinque il ritardo supera i quattro mesi”.

I dati confermano il sostanziale duopolio dei consorzi Ecopneus ed Ecotyre nella raccolta. I due consorzi, punto di riferimento principale dei gommisti, esauriscono rapidamente le quote che devono raccogliere in base all’obbligo legislativo.  Oltre ai ritardi nella raccolta degli pneumatici fuori uso (Pfu), segnalati dal 30% circa delle imprese, dalla indagine emergono notevoli difformità tra le quantità consegnate dalle imprese e le quantità indicate nella documentazione dei raccoglitori. 

La dimensione del problema, soprattutto sul fronte dei ritardi nella raccolta, crea disagi notevoli all’ambiente e alle imprese, che vedono i propri spazi esaurirsi e rischiano di essere sanzionate per colpe non proprie – continua Cardoville - l’unica soluzione percorribile per affrontare l’emergenza, è che i sistemi collettivi di raccolta si facciano carico di tutti i quantitativi di Pfu attualmente a terra. Ovviamente sarà necessario individuare le misure compensative per sostenere i costi di questa operazione”. 

E conclude, “È necessario prendere atto che anche le recenti modifiche apportate alla norma non sono servite a risolvere gli annosi problemi del settore, rimasti tutti sul tappeto. Servono pertanto regole chiare e controlli lungo tutta la filiera: dal produttore all’installatore fino ad arrivare a chi si occupa della raccolta, dai consorzi alla rete dei raccoglitori di cui il consorzio si avvale”.

C.S.

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