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Infermiere e salute | 23 luglio 2012, 06:00

Parliamo con la Lav e con Cristina Campanaro

Parliamo con la Lav e con Cristina Campanaro

Terminiamo il viaggio nel mondo delle malattie rare e delle organizzazioni che se ne occupano, rimanendo disponibili a future collaborazioni, quando queste ce lo richiederanno.

Prima della pausa estiva, vorrei tornare un momento su un tema molto più leggero di quelli trattati nelle ultime settimane, ma altrettanto importante perché tocca l’alimentazione e di conseguenza la nostra salute, e il maltrattamento degli animali frutto di una scarsa conoscenza da parte dei consumatori, e perché molti lettori mi hanno chiesto di tornare sull’argomento.

Ancora una volta ci viene in aiuto la Responsabile LAV della Provincia di Imperia la Sig.ra CRISTINA CAMPANARO, amica di sanremonews e di salute e benessere.

Cristina ti do ruota libera, e vorrei che chiarissi una volta per tutte qual è la scelta giusta quando acquistiamo un uovo (se non abbiamo la fortuna di averle da un contadino della nostra zona, o da qualche gallina nel nostro pollaio personale – a km zero..), e perché:

 

Meglio una gallina libera o una gallina in gabbia? La risposta è scontata: meglio una gallina libera. Eppure in Italia l'80% delle galline allevate vive ancora nelle gabbie .

Circa 40 milioni di galline italiane vivono in gabbie piccole come un foglio di carta formato A4. E perchè? Per produrre gran parte di quei 12,9 miliardi di uova consumate dalle famiglie italiane in un anno.
Nell’Unione Europea ogni anno vengono allevate oltre 400 milioni di galline ovaiole, circa il 68% delle quali sono rinchiuse nelle gabbie degli allevamenti intensivi. L’allevamento in batteria delle galline ovaiole è un sistema industriale ed intensivo nel quale le galline vivono la loro breve vita (circa un anno) confinate in una piccola gabbia di rete metallica insieme a molte altre galline.

La precedente Direttiva Europea ha consentito l’allevamento in queste gabbie riservando a ciascuna gallina lo spazio di 550 cm2 (meno di un foglio di carta A4 ). Queste condizioni provocano agli animali enormi sofferenze fisiche e psicologiche. In questi allevamenti le gabbie in cui sono rinchiuse le galline possono essere impilate in altezza fino a 4 file, all’interno di capannoni di grandissime dimensioni, nei quali è necessaria la ventilazione forzata, dato l’altissimo livello di ammoniaca prodotto dalle deiezioni degli animali. Nelle gabbie di batteria gli animali sono inoltre esposti alla luce artificiale per molte ore, al fine di alterare il loro naturale ciclo giorno-notte, evitando la riduzione del bioritmo dell’animale, con un conseguente aumento della produzione di uova da parte degli stessi. Le galline inoltre hanno un forte bisogno di porre in essere modelli di comportamento etologici, sviluppati dalla specie nell’evoluzione di migliaia di anni: è essenziale per il benessere di questi animali che tali esigenze siano soddisfatte. In natura le galline camminano per lunghe distanze e passano gran parte del loro tempo alla ricerca di cibo; vivono in piccoli gruppi con un’organizzazione sociale complessa e basata su una chiara gerarchia; cercano luoghi appartati dove creare i nidi per deporre e covare le uova, e usano gli alberi per appollaiarsi al riparo dalle minacce dei predatori durante la notte. Le galline hanno un forte bisogno di distendere le ali, hanno una buona cura delle loro penne e fanno regolari bagni di terra. Una gallina libera, quindi, può fare movimenti naturali, cercare il foraggio, o un rifugio quando si sente minacciata dall’ambiente circostante, deporre e covare le proprie uova nel nido.

Nelle sterili gabbie di batteria nessuno di questi comportamenti è possibile, sono totalmente e grossolanamente soppressi. La possibilità di fare dei nidi ove deporre le uova e covarle è fondamentale per il comportamento di una gallina: la ricerca di un luogo idoneo in cui costruirlo, la raschiatura del terreno e la predisposizione di materiali ove poggiare le uova, sono tutti comportamenti preclusi nelle gabbie di batteria, e le galline mostrano, a seguito di tale privazione, gravi alterazioni e patologie del comportamento.

