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Al Direttore | 28 agosto 2016, 08:05

Madonna della Costa, la storia di una delle chiese più care ai Sanremaschi raccontata da Andrea Gandolfo

Il santuario, visibile anche a notevole distanza, è sempre stato, specialmente per i naviganti, un sicuro punto di riferimento, soprattutto sotto il profilo spirituale...

Madonna della Costa nel 1898 (archivio Moreschi)

Madonna della Costa nel 1898 (archivio Moreschi)

Essendo appena passata la solenne festività dell’Assunta, con la tradizionale investitura dei Consoli del Mare, lo storico Andrea Gandolfo invia una breve storico-artistica del Santuario della Madonna della Costa "una delle chiese più care ai Sanremaschi, e soprattutto ai nostri marinai, che si affidano da secoli alla protezione di Maria". Ecco il suo racconto delle vicende storico-artistiche del Santuario della Madonna della Costa:

"Il santuario, il luogo sacro più caro ai sanremesi insieme alla concattedrale di San Siro, domina tutta la città dal punto più panoramico e centrale di Sanremo. Il grande edificio, visibile anche a notevole distanza, è sempre stato, specialmente per i naviganti, un sicuro punto di riferimento, soprattutto sotto il profilo spirituale. Le origini dell’attuale santuario risalgono probabilmente al XIV secolo, quando, in seguito all’affrancamento della popolazione matuziana dal giogo feudale terminato nel 1361, alcuni fedeli locali particolarmente devoti alla Madonna si sarebbero fatti promotori dell’erezione di un primitivo oratorio dedicato alla Vergine Maria, al quale si recavano in processione in occasione della celebrazione annuale della festa delle Catene, che si sarebbe tenuta fino al 1824 per ricordare la fine dell’asservimento feudale della città e il suo passaggio sotto la sovranità genovese.

    Il sempre più numeroso concorso di fedeli, che raggiungevano il piccolo oratorio campestre soprattutto per venerare una sacra immagine della Madonna col Bambino, rese necessaria la celebrazione di una Messa all’interno dell’edificio sacro. Fu così che nel 1474 i fratelli Fabiani vi fondarono una cappellania, assumendosi cioè l’onere finanziario di istituire la residenza fissa di un cappellano nell’oratorio con l’obbligo di celebrarvi quotidianamente la Santa Messa. Lo storico avvenimento è ricordato in una lapide, apposta nella Sala dei Ricordi del santuario il 1° agosto 1950, nella quale sono citati i dati concernenti la fondazione della cappellania con i nomi dei promotori dell’iniziativa e gli estremi dei relativi atti notarili, la cui copia autentica venne gentilmente donata all’Archivio del santuario quello stesso giorno dall’avvocato Antonio Fabiani.

    Nel 1600, per esaudire un “voto” alla Vergine che lo aveva miracolosamente salvato dall’assalto dei corsari durante un naufragio, un marinaio sanremese versò uno scudo d’oro e aprì una sottoscrizione per la costruzione di un grandioso tempio sul sito del vecchio oratorio, che era diventato ormai fatiscente e di fatto insufficiente a contenere l’accresciuto numero dei fedeli, sia per la festa delle Catene, sia per quella dell’Assunta del 15 agosto e in altre ricorrenze religiose. Nonostante le enormi spese per l’erezione del santuario, nel 1630 l’edificio venne finalmente terminato, ad eccezione della grande cupola, che sarebbe stata terminata in stile michelangiolesco tra il 1770 e il 1775 su progetto dell’architetto onegliese Domenico Belmonte, grazie anche al finanziamento della nobile famiglia sanremese dei Borea d’Olmo. Il santuario venne solennemente consacrato il 1° novembre 1832 dal vescovo di Ventimiglia Giovanni Battista D’Albertis, poco più di un anno dopo il passaggio di Sanremo sotto la giurisdizione ecclesiastica della Diocesi intemelia.

    L’edificio sacro, situato alla sommità del colle della Pigna, è raggiunto da una rampa pedonale alberata da cipressi e ulivi, ancora interamente acciottolata in rissoli a colori bianco e nero con motivi geometrici e preceduta da una scalinata, che si stacca dalla rotabile per San Romolo, mentre nella zona sottostante il santuario è ubicata l’area già occupata dal castello della città, abbattuto dai Genovesi dopo i noti fatti rivoluzionari del 1753.

