ELEZIONI COMUNE DI SANREMO
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Al Direttore | 23 aprile 2017, 10:11

Sanremo: caduta della Giunta Asquasciati nell’estate del 1959, un pezzo di storia della città raccontata da Andrea Gandolfo

Il periodo preso in considerazione, soprattutto sotto il profilo politico e amministrativo, è quello tra il giugno 1959 e il novembre 1960

Sanremo: caduta della Giunta Asquasciati nell’estate del 1959, un pezzo di storia della città raccontata da Andrea Gandolfo

"Egregio Signor Direttore,

credo che gli anni più vicini a noi della storia sanremese meritino di essere ulteriormente approfonditi, soprattutto in sede storiografica, con trattazioni accurate dal punto di vista scientifico, ma è anche vero come possa tornare utile fare alcuni brevi resoconti generali su taluni passaggi decisivi, come quello che vorrei proporLe con questo mio articolo dedicato alla caduta della Giunta Asquasciati nell’estate del 1959 e alle successive vicende dell’Amministrazione comunale matuziana, fino all’insediamento del sindaco Francesco Fusaro nell’autunno del 1960. Ecco quindi il mio racconto, a grandi linee, della storia della città dei fiori, soprattutto sotto il profilo politico e amministrativo, tra il giugno 1959 e il novembre 1960:

    Il Sindaco prof. Giovanni Asquasciati, che guidava ininterrottamente le sorti del Comune dal 5 giugno 1951, nel giugno del 1959 si era recato con una folta delegazione di concittadini, addirittura in treno speciale, ad Helsinore, la città danese patria di Amleto (dal febbraio 1953 gemellata con Sanremo), per partecipare ai festeggiamenti organizzati da quella città. In assenza del primo cittadino emergevano forti contrasti nella Giunta Municipale tra esponenti democristiani e quelli della lista Campanile, che, promossa dall’avvocato Bobba, nella tornata amministrativa del 1956, aveva ottenuto ben 9 consiglieri comunali. Sta di fatto che il 25 giugno 1959 tre assessori indipendenti: Carlo Bensa, Paride Goya e Angelo Trovati annunciavano le proprie dimissioni determinando di fatto la crisi dell’Amministrazione Comunale. I gruppi consiliari della minoranza (socialisti, comunisti e missini), approfittando dei dissensi emersi, si dichiaravano disponibili ad appoggiare una nuova giunta formata dai soli indipendenti, che escludesse del tutto la Democrazia Cristiana. I consiglieri del Campanile prontamente aderivano all’invito ed approvavano una nuova Giunta, designando quale nuovo sindaco l’avvocato Carlo Bensa, l’avv. Nino Bobba vicesindaco e assessore alla Floricoltura, il rag. Enrico Formaggini assessore alle Finanze, l’ing. Domenico Parodi ai Lavori Pubblici, con Adriano Morosetti al Turismo, l’ing. Paride Goya al Patrimonio e l’avv. Vincenzo Semeria al Contenzioso.

    Nel frattempo rientrava in sede il sindaco Asquasciati, che convocava il Consiglio Comunale per il 9 luglio per discutere la mozione di sfiducia presentata dai diversi gruppi consigliari. In apertura di seduta Giovanni Asquasciati comunicava di non avere alcuna intenzione di dimettersi. Messa ai voti, la mozione raccoglieva 21 voti favorevoli e 19 contrari. I ventuno consiglieri della nuova maggioranza chiedevano quindi al sindaco Asquasciati di convocare nuovamente il Consiglio comunale entro dieci giorni per discutere una serie di pratiche di natura amministrativa. Si scatenavano intanto in città le opposte fazioni con accuse reciproche di ineleggiblità di conglieri comunali e di gravi conflitti di interessi, appoggiate da furibonde campagne di stampa. Il 27 luglio si teneva una convulsa seduta del Consiglio comunale, durante la quale il sindaco abbandonava per protesta l’aula consiliare tra le vivaci rimostranze dei consiglieri a lui contrari. La mattina successiva i rappresentanti della nuova maggioranza venivano ricevuti dal prefetto di Imperia Vittorio Passananti. Il rappresentante del governo, preso atto di quanto gli era stato esposto, si augurava che si giungesse al più presto a una soluzione nell’interesse della città, attraverso contatti tra le due fazioni.

