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Copertina | 20 luglio 2025, 00:00

Quando numeri e note si fondono: le due anime di Graziella Corrent

Commercialista e direttore di produzione di grandi eventi. Una vita per il Tenco e il legame con Morgia, tra ricordi e progetti

Se è vero che esiste un nesso tra numeri e note, un invisibile e misterioso filo che unisce la matematica alla musica, nel solco dell'antichissima teoria pitagorica, Graziella Corrent ne è una moderna ed esemplare incarnazione. Commercialista di professione e direttore di produzione per passione (diventata lavoro), dietro le quinte di molti eventi di ieri e oggi, soprattutto per il Club Tenco, di cui è pure (ovviamente) responsabile amministrativo, nonché a.d. della Fondazione creata un paio di anni fa per pilotarlo verso il futuro. La base è la stessa, immutabile: Sanremo. Da qui si diramano contatti e impegni nel mondo dello spettacolo, che, in decenni di attività, le hanno consentito di costruire - pezzo dopo pezzo - un invidiabile patrimonio di conoscenze artistiche e numeri di telefono. Sempre dividendosi tra bilanci, fatture e luci della ribalta. Una doppia anima che riesce a far convivere lasciandosi guidare dalla calma dei forti, quella capacità di ascoltare e pesare le parole, dosare gli sguardi ed i sorrisi. Una “signora della musica” discreta ma determinata, mai davanti agli artisti ed a chi li sceglie, piuttosto di lato oppure due passi indietro ad offrire protezione, se necessaria. Il suo denso curriculum è un susseguirsi di esperienze che, alla sola lettura, sembra quasi di assaporare o rivivere.

Nata a Torino e “sbarcata” a Sanremo bambina, con la famiglia, di radici austro-ungariche. Perché questa scelta, al di là degli storici legami tra Piemonte e Liguria?

“Erano gli anni '60 e mio padre decise d'inseguire un sogno: diventare croupier. Ci è riuscito, ma il destino ha voluto che ciò avvenisse non al Casinò di Sanremo, bensì in Africa, dove all'epoca c'erano più possibilità di occupazione in quel settore. Noi restammo qui e lui dopo un paio di anni si stufò di quella vita, decidendo di fare tutt'altro. Tornando aprì una tintoria, la cui gestione passò poi a mia nonna. Perché papà scelse di cambiare ancora mestiere, inventandosi autotrasportatore: guidava camion carichi di fiori da consegnare in vari paesi europei. Erano gli anni del boom dell'export floricolo e lui era molto ricercato perché parlava cinque lingue”.

Lei studia e si diploma ragioniere. Nel contempo la musica si fa strada nella mente e nel cuore. La scintilla scocca proprio con il Tenco.

“Il mio fidanzato di allora, Andrea Salesi, mi propose di andare a cena dallo zio acquisito Pippo Barzizza (la figlia Isa è stata un'apprezzata attrice, ndr), il famoso compositore e direttore d'orchestra, nella villa in corso Mazzini eletta a domicilio nell'ultima parte della sua vita. Vi trovammo Amilcare Rambaldi con Paolo Conte. Amilcare ci propose di avvicinarci al Club per dare una mano all'organizzazione della Rassegna della canzone d'autore, che, in quelle prime edizioni, si svolgeva d'estate. Andavamo ancora a scuola, per me l'anno della maturità, e iniziammo così a collaborare durante le vacanze. Non abbiamo mai smesso, da quel 1981. Io che il Tenco l'avevo visto soltanto da spettatrice, ascoltando Guccini, Vecchioni, De Andrè, Lolli, vissi quel primo impatto come un bimbo che mette piede per la prima volta a Disneyland”.

Rambaldi aveva in tasca il diploma da ragioniere, come lei, ma viveva di floricoltura. E dopo la guerra, combattuta da partigiano, cominciò a sviluppare illuminazioni artistiche: sua la prima idea di un Festival della canzone italiana, poi portata avanti da altri, ed è a lui che si deve (più tardi) la nascita del Club Tenco e della Rassegna, da mezzo secolo stella polare del cantautorato. Quale ricordo ne conserva? E perché Sanremo si è dimenticata di un figlio così importante?

“Aveva un carattere spigoloso, mescolato però a una grande umanità. Che catturava e coinvolgeva. Meriterebbe l'intitolazione di un angolo di quella che era la sua amata città. Quando giro l'Italia per lavoro, vedo vie dedicate ad artisti come Fabrizio De André, Ivan Graziani e altri ancora. E qui niente, nella patria dei cantautori. Nemmeno un ricordo di Luigi Tenco, la cui morte è legata al Festival e da cui sono poi nati il Club e la Rassegna. Sanremo, purtroppo, dimentica facilmente”.