    Sullo sfondo della scalinata si stagliano alcuni piloni sui quali sono stati posti angeli in marmo recanti i simboli di Maria Vergine Immacolata. Gli angeli sono stati sicuramente realizzati da una bottega dell’area lombardo-genovese nel primo Seicento, e forse da uno scultore tipico del periodo come Leonardo Mirano (1577-1637). L’ampio sagrato presenta una caratteristica pavimentazione a mosaico di ciottoli arricchita da motivi decorativi. Tale opera, di stile prettamente ligure e nella quale spicca in modo particolare lo stemma di Genova, venne eseguita nel 1651, come si evince dalla data riportata sulla pavimentazione stessa. Su un muraglione sottostante il santuario si trova un’edicola con immagine della Madonna della Costa restaurata e riportata nella sua originaria posizione nel 1968 a cura della Famija Sanremasca.

    Il santuario, che misura internamente 37 metri in lunghezza, 17 metri nelle crociere e 9 in larghezza, con la cupola che raggiunge i 50 metri da terra, si presenta in leggere e aggraziate forme barocche, che ben si armonizzano con il paesaggio circostante. La facciata risulta rettilinea, si articola su due ordini di lesene, è conclusa da un frontone curvilineo e presenta due piccoli campanili ai lati, sovrastati da cupolini. Al centro si apre il grande portale marmoreo, dalla marcata impostazione classicista, incorniciato da due colonne con capitelli in marmo bianco, sormontato da un’edicola con la statua dell’Assunta, venerata da due angeli, mentre ai lati del portale sono incisi i rilievi marmorei di san Siro e di san Romolo. Nell’ordine superiore un’ampia finestra occlusa, contornata da fregi e decorazioni a stucco, contiene la scritta Sanctuarium.

    Tra il 1980 e il 1986 sono stati effettuati alcuni restauri che hanno riportato l’intero edificio all’originario splendore. Nel corso di questi interventi si è provveduto a rifare la copertura in rame della cupola e dei due cupolini laterali, tinteggiare la facciata, restaurare numerose opere d’arte presenti nella chiesa, consolidare parecchi stucchi pericolanti e sistemare in modo conveniente e funzionale gli impianti elettrici ubicati sia all’interno che all’esterno del fabbricato.

    L’interno vasto e maestoso ad unica aula rettangolare presenta una serie di cappelle trasversali a tutta altezza con pareti curvilinee di matrice settecentesca. Lo spazio risulta definito in particolare dalla grande cupola su alto tamburo, circolare all’interno e poligonale all’esterno, munita di ampie finestre.

    Nella zona presbiteriale si staglia l’artistico altare maggiore, realizzato a partire dal 1699 dal ticinese Gio Andrea Manni (1658-1723) in marmi policromi e porfido, che si trova in un ambiente circondato da quattro colonne a spirale in alabastro fulvo, alte 4,37 metri e donate al santuario nel 1728 da un abate della famiglia Borea d’Olmo. Pure la predella del suddetto altare costituisce un raffinato esempio di intarsio di marmi policromi a disegno geometrico.

    Al centro è collocato un gruppo statuario ligneo dello scultore genovese Anton Maria Maragliano (1664-1741), raffigurante san Giuseppe, san Gioacchino e sant’Anna, ritratti in venerazione del miracoloso dipinto ovale della Madonna con il Bambino, attorniato da statue di angioletti. A queste tre statue, eseguire nel 1735, seguirono, sempre ad opera del Maragliano, quelle di san Zaccaria e di santa Elisabetta, terminate nel 1737, e quelle di san Giovanni Battista e san Giovanni Evangelista, entrambe scolpite nel 1735 e anch’esse in legno.

    Il celebre dipinto ovale ad olio della Madonna della Costa, collocato al centro del gruppo ligneo del Maragliano, oggetto di una profonda venerazione da parte del popolo sanremese e già attribuito dalla tradizione popolare a san Luca, è in realtà un frammento di pala d’altare attribuito a fra’ Nicolò da Voltri (notizie 1385-1417) e datato al 1401. In origine le figure centrali erano affiancate dai santi Siro e Romolo, patroni della città, di cui si possono ancora intravedere parti dei vestiti, mentre negli angoli superiori due teste d’angelo sorreggono il drappeggio della Vergine, impreziosito da fili aurei applicati. Sull’aureola che circonda il capo della Madonna è riportata la scritta Ave Maria Virgo et Mater Dei. Il dipinto, il più antico conservato a Sanremo e sottoposto ad un accurato restauro nel 1951, misura 55 x 80 centimetri, ma è stato adattato al supporto ovale di dimensioni leggermente superiori (67 x 88 cm). L’opera rappresenta un magnifico esemplare della pittura italiana della fine del Trecento, tanto da distinguersi da tutti gli altri manufatti artistici di Sanremo per la sua fattura particolarmente delicata, ricercata e raffinata.