    Nel pomeriggio del 17 agosto il gruppo consiliare e il comitato comunale sanremese della Dc si riunivano nella sede del partito, dove, dopo aver ascoltato la relazione del senatore Zaccari, decidevano di invitare il sindaco Asquasciati e gli assessori ancora in carica a rassegnare le dimissioni nel Consiglio comunale del 20 agosto. In conseguenza di questa decisione, il sindaco inviò una lettera a tutti i consiglieri per informarli che essi avrebbero dovuto soltanto “prendere atto” delle loro dimissioni nell’imminente seduta dell’assemblea municipale. La sera del 20 agosto l’assise consiliare, di fronte a un folto e attento pubblico, affrontò quindi la questione delle dimissioni della Giunta Asquasciati.

    Prima di prendere la parola per annunciare ufficialmente la sua uscita di scena, il sindaco lesse un breve comunicato, in cui dichiarava: «Signori consiglieri, per tredici anni noi, uomini della Democrazia cristiana, abbiamo guidato la vita amministrativa di Sanremo con dedizione e con fedeltà ai principi propri dei nostri ideali. Mentre stavano maturando problemi gravi per le futuri sorti della Città e per il suo potenziamento, vari gruppi di consiglieri, uniti in blocco, hanno formato una maggioranza e, improvvisamente, nei primi giorni dello scorso luglio, con una mozione, ci hanno invitato a lasciare il nostro posto di responsabilità. Però, la presentazione della mozione e la breve, anzi brevissima, discussione, hanno seguito un metodo che noi abbiamo ritenuto lesivo del nostro onore e della nostra dignità… Con i metodi da voi seguiti noi siamo certi che i nostri ideali, al di là e al di sopra delle nostre persone, usciranno da questa e dalle prossime battaglie, ancor più rinvigoriti. Con questa fiducia, o meglio con questa certezza, noi rassegniamo le dimissioni dalle cariche ricoperte e, nella maggiore libertà, con serenità e fermezza, ci prepariamo alle battaglie che ci attendono nel vicino domani».

    Udite le dichiarazioni del sindaco, il senatore Anfossi, a nome della maggioranza, avrebbe commentato: «Questo è il suo testamento ed è falso; c’è una sola cosa da osservare ed è che lei avrebbe dovuto andarsene due mesi fa». Si passò quindi alla votazione della mozione di sfiducia, che passò con venti voti favorevoli, diciassette schede bianche e un astenuto. Dopo aver accettato le dimissioni del sindaco, il Consiglio accolse anche quelle dei cinque assessori democristiani rimasti in carica, sempre con venti voti a favore, diciassette bianche e un astenuto. Con tale risoluzione si aprì quindi formalmente la crisi dell’amministrazione municipale, tanto che già il successivo 27 agosto sarebbe stato convocato un altro consiglio comunale per procedere alla nomina del nuovo sindaco.

    Intanto, nel corso di un incontro svoltosi presso la Prefettura di Imperia, una commissione composta dal senatore Anfossi, dal ragionier Formaggini e dal dottor Remotti del Blocco nazionale, proponeva a Zaccari la costituzione di una giunta di concentrazione democratica, con quattro assessorati destinati ad esponenti democristiani, mentre gli altri quattro sarebbero spettati a rappresentanti della coalizione. Il sindaco avrebbe dovuto essere però un membro della nuova maggioranza, il che implicava, naturalmente, l’estromissione del primo cittadino uscente Giovanni Asquasciati. Ricevuta la proposta della commissione, nel pomeriggio del 26 agosto, alla vigilia della decisiva seduta del Consiglio che avrebbe nominato il nuovo sindaco matuziano, il segretario provinciale della Dc respingeva però cortesemente l’idea avanzata dai tre componenti della nuova maggioranza per risolvere la crisi.