La sua vera svolta artistica arriva, però, quando incontra Pepi Morgia, nome d'arte tutto attaccato di Gian Luigi Maria Morgia, da Genova, istrionico regista e “mago” delle luci.

“L'ho conosciuto al Tenco, all'inizio degli anni '90. Arrivò con De Andrè, grande amico che seguiva professionalmente. Dopo qualche mese mi telefonò da Roma, dove collaborava con la Rai. Mi propose di occuparmi delle sue produzioni, a livello amministrativo e anche sul piano logistico. Accettai a condizione di non rinunciare alla mia attività a Sanremo. Il primo impegno, a distanza, è stato per un tour di Elton John. Non credevo che potesse diventare un altro lavoro, a tutti gli effetti. Grazie a lui ho potuto accumulare, nel tempo, un grande patrimonio di contatti e di esperienze”.

E nel 2003 costituite la società Capitanicoraggiosi, per assumere la direzione artistica del Comune di Sanremo, organizzando concerti, eventi collaterali al Festival e altre manifestazioni.

“E' stato un bel periodo. Riuscimmo a portare grandi nomi assieme a talenti poi diventati big internazionali, con budget abbastanza limitati. Sanremo si è dimenticata anche di Pepi”.

Lei no, tanto che nel 2016, per i primi cinque anni dalla sua morte, riuscì a mettere insieme una serata memorabile, “Oltre le luci”, a Pian di Nave, con nomi illustri della musica italiana che l'avevano conosciuto e lavorato con lui, a cominciare da Claudio Baglioni. Emiliano Morgia, il figlio, curò la regia assieme a Massimo Cotto, anche in veste di presentatore. Da allora, però, soltanto il silenzio.

“L'idea è maturata andando in giro per lavoro, da sola, dopo la sua scomparsa: molti avevano mantenuto sul telefono il suo contatto memorizzandolo come Graziella Pepi, perché di solito ero io a rispondere, e mi chiedevano di fare qualcosa per ricordarlo. Baglioni è stato il primo a rendersi disponibile, ed è nata quella bella serata di settembre. Mi commuovo sempre quando penso a lui: eravamo come fratelli. La prima telefonata al mattino era per me. E la sera si preoccupava che tornassi a casa senza problemi. Tantissimi i ricordi. Può sembrare strano, ma la creatura a cui teneva di più era il Festival internazionale delle arpe a Isolabona, al quale hanno partecipato arpisti di fama mondiale in un suggestivo contesto. Ho appreso molto anche da altri, in particolare Cotto che ci ha lasciato di recente e la cui cultura musicale era invidiabile (fra i molti ruoli svolti anche quelli di direttore artistico di SanremoLab, oggi Area Sanremo, e di autore del Festival condotto da Antonella Clerici, ndr), e da Roberto Coggiola, che è stato fra le anime del Tenco. Mi ritengo molto fortunata”.

Tornando alla Rassegna, si discute sul fatto che sia cambiata rispetto allo spirito impresso da Rambaldi. Basti pensare che ai primi cinque posti del Festival 2025 troviamo tre cantautori (Lucio Corsi, peraltro fresco vincitore di due Targhe Tenco, Brunori Sas e Simone Cristicchi), fatto impensabile soltanto un decennio fa.

“E' cambiato il mondo. E il Tenco non poteva restare a guardare. In questo senso la svolta è avvenuta nell'edizione 2021, intitolata Una canzone senza aggettivi. Quindi priva di steccati, preconcetti. Se le canzoni d'autore sono belle è giusto che possano andare in gara al Festival. Vecchioni ne è un esempio lampante, con la vittoria al Sanremo 2011, dopo essere stato protagonista al Tenco per moltissimi anni. Ricordo che noi portiamo avanti da tempo iniziative itineranti come Il Tenco ascolta, per offrire un palco a chi vuole farsi notare. Organizziamo una ventina di eventi l'anno e teniamo aperta la sede (nell'ex magazzino ferroviario della vecchia stazione) le mattine dal lunedì al sabato per visite gratuite. Abbiamo un archivio (curato dal marito Francesco Maccario, che accoglie pure i visitatori, ndr) con 20mila album di vari generi, rock e blues compresi, circa 2mila dischi 78 giri del periodo tra fine '800 e metà '900, altrettanti libri legati alla musica, anche 300 spartiti per tutti gli strumenti e 400 vignette firmate da grandi disegnatori come Bonvi, Manara, Staino, Pazienza. Perfino opere di Vincenzo Mollica”.

