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Al Direttore | 18 maggio 2018, 13:50

Elezioni amministrative: lettera aperta dell’Opera Salesiana di Vallecrosia ai Candidati Sindaco di Vallecrosia e Bordighera

"Giovani e marginalità: non solo problemi di ordine pubblico, ma una vera emergenza educativa"

Elezioni amministrative: lettera aperta dell’Opera Salesiana di Vallecrosia ai Candidati Sindaco di Vallecrosia e Bordighera

L’Opera Salesiana di Vallecrosia invia una riflessione sui temi dell’accompagnamento e della prossimità educativa ai giovani che prende la forma di una lettera aperta rivolta ai Candidati Sindaco di Vallecrosia e Bordighera "Una riflessione che interpella in modo particolare coloro che si candidano all’amministrazione della città, ma che non può lasciare insensibile nessuno, in particolare gli amministratori dei comuni dell’intero territorio di ponente".

"Caro Candidato Sindaco!

Tra qualche giorno i cittadini dei comuni di Vallecrosia e Bordighera, saranno chiamati a esprimere il proprio voto, la propria preferenza. Scelta che sarà espressa sulla base del vostro progetto, della vostra visione di comunità cittadina!

Permettici allora di scriverti per esporre la nostra preoccupazione sul tema giovanile! È la nostra fissazione, è il motivo della nostra permanenza come Opera Salesiana da oltre 140 anni in questo territorio.

Le cronache degli ultimi giorni evidenziano, con la forza dei media, quanto sempre di più chi opera a contatto con i giovani sta notando nell’essere quotidianamente scrutatore del mondo giovanile. Ogni giorno vediamo un discreto numero di ragazzi che trascorrono il loro pomeriggio tra una panchina e una sigaretta o, peggio, uno spinello. È sempre più tangibile il senso di desolazione e svuotamento, di estraniazione dalla vita e di abbandono ai venti impetuosi del fortuito e del caso.

Crediamo che i dati sull’aumentare del consumo di droga nel territorio della provincia tra i giovani a partire dai 12 anni imperiese non possa farci stare tranquilli. Non è un fenomeno lontano da noi. È il fenomeno delle nostre strade, del nostro vicinato. Siamo una delle provincie in cui il consumo di sostanze ha una percentuale alta e l’età minima è bassa. Siamo un territorio in cui si chiude in maniera preventiva un locale fulcro della movida dei ragazzi, soprattutto i più giovani. Si tratta delle vicende di spaccio che usa i giovanissimi come “corrierini” al fine di garantire un lauto guadagno ad adulti. Sono i figli della nostra gente, figli di genitori che lavorano dal mattino alla sera per riempire loro la vita, per dar loro quelle possibilità che loro stessi non hanno avuto. Figli di persone che si sentono spesso impotenti e disarmati davanti al cambiamento travolgente che una “cattiva” compagnia agisce sul loro figlio, bambino, che da un momento all’altro diventa qualcosa d’altro, così diverso, così lontano. Giovani allettati con facili guadagni e giornate di sballo!

Queste vicende, come le vicende del “Kursaal” e del “Cavetu”, non rappresentano soltanto un problema di ordine pubblico a cui le forze dell’ordine tentano di dare risposta disponendo chiusure, arresti e sequestri.

C’è un problema di ordine educativo! Un problema che rende possibile queste situazioni! Un problema che deve essere analizzato ed a cui si deve tentare di dare risposta! Quali azioni possiamo promuovere, in campo educativo per rispondere a queste esigenze forti che si concretizzano sotto i nostri occhi increduli, indignati, distratti? Chi può dare risposta alla nostra domanda, chi può vedere oltre quella patina opaca che ricopre questi bambini/ragazzi, chi può vedere tutta la possibilità che essi sono? Perché loro non sono solo il caso sociale da seguire che ci crea problemi e ci irrita nel suo modo d’essere.

Crediamo che come candidato amministratore non puoi accontentarti delle facili risposte che addossano semplicemente la responsabilità alle famiglie di origine: “Di chi sono figli, questi ragazzi?” La risposta semplicistica e salva-sonno propone la genitorialità biologica. Sono figli delle loro famiglie, spaccate, ricostruite, in sofferenza.