    La sera del 29 agosto 1959 venne quindi eletto nuovo sindaco di Sanremo con ventuno voti favorevoli, contro diciassette andati all’ex sindaco Asquasciati, l’esponente socialdemocratico Secondo Anfossi, il quale, appena insediato, dichiarò: «Il programma della mia amministrazione sarà basato sull’onestà, per il rispetto della quale mi prodigherò fino in fondo». Dopo l’elezione del primo cittadino, il Consiglio comunale procedette alla designazione degli assessori effettivi e supplenti. Vennero eletti assessori effettivi: l’avvocato Nino Bobba, l’avvocato Carlo Bensa, l’ingegner Domenico Parodi, il ragionier Enrico Formaggini, l’ingegner Paride Goya, tutti del gruppo indipendente, e il dottor Adriano Morosetti, del Movimento Unitario di Iniziativa Socialista. Agostino Donzella del Psi e l’indipendente Angelo Trovati furono invece eletti assessori supplenti. Subito dopo il capogruppo della nuova maggioranza Vincenzo Semeria porse i suoi più fervidi saluti al neosindaco, a cui augurò di svolgere una proficua attività amministrativa nell’interesse esclusivo della città e dei suoi abitanti. Alle parole di Semeria si unirono quelle del capogruppo della Dc Francesco Fusaro, che, dopo aver fatto gli auguri di prammatica al neoeletto, volle richiamare l’attenzione di tutti i presenti sulla notevole opera svolta dal sindaco Asquasciati durante gli otto anni della sua amministrazione.

    Il nuovo sindaco di Sanremo era nato a Ventimiglia il 7 marzo 1875. Dopo aver frequentato il ginnasio nella città natale, era stato ammesso al Collegio nazionale di Genova grazie al conseguimento di una borsa di studio del lascito «Lanteri». Laureatosi in giurisprudenza presso l’Università di Genova nel 1898, cominciò subito dopo una brillante carriera come avvocato. Dopo essere stato eletto consigliere comunale a Taggia nel 1901, nel 1913 entrava a far parte del Consiglio provinciale, dove sarebbe rimasto, ricoprendo vari incarichi, fino al 1922. Dichiarato «vigilato» durante il ventennio fascista, sarebbe diventato uno dei più noti penalisti della provincia. Durante la seconda guerra mondiale venne imprigionato per ben cinque volte per una serie di delazioni di alcuni “amici”. Nelle elezioni politiche del 18 aprile 1948 veniva eletto al Senato, mentre, dal marzo 1946, era stato sempre eletto consigliere a Sanremo. Al momento della sua elezione a sindaco, Anfossi ricopriva inoltre la carica di presidente del Consiglio provinciale dell’Ordine degli avvocati di Imperia.

    La nuova giunta presieduta da Anfossi, in cui sarebbero confluiti anche gli indipendenti del Campanile, risultò formata dall’avvocato Carlo Bensa, in qualità di vicesindaco e assessore al Contenzioso, dall’avvocato Nino Bobba alla Floricoltura, dall’ingegner Domenico Parodi ai Lavori Pubblici, da Enrico Formaggini alle Finanze, dall’ingegner Paride Goya all’Edilizia Privata, da Angelo Trovati alla Polizia Urbana, da Adriano Morosetti al Turismo e dal socialista Agostino Donzella alla Sanità. I comunisti e i missini del Blocco nazionale, esclusi dalla giunta, sarebbero però entrati a far parte di uno speciale direttivo con funzioni solo consultive, che risultò formato, oltre che dal sindaco, dall’onorevole Ernesto Parodi per il Blocco nazionale, dal professor Giuseppe Bobone per il Psi, dall’avvocato Vincenzo Semeria per gli indipendenti e da Gino Napolitano per il Pci.

    Dopo nove mesi di amministrazione a guida socialdemocratica, durante i quali vennero inaugurati, tra gli altri, il nuovo mercato ortofrutticolo di Piazza Eroi Sanremesi e il monumento a Orazio Raimondo in Corso Salvo D’Acquisto, l’esperienza del sindaco Anfossi a Palazzo Nota si interruppe bruscamente con la morte improvvisa dello stesso esponente politico, il 5 giugno 1960. Due giorni dopo si sarebbero svolti, a Taggia, i solenni funerali dell’ex sindaco di Sanremo, alla presenza di numerose personalità locali e nazionali, tra cui il vicepresidente della Camera Paolo Rossi, gli onorevoli Amadeo e Viale, il presidente del Tribunale Bina, il procuratore di Sanremo Pazzi, il viceprefetto di Imperia La Rocca, il commissario capo di pubblica sicurezza Pirella e il vicesindaco di Sanremo Bensa. La salma di Anfossi venne infine tumulata nella tomba di famiglia del cimitero di Taggia.

