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Infermiere e salute | 17 marzo 2024, 06:00

Calorie nei menu: è giusto o no?

A ognuno l’arduo compito di scegliere in base al proprio budget calorico giornaliero e di decidere quanto voler “investire” nel singolo pasto.

Calorie nei menu: è giusto o no?

Si tratta di scrivere nel menu le calorie di ogni singolo piatto, prima dell’indicazione del prezzo. A ognuno l’arduo compito di scegliere in base al proprio budget calorico giornaliero e di decidere quanto voler “investire” nel singolo pasto.

Nei menu dei ristoranti e fast food di New York dal 2008 era facoltativo, ma ora è obbligatorio per ordine del giudice e, da aprile anche a Londra, indicare le calorie nei piatti proposti. 

In Italia funzionerebbe? 

Un modello da copiare e importare? Un sistema applicabile anche alla nostra ristorazione?

perché “solo” le calorie e non i principi nutritivi, altrettanto importanti, se non di più? 

Nei fast food di McDonald’s e Kfc anche in Italia, ricordo, è già possibile trovare un biglietto che riporta le calorie e la composizione dei pasti, reperibili anche sul portale italiano. Le stesse indicazioni le troviamo anche sui cibi che acquistiamo in bottega e supermercati. Anche perché un quarto delle calorie è ormai assunto fuori casa, fatto che amplifica il “peso” alimentare dei pasti al ristorante.

Ben vengano queste informazioni nei vari ristoranti e trattorie. Migliorare le nostre conoscenze in campo alimentare non sarebbe un male. Anzi, avremmo a disposizione uno strumento in più, per scegliere meglio e in modo consapevole.

Nel nostro Paese, ci sono abitudini e tradizioni a tavola, da correggere. Due su tutte. Il cibo che mangiamo apporta troppe calorie, spesso più del fabbisogno medio. La nostra alimentazione, inoltre, molte volte è squilibrata: è poco ricca di carboidrati complessi, abbondano gli zuccheri semplici e, spesso, pure i grassi. Trovare scritti nel menu il valore calorico dei piatti e i nutrienti, dunque, sarebbe una forma di “educazione alimentare". Non siamo consapevoli di quante calorie apporti una pasta alla carbonara o l’osso buco con la polenta. Non sappiamo quanto apporto calorico ci dà un primo o un contorno. Avere questo tipo di informazioni sarebbe utile per tenere il conto e scegliere e combinare le diverse portate, in modo da bilanciare il tutto. Nei fast food, è più facile, i cibi sono standardizzati e calcolare le calorie è relativamente semplice. Nei ristoranti, invece, risulta più complicato: i piatti cambiano come gli ingredienti, i condimenti, i pesi e le porzioni, le pezzature, le modalità di cottura.

Mettere nero su bianco le calorie, e magari anche i principi nutritivi, può quindi servire. Bisogna considerare anche gli effetti psicologici che potrebbero avere sulle persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare e che hanno un’attenzione eccessiva per tutto quello che riguarda il cibo. Non ci sono solo anoressia e bulimia. C’è anche l’ortoressia, l’ossessione per il mangiare sano e il bisogno patologico di informazioni.

Attualmente, da quello che ​emerge con una veloce ricerca online, in Italia pochissimi ristoranti indicano le calorie dei piatti, sebbene, per ora, non esista alcun obbligo di legge.

Se sono un consumatore attento all’alimentazione, o se devo stare attento per motivi specifici, avere a disposizione le informazioni sulle calorie dei piatti, potrà spingermi a frequentare il locale proprio per la presenza di queste indicazioni precise e magari scrivere una recensione positiva e quindi consigliarlo ad altri.

Se non è un tema che mi interessa, o se addirittura conoscere l’apporto calorico mi induce ansia, questo mi porterà a dare una valutazione negativa. Avere più informazioni possibili è, a mio parere, comunque sempre un elemento positivo. Dipende dal singolo individuo decidere che uso farne. Certo, per i ristoratori e i cuochi italiani non sarebbe semplicissimo. Tutt’altro. In una proposta culinaria con una gamma sterminata di offerte, ciascun piatto fa a sé. Quanto burro o quanto olio sono utilizzati per preparare un risotto nella trattoria all’angolo? E nel locale in riva al mare? Per cena o a pranzo?

 

IL PROBLEMA DELL’OBESITÀ

Sappiamo che l'obesità in Italia costa tra i 6,5 e 16 miliardi ogni anno in spese sanitarie dirette e indirette per le comorbilità. Il Sistema Sorveglianza Passi (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute) in Italia, certifica per l’Italia il 32% in sovrappeso e 10,4% veri obesi. Però un bambino su tre esce finisce la scuola elementare obeso o sovrappeso.

Negli USA ci si avvicina pericolosamente al 70% di popolazione sovrappeso o obesa, il 63% nel Regno Unito.

Un report stilato dall'Harvard Medical School dell'ottobre 2020 invita le persone a puntare sulla qualità del cibo e su uno stile di vita sano, perché, basarsi solo sulle calorie «non è solo antiquato, è semplicemente sbagliato». Perdere peso non è una questione di matematica. Come viene riportato nel documento: “il modo in cui il tuo corpo brucia calorie dipende da una serie di fattori, tra cui il tipo di cibo che mangi, ma anche i metabolismi del tuo corpo e persino i tipi di batteri (microbioma) che convivono nel tuo intestino. Puoi mangiare lo stesso numero di calorie di qualcun altro, ma avere risultati molto diversi in termini di peso.

               Credo che indicare le calorie possa avere una qualche efficacia: una recente revisione sistematica degli studi condotti in questi ultimi anni ha rivelato che l’adozione di tale informazione è associata a una diminuzione del 7,8% delle calorie dei piatti scelti dai clienti, e spinge i produttori e i gestori a modificare le ricette in senso più salutare.

