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Al Direttore | 03 febbraio 2016, 10:25

Sanremo: l'Ammiraglio Angelo Francesco Iachino, uno dei protagonisti della Seconda Guerra Mondiale, il racconto dello storico Andrea Gandolfo

L'Ammiraglio era originario di Sanremo, il racconto dello storico Andrea Gandolfo ne ripercorre le vicende biografiche dalla sua iscrizione all'Accademia Navale di Livorno, fino alla sua morte.

Sanremo: l'Ammiraglio Angelo Francesco Iachino, uno dei protagonisti della Seconda Guerra Mondiale, il racconto dello storico Andrea Gandolfo

"Caro Direttore,

forse non tutti sanno che uno dei più grandi protagonisti della Marina militare italiana nella seconda guerra mondiale era originario di Sanremo. Per ricordare tale personaggio, che risponde al nome dell’ammiraglio Angelo Francesco Iachino, ecco un breve profilo, che ne ripercorre le vicende biografiche dalla sua iscrizione all’Accademia Navale di Livorno, nel 1904, alla morte, con particolare attenzione al ruolo da lui svolto nel corso dell’ultimo conflitto mondiale.

Credo che la figura dell’ammiraglio Iachino, per l’importanza decisiva rivestita durante la seconda guerra mondiale, meriti senz’altro di essere meglio conosciuta. Ecco, in breve, il mio racconto della sua vita: Angelo Francesco Iachino nacque a Sanremo in corso Garibaldi al numero civico 21, il 29 aprile 1889, da Giuseppe ed Emilia Piccione. Dopo aver deciso, giovanissimo, di intraprendere la carriera militare nella Marina, nel 1904 fu ammesso, a soli quindi anni, all’Accademia Navale di Livorno, da cui ne sarebbe uscito, nel 1907, con il grado di guardiamarina.

Nel 1911-12 partecipò quindi alla campagna di Libia, sbarcando a Tripoli con i garibaldini dell’ammiraglio Cagni. Durante la prima guerra mondiale fece parte degli Stati Maggiori di alti comandi navali e comandò, con il grado di tenente di vascello, la torpediniera 66 PN, a bordo della quale i due ufficiali Paolucci e Rossetti entrarono, il 31 ottobre 1918, nel porto di Pola, affondandovi la corazzata austriaca Viribus Unitis. Per questa audace impresa e, più in generale, per tutta l’attività svolta nell’Alto Adriatico nel corso del conflitto, nel novembre 1918 fu insignito di una medaglia d’argento al valor militare. Nell’immediato dopoguerra insegnò navigazione astronomica all’Accademia Navale di Livorno fino al 1923, quando si recò in Cina per assumere il comando della cannoniera Caboto e del distaccamento della Marina a Pechino, divenendo in seguito addetto navale presso la locale delegazione italiana.

Rientrato in Italia nel 1928, entrò a far parte della direzione dell’Istituto di Guerra Marittima di Livorno, mentre l’anno successivo fu nominato comandante di una squadriglia di cacciatorpediniere. Nel 1931 assunse l’incarico di addetto navale presso l’ambasciata italiana a Londra. Il 12 gennaio dello stesso anno, intanto, si era sposato a Firenze con Gabriella Pedemonti. Negli anni successivi compì una crociera di 25.000 miglia in Australia al comando dell’incrociatore Armando Diaz, nell’ambito delle celebrazioni del centenario australiano. Nel 1935 venne promosso contrammiraglio, e l’anno dopo partecipò alle operazioni militari in Spagna al comando di un gruppo di navi leggere nella zona di Palma di Maiorca e Tangeri.

Nominato ammiraglio di divisione, e quindi comandante della 1ª divisione navale e della divisione scuola-comando, fu imbarcato sull’incrociatore Da Giussano. Nell’aprile 1939 partecipò alle operazioni di sbarco in Albania con la divisione Bande Nere. Divenuto ammiraglio di squadra, prese parte alla battaglia di Capo Teulada, svoltasi al largo delle coste della Sardegna il 27 novembre 1940, al comando della 2ª Squadra, formata dagli incrociatori Pola (sua nave ammiraglia), Fiume e Gorizia.

La flotta italiana impegnata nello scontro contro le unità britanniche comandate dall’ammiraglio James Fowness Somerville, era costituita dalle corazzate Giulio Cesare e Vittorio Veneto, dagli incrociatori Trieste, Trento e Bolzano, ed era comandata dall’ammiraglio Inigo Campioni. La battaglia iniziò alle ore 12,20, quando l’incrociatore inglese Berwick venne raggiunto da due colpi sparati dalle navi italiane, che furono ripetutamente bombardate da undici Swordfish levatisi in volo dalla portaerei Ark Royal, che però non andarono a segno. Lo scontro terminò alle 13,15. A battaglia conclusa, le unità britanniche Ark Royal, Renown e Remillies furono a loro volta attaccate da aerei italiani, che intendevano così rispondere all’attacco sferrato dagli aerei inglesi contro le navi italiane nel corso della battaglia.