    Pochi giorni dopo la scomparsa del sindaco di Sanremo, un altro grave lutto colpiva la nostra città: nella tarda mattinata del 23 giugno 1960 un collasso cardiaco stroncava, a soli trentasei anni, l’assessore Adriano Morosetti, che si era distinto in particolare per aver organizzato alcune tra le più riuscite manifestazioni della stagione estiva e invernale, oltre che per aver retto per molti anni le sorti della Sanremese. Sei giorni dopo la morte di Morosetti il prefetto di Imperia faceva sapere al Comune di aver annullato la delibera assunta pochi giorni prima dalla Giunta, con la quale era stata abrogata la convocazione del Consiglio precedentemente disposta per il 30 giugno e il 1° luglio 1960. Il prefetto invitò quindi l’avvocato Bensa, che reggeva in via provvisoria l’Amministrazione civica matuziana, a convocare immediatamente il Consiglio, mantenendo all’ordine del giorno gli argomenti in discussione, e cioè: sostituzione dei due consiglieri Anfossi e Morosetti, e nomina del nuovo sindaco. Il 30 giugno e il 1° luglio 1960 si riunì pertanto, come disposto dal prefetto, il Consiglio comunale.

    Nella prima seduta furono commemorati l’ex sindaco Anfossi e Morosetti. Nella seconda tornata, alquanto burrascosa e non priva di alcuni clamorosi colpi di scena, vennero mosse accuse di incompatibilità nei confronti di diversi consiglieri, molti dei quali abbandonarono l’aula per protesta, finché l’avvocato Bensa, verso l’una di notte, non aggiornò la seduta. Il 9 luglio il Consiglio comunale fu nuovamente convocato per procedere all’elezione del nuovo sindaco. Dopo aver osservato un minuto di silenzio in omaggio alle vittime degli scontri di piazza avvenuti a Reggio Emilia, Palermo e Catania per la contestata autorizzazione concessa al Movimento Sociale di tenere il proprio congresso a Genova, medaglia d’oro della Resistenza, l’assemblea municipale elesse sindaco il democristiano Francesco Fusaro, che ottenne ventun voti, contro i dieci andati all’avvocato Bensa e un solo voto raccolto dal signor Gualazzi. Nella seduta del Consiglio tenutasi il 28 luglio successivo fu quindi varata la nuova giunta, che risultò così formata: l’avvocato Francesco Viale, vicesindaco e assessore al Contenzioso, l’ingegner Domenico Parodi ai Lavori Pubblici; Igino De Mori al Turismo, Eraldo Cugge alle Finanze, il dottor Francesco Bronda all’Igiene, Giorgio Baldi alla Polizia Urbana, Carlo Usanna al Patrimonio e Giovanni Rossi alle Frazioni e Floricoltura.

    Dopo pochi mesi, caratterizzati peraltro da notevoli difficoltà per la giunta Fusaro, il 6 novembre 1960 si tennero le elezioni amministrative, che anche in provincia di Imperia avrebbero confermato il trend generale favorevole ai partiti di centro. In particolare, a Sanremo, gli indipendenti avrebbero subito un notevole calo, democristiani e liberali si sarebbero invece ulteriormente rafforzati, mentre i socialdemocratici avrebbero sostanzialmente mantenuto le loro posizioni. La Democrazia cristiana si sarebbe inoltre confermata il partito di maggioranza relativa, seguita dal Partito comunista e dal Partito socialista. Il candidato più votato risultò proprio il sindaco uscente Fusaro, con ben 3039 preferenze, seguito a ruota da un altro democristiano, l’avvocato Francesco Viale, con 2319 voti, e da un terzo esponente della Dc, il dottor Giorgio Baldi, con 1495 preferenze. Il candidato più votato, tra i non democristiani, sarebbe stato il comunista Gino Napolitano, con 1424 preferenze. I consiglieri della Dc formarono quindi una nuova maggioranza insieme a socialdemocratici e indipendenti di Sole e Fiori, la lista dei floricoltori. La minoranza era invece composta dai comunisti, con sei consiglieri, dai socialisti con cinque, dai missini con tre, e dai liberali con uno. Il nuovo Consiglio comunale, nella sua prima seduta, riconfermò sindaco, per un secondo mandato, Francesco Fusaro, che avrebbe retto le sorti del Comune fino al marzo del 1964.

Dott. Andrea Gandolfo - Sanremo".

C.S.

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