    Alla destra dell’altare maggiore è collocata una statua lignea del profeta Malachia, attribuita al Maragliano o alla sua scuola, mentre poco più avanti, sempre sulla destra, si trova un pregevole olio su tela raffigurante la Decollazione di san Giovanni Battista, forse realizzato da Giulio Cesare Procaccini (1574-1625), membro dell’omonima dinastia di pittori originari di Bologna e attivi tra il XVI e il XVII secolo. Sempre sulla destra si incontra poi un’altra statua lignea raffigurante il profeta Isaia, opera anch’essa del Maragliano o della sua scuola, così come la statua lignea del profeta Geremia, collocata sul lato sinistro della chiesa presso la porta principale.

    Salendo verso l’altare maggiore, sempre sul lato sinistro, si trova la tela della Madonna con il Bambino, circondata dal domenicano san Vincenzo Ferreri, da alcuni angioletti e da un nobile personaggio raccolto in preghiera. L’opera, realizzata da Domenico Fiasella, detto il Sarzana (1589-1669) e donata al Santuario nel 1846 dai marchesi Giuseppe e Francesco Carrega, proviene dalla chiesa genovese di San Domenico, che venne demolita nel XIX secolo per costruirvi al suo posto il Teatro Carlo Felice. Proseguendo verso l’altare maggiore è posta quindi la statua lignea del re e profeta Davide, attribuita anch’essa al Maragliano o alla sua scuola.

   Nella grande volta centrale, restaurata nel 1985, si possono ammirare alcune pitture eseguite in due fasi distinte nel corso dell’Ottocento, e precisamente le decorazioni architettoniche e floreali realizzate dal lombardo Siro Orsi nel 1843 e il medaglione centrale con la grande “M”, opera del 1890 dei pittori Malpelli e Marazzini. Addossati alle pareti di destra e di sinistra e appoggiati al pavimento, si trovano i caratteristici sedili o stalli lignei settecenteschi dei confratelli, che si riunivano periodicamente all’interno del santuario per pregare o partecipare alle sacre funzioni.

    La crociera sormontata dalla grandiosa cupola michelangiolesca risalta specialmente per le pitture che la ornano, nonché per i rosoni in stucco e oro zecchino. Nelle vele che collegano la parte inferiore con il cornicione del tamburo si stagliano i quattro evangelisti: san Marco, san Luca, raffigurato nell’atto di dipingere un quadro della Madonna secondo un’antica leggenda, san Giovanni e san Matteo. Queste pitture, assai raffinate ma di autore ignoto, sono state realizzate nella prima metà dell’Ottocento e infine restaurate nel 1984.

    Nel transetto a destra della crociera è collocato l’altare detto “dei Grimaldi”, proveniente dal monastero della Visitazione, che si trovava in piazza Colombo ed è stato demolito dopo la fine dell’ultimo conflitto mondiale. L’altare venne donato nel 1708 dal principe di Monaco Antonio I Grimaldi al convento della Visitazione di Sanremo, dove svolgeva le funzioni di badessa una sorella del principe stesso. Di notevole valore appaiono specialmente le due colonne a spirale di marmo nero valenziano minutamente screziato, che ornano l’altare, il quale reca in alto, nel centro, lo stemma a losanghe bianche e rosse dei Grimaldi di Monaco.

    La pala di quest’altare rappresenta la Visita di Maria a Santa Elisabetta, delicata opera del savonese Bartolomeo Guidobono (1654-1709) ed aiuti, mentre al di sopra dell’altare vi è un affresco, restaurato nel 1984, in cui è raffigurato un santo in gloria. Al posto della pala del Guidobono era stato collocato nel 1808 il celebre quadro del San Napoleone di Maurizio Carrega, poi rimosso nel 1815 (e attualmente conservato in una sala del Museo Civico) per essere sostituito dalla tela con San Filippo Neri morente, qui rimasta fino al 1952, anno del trasferimento nel santuario dell’altare odierno.

    Ai lati si innalzano quattro imponenti statue di gesso, che rappresentano Giuditta e Mosè, ambedue opere di Filippo Ghersi, la regina Ester, di autore ignoto, e il profeta Ezechiele, scolpita dal sanremese Domenico Carli. Nello stesso transetto di destra si trova inoltre un’opera lignea del Cinquecento di autore sconosciuto, raffigurante la Mater dolorosa con il Cristo morto.

