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Infermiere e salute | 29 ottobre 2023, 05:00

Longevità: si vive più a lungo, ma le donne invecchiano peggio

Oggi in Italia l’aspettativa di vita è 80,5 anni per gli uomini e 84,8 per le donne.

Longevità: si vive più a lungo, ma le donne invecchiano peggio

Secondo recenti dati verificati, nel 1900, mediamente, nel mondo, l'aspettativa di vita alla nascita di una persona era 32 anni; nel 2019, invece, siamo passati a 72,6 anni.

Oggi in Italia l’aspettativa di vita è 80,5 anni per gli uomini e 84,8 per le donne.

Significa che, in poco più di un secolo, l'umanità è riuscita a ridurre la mortalità infantile, a sviluppare così tanto la scienza medica e a implementare talmente bene il proprio sistema socio-sanitario, da incrementare di più di 40 anni la propria speranza di vita. Perché si tratta di questo: l'aspettativa di vita alla nascita è il numero di anni che un neonato probabilmente vivrà, la sua speranza media di vita.

Più il tempo passa, più gli esseri umani si stanno dimostrando in grado di alzarla, anche nei contesti e nei continenti più poveri come in l'Africa. L'Africa, anche se in realtà è molto diversificata, l'aspettativa di vita alla nascita è passata da 26,4 anni nel 1925 a 63,2 anni nel 2019.

Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, l’aspettativa di vita globale nel mondo raggiungerà 77,1 anni nel 2050 e 83 anni nel 2100, con differenze significative tra i continenti: ad esempio, si stima che nel 2100 la speranza di vita in Africa sarà di 75,4 anni, mentre in Europa raggiungerà 89 anni. Inoltre, si prevede che il divario tra uomini e donne si ridurrà gradualmente, passando da 4,4 anni nel 2050 a 2,6 anni nel 2100.

Negli Stati Uniti nel 2021 l'aspettativa di vita alla nascita è stata di 76,1 anni, la più bassa dal 1996. Nessun altro paese economicamente ricco ha perso così tanto in termini di aspettativa di vita come gli Stati Uniti: 2,42 anni dal 2019. Le cause sono varie: la dimostrata impreparazione da parte del sistema sanitario americano durante la prima ondata di Covid, come la mancanza di accesso alla sanità e di un solido sistema sanitario pubblico. Altro fattore è stato il basso tasso di vaccinazione rispetto ad altri paesi occidentali, come ad esempio l’Italia e l’incremento inarrestabile dell’incidenza dell’obesità, con tutte le comorbilità connesse. La pandemia ha agito come fattore acutizzante di situazioni di fragilità già note. Ad esempio, all’interno della comunità nera americana il tasso di mortalità per Covid è stato il doppio rispetto alla comunità bianca. Quest'ultima, rispetto al 2019 ha perso 2,1 anni di aspettativa di vita, contro i 3,7 della comunità nera. Il prezzo più alto è quello pagato dalla comunità di nativi americani, per la quale gli anni persi sono 4,7.

Consideriamo ora l’Italia: le donne vivono più a lungo degli uomini, ma in condizioni peggiori. Risultano, infatti, più svantaggiate riguardo alla qualità della vita. Com'è possibile che le donne vivano così più a lungo degli uomini? Non esiste una risposta univoca e certa. Si tratta di una serie di concause biologiche, sociali e ambientali: tra le altre, ci sono differenze in termini genetici e ormonali che incidono sulla longevità, sulla maggior o minor facilità con cui si è colpiti da certe malattie, lo stile di vita, le abitudini alimentari e altro, come il fumo, la tipologia di lavoro svolto o la diversa esposizione a incidenti, scontri e conflitti armati.

