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| 11 gennaio 2013, 16:56

“Le mafie sono in casa nostra”. Ampia intervista del Letimbro a Christian Abbondanza

Il giornale della Curia dedica oggi la prima e la terza pagina a una intervista al Presidente della Casa della legalità Christian Abbondanza: “I mezzi per contrastare l’illegalità ci sono, basta usarli. Basterebbe che negli appalti gli enti pubblici chiedessero alle Prefetture l’informativa antimafia”

“Le mafie sono in casa nostra”. Ampia intervista del Letimbro a Christian Abbondanza

Il giornale della Curia dedica la prima pagina e la terza a una intervista del giornalista Marco Calleri al Presidente della Casa della legalità Christian Abbondanza: “L’obiettivo dell’Associazione è quello di fornire supporto a chi ha deciso di denunciare le attività illegali delle potenti famiglie che operano sul territorio. Bisogna però evitare che chi si espone in prima persona sia lasciato solo e diventi così un facile bersaglio…”. Ed è proprio quello che sta succedendo ad Abbondanza, che secondo fonti riservate sta rischiando la vita per le sue denuncie (mai generiche, come spesso si usa nell’antimafia, ma sempre precise: nomi, cognomi, fatti, documenti, rapporti della DIA, ecc), e per questo motivo si è creato un ampio schieramento della società civile che chiede per lui la scorta, tra cui anche “Libera” che da anni si occupa di lotta alla criminalità mafiosa.

La Casa della Legalità funge anche da vero e proprio osservatorio sulle mafie e sulle relazioni pericolose che con esse possono intrattenere, a vario titolo, pubbliche amministrazioni e la società civile. Un’attività meritoria che, però, non ha mancato di suscitare polemiche e problemi. “Siamo stati spesso oggetto di tentativi di delegittimazione, per poi subire intimidazioni di vario genere- sostiene Abbondanza - riesumando il vecchio cliché che ‘la mafia c’è solo al Sud. Poi sono scattate le campagne diffamatorie e le denunce. Abbiamo dovuto persino abbandonare la sede in quanto troppo vulnerabile. Diamo parecchio fastidio e qualcuno vuole farcela pagare”.

La situazione in Liguria è dunque piuttosto grave, sebbene l’opinione pubblica non sempre ne sia pienamente consapevole. “La Liguria ha rappresentato la porta d’ingresso del crimine organizzato al Nord, grazie al vantaggioso mercato dell’imprenditoria a basso costo, partner ideale per certe pubbliche amministrazioni”.

Il pizzo non è più rappresentato dalla tradizionale busta con i soldi; ormai si tratta di raccomandazioni, assunzioni, appalti, omissioni nei controlli. Le mafie sono diventate imprenditrici, superando il concetto di anti-Stato, anzi piegando lo Stato alle proprie regole ed esigenze. La disponibilità economica di queste organizzazioni è tale da consentir loro di operare su più fronti con disinvoltura e praticamente senza concorrenza”.

“Siamo indietro di decenni, ma è comprensibile - rincara - al Nord la malavita fa leva non solo sulla paura, ma sull’opportunismo e sul vantaggio economico, due fattori molto più difficili da superare per raggiungere la legalità”.

 

Tuttavia c’è spazio per uno spiraglio di ottimismo. “Le indagini del procuratore capo di Savona Granero stanno iniziando a dare i loro frutti, interessando personaggi fino a poco tempo fa ritenuti intoccabili. Ma è la società che deve dare un contributo decisivo, coadiuvando i tutori della legge, anche con semplici segnalazioni” citando l’esortazione del giudice Antonino Caponnetto ‘siate sentinella di voi stessi’: “solo con un lavoro corale di sorveglianza è possibile scardinare il sistema diffuso di piccole e grandi illegalità. Una persona sola è un bersaglio, ma quando i bersagli diventano decine, centinaia o migliaia, non è più possibile né isolarli né metterli a tacere…”

 

(Il testo integrale dell’articolo de Il Letimbro lo trovi da oggi in edicola)

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