La mancata possibilità di fare bagni di polvere, essenziali agli animali per eliminare parassiti e depositi di sporco sulle piume, a causa della mancanza di lettiera nelle gabbie di batteria e dell’impossibilità di beccare nella stessa, porta le galline a sviluppare aggressività verso le altre e a provare un forte senso di frustrazione, poiché avvertono il proprio piumaggio sporco.

Altro elemento di grande importanza per le galline è la possibilità di appollaiarsi per trascorrere la notte. Si tratta di un comportamento basilare delle galline che viene totalmente soppresso nelle gabbie e che determina nell’animale una perenne percezione di minaccia da parte di predatori, con effetti sul proprio comportamento. L’impossibilità di aprire le ali costituisce l’ennesima grave privazione ai bisogni etologici di questi animali. Una gallina ha bisogno di oltre 2000 cm2 per poter distendere le sue ali, ma nelle gabbie ne ha a disposizione solo 550 cm2; anche tali privazioni incidono significativamente sulla salute e sul comportamento dell’animale.

Oltre alle crudeltà mentali inflitte alle galline ingabbiate, l’ambiente delle gabbie di batteria comporta anche gravi problemi di benessere fisico. Osteoporosi e fratture delle ossa sono molto comuni nelle galline in gabbia, perché l’alto tasso di produzione di uova depaupera le riserve di calcio degli animali. Il piano di rete metallica causa problemi alle zampe delle galline e le loro unghie, che non si consumano su un terreno come in natura, possono ritorcersi intorno alle maglie della rete. Piedi e zampe danneggiate riducono le possibilità delle galline di muoversi e talvolta di svolgere esigenze fondamentali quali la ricerca del cibo e dell’acqua. A causa della loro frustrazione, della noia e della stretta vicinanza con altri animali, le galline spesso beccano e aggrediscono le proprie compagne di gabbia, fino ad arrivare a mettere in atto fenomeni di cannibalismo. Nel tentativo di diminuire le lesioni fisiche causate da questo comportamento “anti sociale”, le galline di batteria vengono “sbeccate”, mozzando loro un terzo del becco per mezzo di un coltello rovente: un evidente caso di trattamento dei sintomi piuttosto che trattare le vere cause che determinano l’aggressività di questi animali.

 

La successiva Direttiva Europea n° 74 del 1999 aveva previsto che dal gennaio del 2012 le gabbie di batteria convenzionali dovessero essere abolite e non essere più utilizzate come sistema di allevamento per la produzione di uova. Però , in seguito alle pressioni dell’industria avicola, la suddetta direttiva ha previsto la possibilità di realizzare impianti per allevare le galline nelle cosiddette gabbie modificate o “arricchite”. Questa possibilità, che non determina un significativo miglioramento delle condizioni di vita degli animali, è un ulteriore ostacolo alla piena ed effettiva riconversione verso i sistemi di allevamento “non in gabbia”. Infatti le gabbie modificate, anche denominate gabbie “arricchite”, sono gabbie molto simili alle gabbie di batteria convenzionali; queste gabbie prevedono solamente un piccolo spazio aggiuntivo a disposizione delle galline e alcuni elementi addizionali che dovrebbero permettere alle galline di soddisfare alcuni comportamenti naturali.

 

Ma esistono alternative all’allevamento in gabbia!

 

Secondo la normativa in vigore le uova in commercio, oltre ad un’ etichettatura che ne identifichi la categoria e ne consenta la cosiddetta “tracciabilità”, devono essere etichettate anche secondo il metodo di allevamento, al fine di indicare al consumatore in quali condizioni di vita sono state tenute le galline che hanno prodotto le uova.

Dal 2004 il sistema di etichettatura prevede che su ogni guscio vi sia un codice che identifica:

-la tipologia di allevamento

-una sigla che identifica lo Stato di produzione

-un codice riferito al Comune di produzione

-una sigla riferita alla Provincia di produzione

-un codice relativo al nome e luogo in cui la gallina è stata allevata

-la data di scadenza

 

Le norme in vigore prevedono 4 tipologie di allevamento:

ALLEVAMENTO BIOLOGICO - IDENTIFICATO CON IL CODICE “0”

Le galline possono razzolare liberamente all’interno e all’esterno di capannoni, su un terreno ricoperto da vegetazione e coltivato con metodo biologico. Le galline sono alimentate con cibi biologici, integrati al massimo con un 20% di mangimi convenzionali.