Come sono i rapporti con il Comune, che finanzia la Rassegna, pur nella variabilità dei contributi?

“Buoni. Siamo aperti alle collaborazioni con la città, come dimostra quella in atto da alcuni anni con la Sinfonica. E nella nostra sede ospitiamo anche iniziative di scuola/lavoro legate al liceo Cassini, specie per la sezione musicale. Quanto alla Rassegna, posso dire che costa circa 450 mila euro: quest'anno il Comune ha stanziato 110 mila euro lordi (90 mila netti), poi confidiamo nella Regione e nello storico sostegno Siae, oltre a quelli di Casinò, Tavolo del turismo e di vari sponsor. Ogni anno si parte quasi da zero, sperando di riuscire a far quadrare i conti, impresa tutt'altro che semplice. E lo special trasmesso dalla Rai, di solito qualche mese dopo, è di nostra produzione”.

Lei è anche responsabile dei rapporti istituzionali di Casa Sanremo, il grande contenitore al Palafiori che da 18 anni spicca fra gli eventi collaterali festivalieri, a cura del Gruppo Eventi guidato da Vincenzo Russolillo.

“E' stata di Pepi l'idea di far arrivare Russolillo a Sanremo, dopo averlo conosciuto per Cantine Italia, evento che era legato a Miss Italia. E fin da subito ho iniziato a collaborare per Casa Sanremo: mi ha permesso di arricchire le mie esperienze, sotto vari aspetti”.

A proposito di Festival, come ha vissuto la battaglia di carte bollate, ora sfociata nel negoziato Rai-Comune nella scia della manifestazione d'interesse?

“Rassicurata dal fatto che il sindaco Mager sia avvocato e dalla fine che hanno fatto eventi come Miss Italia e Castrocaro una volta spostati dalle loro sedi storiche. Non può esserci Festival senza Sanremo. E, se possibile, sarebbe bello che ad accordo raggiunto i contenuti fossero resi pubblici, noti a tutti. Lo dico come cittadina”.

Torna, ciclicamente, l'idea del Palafestival a scapito dell'Ariston. Qual è il suo pensiero, da addetta ai lavori?

“Se anche si riuscisse a realizzarlo, poi a cosa servirebbe nel resto dell'anno? E, soprattutto, come sarebbe possibile rendere la gestione sostenibile? L'Ariston è iconico e, a mio parere, può continuare ad accogliere il Festival ancora a lungo”.

Sembra quasi che l'appellativo città della musica abbia superato quello di città dei fiori.

“Sanremo lo merita, essendo casa di due grandi eventi musicali di fama mondiale. Perché anche il Tenco è molto conosciuto all'estero. Ed è forse più apprezzato nel resto d'Italia che qui. Basti pensare che ad oggi possiamo già contare sulla prenotazione di oltre 200 abbonamenti per la Rassegna 2025, in calendario all'Ariston dal 23 al 25 ottobre. Al buio, ancora prima di conoscere il programma, che sveleremo al momento opportuno. Tutta gente che arriva da altre regioni e si ferma in città per almeno tre pernottamenti negli alberghi”.

C'è un sogno, un progetto che vorrebbe realizzare dopo i tanti che ha seguito?

“Sì. E' un'idea che era venuta a Pepi: un Festival estivo dedicato alle tribute band più quotate”.

E come preferisce impiegare il poco tempo libero che le rimane?

“Banalmente rilassandomi in una Spa. E compiendo viaggi all'estero, perché l'Italia la giro abbastanza da tempo, con Il Tenco ascolta”.

Cosa scrive nel biglietto da visita: commercialista o direttore di produzione? O entrambe le attività?

“Nessuna delle due. Anime diverse che porto dentro di me. Perché, in fondo, la commercialista è indispensabile al direttore di produzione, che deve avere una visione globale del progetto, per non finire a bagno, come si dice da queste parti. Parecchie volte mi è capitato di andare in soccorso, su richiesta, di chi non aveva fatto bene i conti".

Un'ultima domanda: come s'immagina nel futuro?

“A seguire il Tenco da spettatrice, tranquillamente seduta in prima fila. Perché vorrebbe dire essere riusciti a far crescere al nostro interno una nuova generazione capace di traghettare Club e Rassegna verso i prossimi cinquant'anni”.

Gianni Micaletto

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