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| 17 ottobre 2018, 10:30

L’alimentazione in Italia, miniera d’oro dell’economia e modello per la nostra salute.

Tra le industrie che creano occupazione e trainano i fatturati delle imprese, il settore dell’enogastrofood alimenta il marketing e comunica l’immagine del nostro Paese a cavallo fra tradizione e tecnologia.

L’alimentazione in Italia, miniera d’oro dell’economia e modello per la nostra salute.

Immaginiamo di catapultarci nelle campagne della Pianura Padana della metà degli anni ‘50 oppure nella Bassa emiliana, ambientazione delle storie di Peppone e Don Camillo, provando ad immaginare le giornate scandite dal ritmo della natura. Agricoltura, allevamento e piccolo commercio di prodotti locali erano il fulcro intorno a cui girava la vita del paese e su cui si costruiva il futuro dei cittadini.

La storia di quel periodo era l’invitata d’onore al tavolo di quei sapori che oggi, di comune in comune, rappresentano in Italia un’eccellenza riconosciuta in tutto il mondo e che rendono il nostro paese unico in ogni aspetto della filiera enogastrofood. Sarà per questo che i turisti di tutto il mondo arrivano da noi desiderosi di assaggiare tutti i gusti delle nostre Regioni, spesso senza sapere che il primato italiano nel settore agroalimentare protegge il loro viaggio culinario dall’origine della materia prima sino all’impiattamento, che sia di uno chef stellato o di una caratteristica trattoria pavese.

Per prima cosa la qualità non ha prezzo, e forse per questo motivo il modello di agricoltura italiano è tra i più innovativi in campo ambientale, e genera più di 60 milioni di pernottamenti in hotel acquistati dagli appassionati del buon cibo. Cinesi, americani, canadesi, brasiliani, australiani e giapponesi ogni anno affrontano si mettono su un aereo dichiarando di essere spinti dal desiderio di assaggiare l’Italia.  Un desiderio che dovrebbe essere sempre più indirizzato dalle politiche ministeriali per innalzare la qualità del turismo ed emozionare con visite guidate ai luoghi della tradizione produttiva italiana.

Proviamo solo ad immaginare lo stupore di un giapponese di fronte ad una fattoria o ad una cascina in cui si possa visitare il ciclo di lavorazione del prosciutto di parma oppure del parmigiano reggiano. O ancora, sforziamoci di capire l’espressione di un americano che vede le nostre campagne protagoniste di una rinascita grazie alla così detta Agricoltura 4. 0 di Precisione, o al brasiliano che sbadatamente calpesta un sensore collegato in rete per suggerire al contadino quando innaffiare. Se all’innovazione toccata con mano aggiungiamo poi una spruzzatina di storia delle nostre origini, possiamo far pernottare gli stupefatti visitatori in una casotta di fianco al mulino in cui si narra che Leonardo da Vinci iniziò a dipingere la Dama con l’ermellino. Il gioco è fatto. Abbiamo così aperto un mercato con numeri potenzialmente in grado di risolvere le coperture necessarie a finanziare una manovra in deficit.

Il modello produttivo (ed economico) dell’agricoltura italiana è senza dubbio leader nella produzione di valore aggiunto, anche per settori come il turismo e la cultura, due prodotti finanziari che generano solidi dividendi per chi realizza un marketing adatto ad un mercato sempre più esigente e per chi appronta un piano di comunicazione che dica con eleganza «l’Italia della qualità e della bellezza c’è!».

Innovazione, tradizione e futuro sono gli ingredienti da seminare per rendere l’Italia attrattiva a 360 gradi, ricordandoci di fare sistema per poi raccontarlo al mondo. Perchè, come sosteneva Harry Ford, le anatre forniscono in silenzio ottime uova, ma tutto il mondo compra quelle delle galline, deposte fra clamorosi schiamazzi.

Buon appetito!

Enrico Molinari

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