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Ventimiglia Vallecrosia Bordighera | 12 marzo 2016, 07:35

Il periodo di prova sul lavoro: tutto quello che c'è da sapere

Un importante istituto di grande attualità e forte interesse pratico è quello del periodo di prova svolto durante il rapporto di lavoro.

Il periodo di prova sul lavoro: tutto quello che c'è da sapere

Un importante istituto di grande attualità e forte interesse pratico è quello del periodo di prova svolto durante il rapporto di lavoro.

Il tema in questione è disciplinato dal Codice Civile all'articolo 2096 ed ha la caratteristica di essere un elemento accidentale del contratto.
Ciò significa che si tratta di uno strumento facoltativo, e che quindi un rapporto di lavoro potrà essere valido anche se privo della clausola di prova: in questo caso,  il vincolo sarà definitivo già a partire dalla data di assunzione.
Di norma non esistono differenze di trattamento tra le condizioni lavorative di un soggetto durante il suo periodo di prova e quelle successive, cioè quando l’ assunzione diventa definitiva( ad esempio in tema di orari, retribuzione, mansioni).
Tuttavia, durante questo tempo, entrambe le parti (tanto il datore di lavoro, quanto il lavoratore) hanno la facoltà di:
· interrompere il contratto in qualsiasi momento
· deciderlo senza preavviso
· procedere senza fornire alcuna motivazione sulle ragioni del proprio recesso.

Per completezza, va però precisato che il Codice Civile consente anche l’indicazione di un tempo minimo necessario della prova, che impedisce l’esercizio delle libertà appena esposte, per l’eventuale periodo che si è indicato.
Ad ogni modo, la presenza di un simile strumento nel nostro ordinamento viene incentivata dalla sua utilità per i soggetti coinvolti di poter “assaggiare” e valutare le condizioni generali di lavoro. E' facile intuire che sia l'imprenditore a trarre i maggiori benefici, infatti può sostanzialmente licenziare un lavoratore in modo discrezionale. Tuttavia quanto appena detto non è sempre vero: ad esempio, un lavoratore altamente specializzato potrebbe essere invece interessato a potersi liberare, rapidamente e senza troppi vincoli, di un posto di lavoro considerato non all'altezza delle proprie aspettative.

Comunque, in linea generale, l'interesse dei sindacati è rivolto a garantire la stabilità del rapporto di lavoro cercando di ridurre il più possibile questa rischiosa condizione di incertezza per il lavoratore. In proposito, per quanto riguarda la durata specifica dell’oggetto della nostra analisi, la legge rimanda ai singoli contenuti della contrattazione collettiva (quindi per conoscere il periodo massimo per cui possiamo essere sottoposti alla prova, sarà utile consultare, nell'apposita sezione, il contratto collettivo che si applica alla nostra categoria).
In generale possiamo comunque individuare in modo indiretto un limite assoluto alla durata della clausola di prova. Infatti la legge n.604/1966 che disciplina le condizioni dei licenziamenti individuali, determina che ogni tipo di lavoratore viene considerato “stabile” quando passino sei mesi dalla sua assunzione, indipendentemente da eventuali e diverse indicazioni contenute nei contratti.

Inoltre, vista la delicatezza del tema, per evitare possibili abusi o elusioni della legge, si impone che la clausola di prova debba essere sempre indicata per iscritto, a pena della sua nullità, con la diretta conseguenza che il rapporto di lavoro, in difetto, si considererà definitivo sin dall'inizio! (Forma scritta ad substantiam). Inoltre la stessa pattuizione in esame deve essere sottoscritta da entrambe le parti prima dell'inizio del rapporto di lavoro, o al più contestualmente. Nel caso di esito positivo della prova, il tempo che è trascorso diventerà parte integrante del rapporto di lavoro, con la conseguenza che tutto quello che si è maturato (dall'anzianità, alle ferie, al t.f.r.) verrà attribuito al lavoratore come se si fosse trattato di un unico periodo. Un altro elemento fondamentale è costituito dall'obbligo comune delle parti, in questa fase, di consentire il corretto svolgimento della prova, col preciso scopo di osservare la reale compatibilità del soggetto con la posizione da rivestire. A tal fine è necessario che le mansioni oggetto della prova (cioè le stesse che il lavoratore svolgerà a seguito dell'assunzione definitiva) siano puntualmente indicate e descritte (spesso si considera sufficiente richiamare la declaratoria[1] del CCNL)
Ovviamente, nel caso in cui al lavoratore sia richiesto di svolgere compiti diversi rispetto a quelli assegnati dal contratto, nell’ipotesi di licenziamento sarà possibile per lui rivolgersi al giudice per farne valere l'invalidità ( proprio perché la valutazione si è basata su dei parametri diversi da quelli che si erano concordati!).
Quello appena descritto è uno dei pochissimi casi in cui si può impugnare un licenziamento durante il periodo di prova (un'altra eccezione è quella dei lavoratori disabili), anche se spetterà al lavoratore l'onere di dimostrare al giudice che il “test” delle sue competenze si è svolto a condizioni diverse da quelle previste dal contratto.

Infine grazie ad una sentenza della Corte Costituzionale del 1980 (n.189), in ragione della parità di trattamento da garantire a tutti i lavoratori, anche i soggetti licenziati per l'esito negativo della prova hanno diritto di ricevere le quote di T.F.R. e dell'indennità sostitutiva delle ferie (non godute) maturate durante il periodo in cui hanno prestato il loro lavoro.

[1] La declaratoria sintetizza in modo puntale e dettagliato le principali mansioni che saranno svolte dal lavoratore in concreto, rispetto a tutte le posizioni contenute nel contratto collettivo.

Edoardo Crespi

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