Lo stesso si è visto in indagini condotte negli Stati Uniti, dove l’indicazione calorica è obbligatoria dal 2018 e in Australia. Tuttavia è chiaro che le strategie migliori siano quelle come la sugar tax (già presente nel Regno Unito), cioè quelle che interessano la popolazione generale e non solo chi mangia fuori casa. 

               Tuttavia mi chiedo se non si sarebbe potuto fare di più e meglio, mettendo indicazioni nutrizionali più complete sui menu. Per quanto riguarda i prodotti confezionati, politiche di questo tipo sono state introdotte già da tempo, in diversi paesi come Brasile, Cile e Messico, che obbligano a inserire una “warning label” in bianco e nero sugli alimenti ricchi in grassi, zucchero e sale. Altri paesi come Francia, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Lussemburgo, Spagna e Svizzera hanno introdotto il Nutri-Score, l’etichetta in cinque colori che vanno dal verde al rosso secondo le caratteristiche nutrizionali positive e negative del prodotto. Altri, come lo stesso Regno Unito, hanno puntato su quelle a semaforo, con tre colori. In tutti questi paesi, molti studi hanno dimostrato che queste norme sono associate a scelte alimentari più sane da parte dei consumatori. 

LE CALORIE SON SERVITE

A Roma uno dei capostipiti del trend è Zero Restaurant, nel cuore dei Parioli, che ne ha fatto la sua missione a partire dal nome. Qualche esempio? Tagliata di manzo 384 Kcal; trancio di salmone con finocchi e tortino di riso nero 418 Kcal; cous cous al pollo 620 Kcal; gelato al pistacchio 360 Kcal. Il tutto accompagnato da cotture salutistiche per eccellenza: vapore e piastra.

Un patto chiaro con il consumatore che, in questo modo, non potrà lamentarsi di aver mangiato a scatola chiusa: le regole, infatti, sono chiare ed evidenti sin dall’inizio, così come le possibili conseguenze derivanti dai propri peccati di gola.

Il provvedimento è riduttivo. E’ senz’altro un’ottima mossa di marketing, ma si tratta di un trend che difficilmente attecchirà in Italia, dove chi va al ristorante per mangiare la sua carbonara vorrebbe farlo senza troppi sensi di colpa. Dal punto di vista del ristoratore è, poi, molto complicato dare un’indicazione davvero precisa: come si può standardizzare un piatto basandosi sulle calorie?

Le calorie da sole sono, infatti, un discorso superato e limitato. Bisogna, infatti, tenere conto anche di macronutrienti e della suddivisione in carboidratiproteine e grassi. Per essere chiari: mangiare 1500 calorie di zucchero semolato non è la stessa cosa di 1500 calorie di carne, verdure e pane.

Fanno tenerezza le persone “fissate” con le calorie, che conteggiano tutto quello che mettono nel piatto e scelgono i cibi al supermercato secondo l’apporto calorico.

Sbaglia chi crede che per dimagrire sia sufficiente ridurre l’assunzione di calorie rispetto al dispendio energetico quotidiano.

Le calorie servono per dare al nostro organismo lenergia necessaria per vivere e per l’attività fisica giornaliera: se consumiamo cibi che danno più calorie del necessario, queste si depositano come riserve energetiche (glicogeno e grassi).

 

…NON TUTTE LE CALORIE SONO UGUALI

Per fare un esempio, 100 kcal le troviamo in 24 grammi di zucchero o in 11 grammi di olio o in 66 grammi di bresaola. Le prime sono fornite da zuccheri, le seconde da grassi, le terze da proteine.

A parità di calorie, quali «ingrassano» di più? Sembra sia come chiedere se pesano di più 100 grammi di paglia o 100 grammi di piombo, ma con le calorie non è così:
100 kcal provenienti dai grassi fanno ingrassare di più rispetto a 100 kcal provenienti dallo zucchero, che a loro volta fanno ingrassare di più rispetto a 100 grammi di calorie provenienti dalle proteine.
Le vie metaboliche dei tre macronutrienti − grassi, zuccheri e proteine − sono, infatti, diverse. Il nostro organismo è portato a bruciare, cioè a utilizzare come energia, innanzitutto gli zuccheri, in secondo luogo i grassi, mentre le proteine sono utilizzate come energia solo in casi di digiuno prolungato.

               Inoltre, se assumiamo proteine di troppo, non le trasformiamo in grassi di deposito ma le eliminiamo. Ecco perché le diete iperproteiche fanno dimagrire. Se mangiamo troppi zuccheri rispetto alle nostre reali necessità, essi si trasformano prima in riserve (glicogeno) e poi in grassi. I grassi invece vengono utilizzati come carburante solo nel caso in cui gli zuccheri siano insufficienti, altrimenti vengono utilizzati per costituire le membrane cellulari, gli ormoni, alcuni tessuti e, se in eccesso, vengono depositati nei tessuti adiposi come scorte energetiche e utilizzati in momenti di digiuno o di mancanza di zucchero.
Di conseguenza, i primi nutrienti che si trasformano in deposito di grasso e quindi ci fanno aumentare di peso sono i grassi e i secondi gli zuccheri, invece le proteine, nelle giuste quantità, non ci faranno mai ingrassare.

 

prof. Giorgio Bottani

 

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Il sottoscritto e Sanremonews in questo caso non ne rispondono.L’Infermiere è un professionista sanitario laureato il cui compito è la somministrazione della cura, il controllo dei sintomi e la Cultura all’ Educazione Sanitaria.

Roberto Pioppo.

 

 

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