ALLEVAMENTO ALL’APERTO - IDENTIFICATO CON IL CODICE “1”

Le galline possono razzolare all’aperto per alcune ore al giorno in un ambiente esterno protetto dal contatto con altri animali. Le uova in questo tipo di allevamento possono essere deposte sul terreno o nei nidi. La densità all’esterno di questo allevamento sono di 1 gallina ogni 4 m2.

ALLEVAMENTO A TERRA - IDENTIFICATO CON IL CODICE “2”

Le galline vengono allevate in capannoni all’interno dei quali possono muoversi liberamente ma non hanno accesso all’esterno. Le uova sono deposte sul terreno o sui nidi. La densità di questo allevamento è di 4 galline per 1 m2.

ALLEVAMENTO IN GABBIA - IDENTIFICATO CON IL CODICE “3”

Le galline sono rinchiuse in gabbie disposte in file da 4 a 6, all’interno di capannoni chiusi, con ventilazione forzata e luce artificiale. La densità di questi animali è di circa 16 - 18 galline per metro quadrato. Le uova sono deposte su un nastro trasportatore che automaticamente le raccoglie.

 

Oltre all’etichettatura sul guscio, le norme in vigore impongono l’obbligo di etichettatura anche sulla confezione delle uova, che certamente ha un maggior rilievo in termini di comunicazione per il consumatore. Rilevante infatti ai fini della scelta del consumatore è la presenza dell’indicazione, sulla confezione, del sistema di allevamento. La norma vigente, applicata solo formalmente, è però incapace di permettere ai consumatori una chiara ed immediata comprensione dell’effettiva provenienza delle uova.

In Italia la dicitura obbligatoria prevista per le confezioni viene spesso riportata solo al disotto delle confezioni delle uova ed è redatta in caratteri piccoli.

Al tempo stesso sulle confezioni di uova vengono rappresentate immagini di animali in libertà su prati verdi, che certamente non corrispondono alla realtà, che traggono in inganno il consumatore rispetto al metodo di allevamento e certamente non favoriscono la diffusione delle uova provenienti da sistemi alternativi. Ed inoltre le diciture come “uova di fattoria” o “di campagna” non corrispondono a reali spazi di libertà: sono diciture di fantasia, spesso usate proprio per uova da galline in gabbia.

 

La LAV invita i consumatori a leggere sempre con molta attenzione l’etichetta delle confezioni di uova che deve riportare il sistema d’allevamento delle galline: le confezioni che riportano il codice 0 (allevamento biologico) e il codice 1 (allevamento all’aperto) sono da preferire sempre rispetto alle confezioni di uova con il codice 3 (allevamento in gabbia).

 

Ma tutti voi e le vostre famiglie, con le vostre scelte d’acquisto, potete promuovere la riconversione di questo sistema d’allevamento intensivo ad un modo d’allevare più umano.

 

Con le 220 uova consumate mediamente da ogni cittadino europeo in un anno, ciascuno di noi può concretamente contribuire a migliorare le condizioni d’allevamento di questi animali, semplicemente preferendo le uova provenienti da allevamenti non in gabbia!

E’ comunque opportuno ricordare che anche la produzione di uova comporta la morte delle galline e dei pulcini maschi. Le galline vivrebbero quindici anni, ma in tutti gli allevamenti, non solo in quelli intensivi, finiscono macellate appena il numero di uova prodotte diminuisce (di solito intorno ai due anni di vita) per diventare carne di seconda scelta. Inoltre i pulcini maschi di gallina ovaiola sono considerati 'inutili' perché non producono uova, e la razza non è adatta a crescerli come polli 'da carne', perché crescono troppo lentamente e non raggiungono un peso sufficiente a essere economicamente vantaggiosi. Quindi, appena usciti dalle uova , i pulcini maschi sono separati dalle femmine e buttati vivi in un tritacarne per diventare mangime, soffocati o semplicemente lasciati morire accatastati in grandi mucchi. Ogni anno in Italia 30 milioni di pulcini vengono triturati e smaltiti come rifiuti o farine di carne. 

Per maggiori approfondimenti  si può andare sul sito http://www.gallinelibere.lav.it/

 

Ringraziamo Cristina che in maniera ineccepibile ci ha spiegato quanta sofferenza ci può essere dietro un semplice, innocuo uovo, e di conseguenza dietro la nostra salute…Nella copertina avete ben descritto il codice che compare su ogni uovo in ogni punto vendita…. Prima di acquistare leggetelo bene!!!!

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Roberto Pioppo

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