L’8 dicembre 1940 Iachino, a soli cinquantun anni, venne nominato comandante in capo delle forze navali riunite, guidando quindi la flotta italiana in tutte le principali battaglie navali fino all’aprile 1943.  Alla fine di marzo del 1941 Iachino comandò le nostre unità navali nella battaglia di Gaudo. All’alba del 28 marzo diede ordine agli incrociatori Trieste, Trento e Bolzano di mettersi all’inseguimento delle navi britanniche, comandate dall’ammiraglio Pridham-Wippell, per attaccarle. L’ammiraglio inglese cercò allora di sottrarsi all’attacco con l’obiettivo di portare le unità italiane verso quelle che, da Alessandria, stavano per raggiungere la zona. Iachino stabilì un primo contatto con il nemico alle 8,12, mentre gli incrociatori della 3ª divisione aprirono il fuoco contro la nave Gloucester, che era l’unità di coda della formazione britannica.

L’ammiraglio sanremese riuscì anche a coinvolgere nello scontro la Vittorio Veneto e la squadra di Pridham-Wippell venne così a trovarsi tra la corazzata italiana e i tre incrociatori Trieste, Trento e Bolzano. Ma, mentre le navi italiane stavano iniziando a colpire le unità britanniche, giunsero sul teatro dello scontro sei aerosiluranti inglesi levatisi in volo dalla portaerei Formidable della squadra dell’ammiraglo Cunningham, che stava avvicinandosi. L’ammiraglio Iachino decise allora di interrompere il combattimento per sottrarsi agli attacchi aerei sferrati nel corso del pomeriggio dagli aerosiluranti, bombardieri e aerei d’assalto britannici. Uno di questi aerei, avvicinatosi alla Vittorio Veneto, prima di cadere in mare abbattuto dalle mitragliere italiane, riuscì a lanciare un siluro contro la corazzata italiana, che rimase colpita all’altezza dell’elica esterna di sinistra.

La nave rimase tuttavia in grado di procedere, sebbene a velocità ridotta, e Iachino, verso il tramonto, la fece affiancare da altre unità: i cacciatorpediniere Granatiere e Fuciliere in testa, i cacciatorpediniere Bersagliere e Alpino in coda, gli incrociatori Trieste, Trento e Bolzano e i cacciatorpediniere Corazziere, Carabiniere, Ascari sulla sinistra, e gli incrociatori Zara, Pola e Fiume con i cacciatorpediniere Alfieri, Gioberti, Carducci e Oriani sulla destra. Raggiunto Capo Matapan, al largo del promontorio greco della Morea, gli aerei britannici iniziarono, alle 19,28, a colpire le unità italiane, che divennero oggetto di un intenso bombardamento per un quarto d’ora.

Alle 20,15 l’incrociatore Pola venne colpito da un siluro e Iachino decise di correre in soccorso della nave italiana. Vennero così inviati in aiuto del Pola gli incrociatori Zara e Fiume e i cacciatorpediniere Alfieri, Carducci, Gioberti e Oriani. Alle 22,30 le corazzate inglesi Warspite, Barham e Valiant iniziarono a far fuoco contro le unità italiane. Contemporaneamente il caccia britannico Greyhound accese i riflettori e illuminò lo Zara e le altre navi italiane, che poterono essere così facilmente prese di mira dai britannici. Lo Zara venne colpito da quattro salve della Warspite, da cinque dalle Valiant e da cinque della Barham. Il Fiume fu centrato da due salve sparate dalla Warspite, e da una dalla Valiant. Anche i quattro caccia furono colpiti a sorpresa: il Gioberti e l’Oriani, investiti dal fuoco, riuscirono però ad allontanarsi e a salvarsi, mentre l’Alfieri e il Carducci furono pesantemente bombardati. Il bilancio finale della battaglia si sarebbe rivelato decisamente grave per la flotta italina, che subì l’affondamento di tre incrociatori (Zara, Pola e Fiume) e due cacciatorpediniere (Alfieri e Carducci), oltre alla perdita di tremila uomini sui quattromila che si trovavano a bordo delle unità affondate.