Oppure addossare la “colpa” di una vita in via di sgretolamento al cattivo lavoro di enti terzi: la scuola, le forze dell’ordine, le precedenti amministrazioni, la chiesa, l’oratorio, le altre famiglie.

Queste risposte semplici, scusateci, ma non ci possono bastare! Perché è così che si generano “figli di nessuno”. Figli dell’ipocrisia del non sono affare mio, figli della faciloneria del son tutti bulli, figli del tornaconto di adulti che li sfruttano!

Come candidato sindaco sei condannato alla riflessione, alla proposta ed al buon esempio: non puoi concederti il miope lusso, la falsa comodità di dire come tanti, troppi adulti del nostro territorio: “non è colpa mia, non mi compete, che cosa potrei farci io?”, sedando così i barlumi di un’inquietudine, e rientrati in casa chiudere la porta trasformando così il proprio appartamento nel luogo sicuro in cui non far entrare nessun elemento di disturbo, nessun grattacapo che non tocchi da vicino… appartati in modo che la propria famiglia sia quel campo privato da proteggere con filo spinato e fossato.

Ci domandiamo, e ti domandiamo, quale risposta arriverà da questo territorio, da questa società, alla domanda sempre più urgente che viene gridata da questi ragazzi. Non pensiate a chissà quale stato di degrado, sono ragazzi comuni, con qualche possibilità in meno, forse. Attenti, possibilità non vuol dire solo possibilità economica. Spesso le possibilità che mancano sono quelle date dalle persone, sono quelle che possiamo dare noi.

La capacità di guardare un giovane come possibilità e non come problema deriva solo dalla frequentazione, dall’ascolto, dall’accompagnamento di ciascuno di loro lungo la loro vita. In oratorio ci proviamo, ma certamente non può bastare se il contesto di tutti i giorni si manifesta sordo e disinteressato.

Molti dicono che non si possono salvare tutti. Vero! Permetteteci di dire, però, che non ci possiamo, tuttavia concedere, di non aver tentato tutto per tutti.

Questi ragazzi sono figli di questo tempo e delle nostre azioni. Figli che hanno un disperato bisogno di sentirsi figli.

Figli di una società che si tira su le maniche e non ha timore di sporcarsi le mani con loro, per provare a distoglierli dalla noia di vita, insegnando, creando con e per loro percorsi professionalizzanti che portino alla piena realizzazione della propria vita.

Figli di famiglie che si aprono all’accoglienza non tanto nei loro spazi, ma nei loro cuori di questi ragazzi. Famiglie che sanno abbracciare con la loro genuina presenza tutta la sofferenza dell’incuria e sostenere percorsi di rieducazione. Famiglie amiche di famiglie che rompono le barricate e creano alleanze educative forti.

Figli di una scuola che non è concentrata solo sul rendimento e sul quieto vivere, ma si apre al territorio e fa rete per cercare quelle risorse tagliate, disperse. Una scuola che diventa seconda casa, accogliente e non mai escludente. Una scuola del “coraggio insieme, famiglia, docenti e alunni ce la possiamo fare”. Una scuola che toglie ogni barriera delle diversità ed offre infinite possibilità

Figli di un territorio che non si preoccupa più solo di turismo e commercio; che non classifica questi ragazzi solo come casi da archiviare; che spende le sue energie più belle per creare occasioni per questi giovani perché la parte più importante di un programma elettorale è l’economia-uomo e ci pare che questo concetto latiti nella totalità dei programmi delle liste in corsa nelle città di Vallecrosia e Bordighera.

Figli di ciascuno di noi che sappiamo dare valore al peso di una vita, che sappiamo togliere la corazza delle nostre sicurezze e accettare che quei figli non sono figli di chi, ma sono affare nostro, profondamente e indissolubilmente. E che non ci può essere pace a questo mondo finché mi fanno “ribrezzo” questi ragazzi e non mi so interrogare con sincerità sulle mie personalissime responsabilità.

Figli che si possono sentire veramente tali, senza dubitare. Figli che conoscono il calore di qualcuno che vuole loro bene e non si incagliano nei ruvidi scogli del pregiudizio, ma possono approdare con serenità al porto sicuro di un abbraccio.

Noi vogliamo provarci, fino in fondo; e ti chiediamo: tu come stai pensando a questi figli?

L’Opera Salesiana di Vallecrosia"

Redazione

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