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Attualità | 02 agosto 2019, 11:43

Castelvittorio: visita alla chiesa matrice di Santo Stefano con lo storico Franco Bianchi (Foto)

Castelvittorio: visita alla chiesa matrice di Santo Stefano con lo storico Franco Bianchi (Foto)

Visita a Castelvittorio con lo storico Franco Bianchi, che ci ha rilasciato “E’ il campanile della chiesa matrice di Santo Stefano. Questo monolite imponente toglie spazio alla facciata della chiesa, relegata in un angolo della piazzetta e persino costretta a quasi nascondersi dietro una delle case che formano lo spazio. Del resto, lo spazio è tutto dedicato a lui, al campanile, che evidentemente non considera sufficiente quel piccolo rettangolo e rimedia lanciando la sua mole verso il cielo. Una mole possente sulla cui storia conosciamo poco, ma che non manca di meravigliarci in questo incastro tra spazi piccoli, strutture poderose, vertigini verso l’alto. Occorre guardarlo dunque con un po’ di attenzione. La parte che si sviluppa dal basso fino alla cella campanaria denuncia uno stile romanico quasi puro che i successivi rabbocchi e restauri non hanno intaccato. Su un lato si osserva un doppio spiovente come se, un tempo, vi si fosse addossata una costruzione poi demolita. La parte in alto è invece di gusto barocco e, purtroppo quasi invisibile, è sormontata da un cupolino rivestito di ceramiche policrome che giocano tra il verde, il giallo ed il rosso. Insomma vale la pena di rendere visita a questo monolite che, pur circondato da case, sembra offrirci un senso di solitudine assorta. D'altronde, tutto l’antico castel Dho, poi Castelfranco e, oggi, Castelvittorio merita una visita”.

Un’ultima annotazione, il famoso Mercalli, nella sua relazione sul distruttivo terremoto del 1887 scrive: “Il campanile isolato di fronte alla chiesa rimase illeso”. Al lato nord ovest del campanile non perdetevi l’architrave in pietra nera di una casa antica, purtroppo oggi in progressivo disfacimento, che rappresenta il trigramma di Cristo nella versione resa celebre da San Bernardino da Siena, circondato da due mostri del bestiario medioevale che sembrano un misto tra pesce, aquila, serpente, una forma locale del cupo ed arcinoto basilisco. In un angolo di Piazza XX Settembre, già di per sé luogo di fascino notevole, si trova un altro architrave che è particolarmente curioso. Si tratta di una lastra di pietra da cui sono tratti tre fiori, ciascuno con cinque petali e un volto cornuto. La fattura porta a pensare ad un’opera dei lapicidi di Cenova, particolarmente attivi in zona. Fin qui quello che potete vedere e di qui invece potete esercitare la vostra fantasia nel cercare di comprendere quale sia il significato che l’antico scalpellino ed il suo committente intendevano dare a questa raffigurazione. In assenza, fino ad oggi, di testi che spieghino la genesi di quest’opera, mi permetto, per gioco di fornire alcune possibili suggestioni. I fiori, innanzitutto, con i loro cinque petali, in questo contesto possono rimandare ad un pentacolo appena mascherato che rimanda ad un mondo stregonesco posto al crocevia tra un cristianesimo ancora acerbo in queste zone e antichi riti legati al mondo della foresta. Non dimentichiamoci che i fiori sono tre e che con la somma dei loro petali si ottiene il numero 15, la carta del diavolo, arcano maggiore nei tarocchi che, proprio in questo periodo storico, stanno prendendo piede. Per contro la rosa a cinque petali si può vedere spesso sui confessionali quale simbolo di riservatezza e silenzio. La stessa rosa è il simbolo dei Rosacroce, leggendario ordine segreto cristiano, e via fantasticando. Il diavolo è il simbolo del male ovviamente, ma, volendo, anche di una conoscenza che non si ferma davanti alle proibizioni o, per meglio dire e scomodando il libro della Genesi, il tentativo di fare a meno di Dio sentendo in sé il potere che può dare la conoscenza”.

C.F.

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