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Attualità | 15 dicembre 2018, 07:11

Sanremo: donne e uomini dimenticati, viaggio tra gli ‘invisibili’ della stazione “La mattina cosa mi alzo a fare? Lavorare non posso, vivere nemmeno…” (Foto)

“Non chiediamo molto, ma solo che ci venga data una piccola mano, un posto al caldo in cui dormire. Siamo invisibili, in condizioni instabili e con poco cibo”.

Storie di donne e uomini alla stazione di Sanremo

Storie di donne e uomini alla stazione di Sanremo

Sono una piccola comunità, composta da una decina di persone di ogni età e che ha sempre lavorato, quella che trova casa da molto tempo all'esterno della stazione ferroviaria di Sanremo.

Ci sono Samantha Martina, che col compagno malato e l’amico a quattro zampe passano le giornate e dormono al di fuori della stazione, che il tempo sia bello o sia brutto, che fuori piova o il cielo sia limpido: “Vivo qui col mio compagno malato, obbligato a prendere quattro pastiglie al giorno. Noi tutti dormiamo qui, fuori dalla stazione. Siamo una piccola comunità che ha sempre lavorato nella vita e chiediamo solo una piccola mano, un posto dove dormire e coprirci”.

Pietro Mascarella, 81 anni compiuti, con un passato da militare e il ricordo degli anni della seconda Guerra Mondiale sul campo. Percepì per qualche tempo la pensione, che sembrava dovesse passare a vita, finché un giorno non gli fu tolta.“Ho passato molto tempo in ospedale, e una delle ultime volte - racconta Pietro - è stata nel 2008. Ho passato 107 giorni in ospedale dopo un’operazione al cuore in cui mi hanno cambiato le coronarie e pulita la vena orta. Sono stato col cuore fermo per cinque ore. Di Sanremo - conclude Pietro - apprezzo solo il clima, che mi dà una grossa mano al cuore”. Al momento Pietro vive per strada con una bronchite cronica e senza i soldi per potersi permettere dei medicinali.

C’è Salvatore Sanna, che racconta un episodio accaduto un giorno alla mensa: “Un giorno andai con un amico alla mensa, per mangiare qualcosa di caldo, ma non ci accettarono. Lui era po’ bevuto, è vero, ma non creò alcun tipo di problema. Non accettarono il cartellino quel giorno, così non mangiammo”. Ma non solo. Sempre Salvatore, racconta della situazione grave in cui si trova, diviso tra l’accudire la compagna con un grave handicap che non le permette di autogestirsi, e che ogni mattino alle 10 va a trovare, e l’occuparsi dei suoi amici senza tetto.

“La mia casa è stata occupata da nordafricani, in zona Borgo - racconta Salvatore - è registrata. L’altro giorno sono andato, ma sono stato minacciato di andare via. Ho i certificati. Dormo dalla mia donna e mi divido tra lei e i miei amici qui. Stanno veramente male, non possono stare qui. Ho 64 anni, ero un tecnico. Sono stato anche a Berlino e lì ho visto l'umanità, non ho visto nessuno per strada”.

E c’è Alessandro, in compagnia dei suoi amici a quattro zampe e della sua compagna gravemente ammalata, ma al momento in cura all'ospedale. “Sono arrabbiatissimo - dichiara Alessandro - non ci aiuta nessuno. Sono tre anni che chiedo di essere ascoltato, ho perso il lavoro, la casa e gli assistenti sociali mi hanno detto che non possono aiutarmi. Recentemente hanno anche diagnosticato un cancro alla mia compagnia, al momento in cura all’ospedale”.

Sono molti i disagi che questo gruppetto vive ogni giorno, alcuni dei quali sono frutto del comportamento che le persone hanno nei loro confronti. Non di rado si ritrovano a subire l’inciviltà altrui, come ritrovare i bisogni umani nelle scale, in cui spesso Alessandro e i suoi amici si rifugiano, che portano al parcheggio sotterraneo della stazione ferroviaria.

“Non chiediamo molto, ma solo che ci venga data una piccola mano, un posto al caldo in cui dormire. Siamo invisibili, in condizioni instabili e con poco cibo. Ogni tanto qualcuno ci dà una mano, ma si tratta sempre di persone normali, che fanno il possibile”, queste sono le parole di chi condivide una realtà che troppo spesso rimane celata negli angoli delle città. 

“Essere un clochard - conclude Alessandro - è una scelta di vita. Ma non la nostra. Il nostro è uno stato in cui ci siamo ritrovati. La notte vado a dormire col cartone, o col sacco a pelo. Ma la mattina cosa mi alzo a fare? Lavorare non posso, vivere nemmeno…”.

Luca De Vincentiis

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