Dopo la battaglia, gli inglesi riuscirono a raccogliere 55 ufficiali e 850 marinai, mentre la nave ospedale Gradisca, salpata da Taranto il 29 marzo, raccolse complessivamente 160 naufraghi, gli ultimi dei quali furono presi a bordo sei giorni dopo la conclusione dello scontro navale. Nel dicembre 1941 l’ammiraglio Iachino fu nuovamente coinvolto in una battaglia con la flotta inglese comandata dall’ammiraglio Philip Vian. Il 17 dicembre la squadra italiana comandata da Iachino e composta dalla corazzata Duilio e dagli incrociatori Aosta, Montecuccoli e Attendolo, si trovava nei pressi del golfo libico della Sirte, impegnata a scortare un convoglio diretto a Tripoli e Bengasi. Il 15 dicembre era partita nel frattempo una nave da trasporto britannica, scortata dagli incrociatori Naiad, Euryalus e Carlisle e otto cacciatorpediniere, al comando dell’ammiraglio Vian, che, verso le 18, entrò in contatto con le nostre unità.

Le navi italiane iniziarono allora a far fuoco contro le unità inglesi, senza tuttavia conseguenze, tanto che, nella notte tra il 17 e il 18 dicembre, i due convogli arrivarono regolarmente a destinazione. Pochi mesi dopo si svolse invece la seconda battaglia della Sirte, che avrebbe visto ancora protagonista l’ammiraglio Iachino. Nella notte tra il 21 e il 22 marzo 1942 Iachino aveva infatti lasciato la base di Taranto con la corazzata Littorio e i cacciatorpediniere Aviere, Ascari, Grecale e Oriani, mentre, la notte stessa, erano partiti da Messina altri tre incrociatori italiani accompagnati da quattro cacciatorpediniere. La mattina del 22 marzo un convoglio inglese, partito da Alesandria il 20 marzo, venne raggiunto dall’incrociatore Penelope e da un cacciatorpediniere. Il primo scontro si svolse tra l’incrociatore britannico Euryalus e gli incrociatori italiani Gorizia, Trento e Bande Nere. I britannici fecero allora calare una cortina fumogena per nascondere il convoglio, mentre Iachino riusciva a disporre le sue navi in modo da tenere gli inglesi lontani da Malta.

Alle 16,41 gli italiani tornarono ad avvistare le unità britanniche e aprirono il fuoco colpendo leggermente l’incrociatore Cleopatra e un cacciatorpediniere. Successivamente il Cleopatara, nonostante le cattive condizioni atmosferiche, cercò di silurare le unità italiane, ma senza riuscirvi. Alle 18,41 un gruppo di cacciatorpediniere inglesi affrontò la formazione italiana, che rispose al fuoco causando dei danni a due cacciatorpediniere britanniche. Il fuoco venne quindi sospeso alle 19 per sopraggiunta oscurità. Il convoglio inglese fu attaccato anche da aerei italiani che gli arrecarono diversi danni. Durante il rientro alla base, la squadra italiana perse inoltre due cacciatorpediniere a causa di una tempesta. La seconda battaglia della Sirte servì comqunue a ritardare i rifornimenti britannici all’isola di Malta.

Dopo aver condotto le unità italiane anche nell’operazione cosiddetta di Mezzo Giugno, nel 1942, Iachino rimase a capo della flotta italiana fino al 5 aprle 1943, quando venne sostituito dall’ammiraglio Carlo Bergamini. Sempre nel 1943 fu anche promosso ammiraglio d’armata per meriti di guerra.

Nel dopoguerra ricoprì l’incarico di presidente della SIAI-Marchetti, lasciando il servizio attivo nel 1954. Nel corso della sua lunga carriera, collaborò anche a molte riviste con articoli e saggi di carattere militare e scientifico, e scrisse diverse opere sulla sua partecipazione alla seconda guerra mondiale, tra cui Gaudo e Matapan (1946), Le due Sirti (1953), Operazione Mezzo Giugno (1955), La sorpresa di Matapan (1957), Tramonto di una grande Marina (1959) e Il punto su Matapan (1968). Nel 1966 pubblicò inoltre un documentato volume sulla battaglia navale di Lissa, in occasione del centesimo anniversario dello storico avvenimento. Il 13 ottobre 1966, nell’ambito delle manifestazioni patronali, l’Amministrazione comunale di Sanremo e la Famija Sanremasca nominarono l’ammiraglio Angelo Iachino cittadino benemerito di Sanremo, come segno tangibile della profonda riconoscenza della città dei fiori verso uno dei suoi figli più illustri. Iachino morì a Roma il 3 dicembre 1976 all’età di ottantasette anni."

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