    Nel transetto di sinistra si segnala in modo particolare l’altare in marmi policromi risalente al 1723 e sovrastato dal pregevole Crocifisso maraglianesco realizzato dal marmoraro Gaetano Solaro, già attivo pure nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Ai lati figurano due reliquiari in legno dorato dello scultore veneto Marco Bastianelli, che li realizzò nel 1874. L’altare del Crocifisso di Solaro è sovrastato da un affresco, eseguito da artista ignoto e restaurato anch’esso nel 1984, in cui è effigiato il Cristo risorto.

    Anche da questa parte, come da quella destra, sono poste quattro grandi statue in gesso raffiguranti Mosè, Giuditta, Ester e san Paolo, di cui le prime due furono realizzate da Filippo Ghersi, la terza da Domenico Carli e la quarta da autore ignoto. I personaggi di Mosè, Giuditta ed Ester sono dunque rappresentati nelle relative statue sia a destra che a sinistra della crociera, anche se appare chiaro come tali opere siano state evidentemente realizzate da autori diversi, oltre ad essere palesemente contrassegnate da differente valore artistico.

    Nel soffitto della volta è dipinto l’affresco rappresentante l’Assunzione di Maria, opera eseguita nel 1727 da Giacomo Antonio Boni (1688-1766), bolognese e allievo di Marcantonio Franceschini, il già ricordato autore della pala d’altare conservata nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Boni fu chiamato a Sanremo forse per suggerimento dell’abate Pietro Francesco Borea. Alla realizzazione del grande affresco della volta collaborarono con il Boni il quadraturista Pietro Revello e Gio Siro Ferrata, che eseguì nel 1727 i pregevoli stucchi dorati della zona presbiteriale.

    Sul lato destro di quest’ultima è collocato il dipinto su tela raffigurante Gli Apostoli visitano il sepolcro della Vergine, realizzato dallo stesso Boni nel 1731, mentre sul lato sinistro è sita un’altra tela con l’Assunta tra i santi Giacomo e Filippo, eseguita nel 1730 da Giovanni Odazzi (1663-1731), uno degli allievi del pittore Gio Batta Gaulli detto il Baciccio, che fu uno dei principali protagonisti della stagione barocca a Roma. Per delimitare l’area del presbiterio, il 3 agosto 1896 vi fu posta un’artistica balaustra in marmo e alabastro orientale fulvo pallido realizzata a Pietrasanta da Domenico Carli, mentre il relativo cancello in ferro battuto venne fatto eseguire a Milano nel 1898 su disegno del conte Oldofredi e qui collocato nel marzo del 1899.

    Sopra la porta d’ingresso è collocato infine il grande organo a canne con la relativa tribuna. La sua realizzazione venne affidata il 9 novembre 1838 al professore Antonio Buzzoni, che consegnò il nuovo organo in occasione della festa dell’Assunta del 1839. Notevole la cassa lignea della metà del Settecento abbellita da un elegante gioco di colori e arricchita da un artistico ornato, anch’esso in legno, nel quale sono effigiate alcune figure angeliche intorno ad uno scudo araldico, al centro del quale si staglia una grande lettera “M”, iniziale che sta naturalmente per “Maria”.

    Dopo l’approvazione di un primo intervento di restauro il 3 giugno 1860, lo strumento venne restaurato verso la fine del XIX secolo a cura dell’organaro Giovanni Mentasti. Nei primi anni del Novecento furono eseguiti altri interventi, mentre nel 1936 un certo Sacchetto di Imperia mise mano ad un ulteriore restauro. Nel 1986 l’Amministrazione del Santuario affidò all’organaro Silvio Chiara di Chieti l’incarico di smontare l’organo per constatare i danni causati da fulmini o altre intemperie, e riportare lo strumento alla originale composizione armonica; oltre al recupero dell’organo furono eseguiti anche diversi interventi miranti al consolidamento della tribuna.

    Il nuovo organo fu quindi presentato alla numerosa comunità dei fedeli della Madonna della Costa nel corso delle celebrazioni per la festa dell’Assunta del 15 agosto 1986, che riuscirono tra l’altro particolarmente imponenti per via della concomitanza con il decimo quindennio, la tradizionale processione votiva che si tiene ogni quindici anni dal 1835 in onore della Madonna, che aveva preservato la città da una gravissima epidemia di colera e la cui sacra effigie viene portata in processione lungo le strade di Sanremo.

Dott. Andrea Gandolfo - Sanremo".

Redazione

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