Nel complesso gli Italiani sono tra le popolazioni maggiormente longeve al mondo. Vivere a lungo, però, non significa necessariamente vivere bene. Molti,con l’avanzare dell’età, sviluppano problemi di salute. Soprattutto il genere femminile. Secondo un’analisi condotta da un gruppo di ricercatori statunitensi, della Columbia University, e pubblicata sulla rivista The Lancet Healthy Longevity, infatti, le donne italiane invecchiano in modo peggiore degli uomini.

Lo studio, il primo di questo tipo mai realizzato, ha coinvolto 18 paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Gli autori hanno esaminato i dati di ciascuno stato con l’obiettivo di indagare il tema della longevità e capire come la popolazione invecchia e quanto a lungo viva in media, sulla base di cinque indicatori: benessere e salute, produttività attraverso lavoro, equità di risorse in denaro e istruzione, integrazione e sostegno sociale, sicurezza finanziaria e fisica.

L’analisi dei dati ha confermato ciò che noi medici sappiamo da tempo: uomini e donne invecchiano in maniera diversa. Gli uomini, mediamente, vivono meno nelle donne, ma trascorrono gli ultimi anni della loro vita in condizioni di salute “migliori”. In particolare in Italia. Il nostro, infatti, è il Paese in cui il gap è maggiore.

Le differenze di genere in termini di longevità non sono dovute solamente alla biologia e alla genetica. La ragione principale è che gli uomini possono contare spesso su risorse e opportunità migliori per affrontare le sfide della terza età, comprese le malattie.

Gli uomini però vivono meno per le abitudini di vita non salutari e il fumo, ancora presente.

Negli ultimi decenni, tuttavia, questo divario si sta gradualmente riducendo.

Gli uomini a parità di età, risultano biologicamente più anziani rispetto alle donne e, in generale, hanno abitudini di vita meno salutari. Il sesso è risultato direttamente associato all’invecchiamento biologico, con un’associazione più evidente nei gemelli anziani.

Gli stessi ricercatori hanno quindi studiato il rapporto esistente tra salute e mortalità tra le suore e i monaci cattolici di Austria e Germania, confrontandolo con quello della popolazione in generale.

Il risultato è stato che i monaci vivono più a lungo della popolazione comune.

Lo studio condotto sulla popolazione religiosa ha fornito ai demografi informazioni preziose, poiché rappresentano un raro esempio di ambiente in cui uomini e donne conducono vite molto simili, rendendo così più facili i confronti.

 

                                                                      

La conclusione è che sappiamo che i monaci vivono in media 4-5 anni di più degli uomini in generale, mentre le suore hanno solo un piccolo vantaggio di 2-3 anni rispetto al resto delle donne.

Si è riscontrata una fortissima associazione positiva tra l’attesa di vita e il numero di anni trascorsi con malattie croniche e un’associazione negativa tra l’aspettativa di vita e gli anni trascorsi con malattie potenzialmente mortali. Quindi esiste un previsto forte collegamento tra salute e longevità.  I risultati indicano che per il cosiddetto paradosso di genere esiste una spiegazione logica. Le donne si ammalano di più perché tipicamente sono più colpite dalle malattie croniche rispetto agli uomini. Tuttavia, ciò avviene non perché sono donne, ma perché vivono più a lungo. Queste nuove informazioni su genere, salute e invecchiamento possono essere utili per le scelte politiche sulla salute pubblica.

Si dovranno considerare e contrastare le cause che peggiorano l’attesa di vita, come le guerre, la violenza e la criminalità, le pandemie, la potabilità dell’acqua, le calamità naturali, l’abuso di bevande alcoliche, l’abuso di pratiche sessuali non protette, l’inquinamento.

Per affrontare e valutare questi problemi e le scelte da fare, è necessario un approccio multidisciplinare e tra gli medici, politici e fonti di informazione.

                                                                                             

                                                                                              Professor Giorgio Bottani

 

 

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L'Infermiere è un professionista sanitario laureato il cui compito è la somministrazione della cura, il controllo dei sintomi e la

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Roberto Pioppo

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