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In Breve

| 11 ottobre 2015, 08:14

In & Out: da Olivetta in Qatar, la storia di Stefano marmista appassionato del suo lavoro

Amo molto il mio lavoro ma purtroppo restando in Italia sentivo di non essere appagato e di non riuscire a soddisfare completamente la mia passione così ho deciso di spostarmi fuori Europa.

In & Out: da Olivetta in Qatar, la storia di Stefano marmista appassionato del suo lavoro

Doha, letteralmente ‘il grande albero’ è la capitale del Qatar, una città in pieno sviluppo non solo economico grazie alla scoperta dei giacimenti petroliferi nel secolo scorso ma anche culturale. La città presenta infatti un carattere cosmopolita, lo è testimonianza la prima chiesa cattolica inaugurata già sette anni fa. La città non è solo sede del canale televisivo Al Jazeera ma anche di diversi campus universitari molto rinomati ed istituti dedicati alla ricerca ed alla innovazione.

Lo sviluppo della capitale si denota soprattutto dallo spaventoso boom immobiliare che ha investito centro e aree suburbane in continua espansione, questa necessità di manodopera ha richiamato non solo operai prevalentemente indiani ma anche specializzati da tutto il mondo per garantire un alto livello di qualità, tra questi c’è anche Stefano Trudu, un talentuoso marmista di 27 anni che ha visto il Qatar nel suo futuro.

Come mai questa scelta di lasciare l’Italia e volare proprio in Medio Oriente?

Ho fatto il marmista per anni qui a cavallo tra Italia e Francia qualificandomi come operario specializzato, ho acquisito brevetti, visitato le cave di Carrara, partecipato a fiere perché amo molto il mio lavoro ma purtroppo restando in Italia sentivo di non essere appagato e di non riuscire a soddisfare completamente la mia passione così ho deciso di spostarmi fuori Europa e mi sono messo a cercare su internet dove esistono diversi portali di incontro tra imprenditori italiani all’estero o intenzionati ad aprire in breve tempo che cercano dipendenti o collaboratori italiani. Un paio di anni fa mi sono imbattuto in una ditta di marmi con cui condividevo oltre la tipologia del mestiere anche le origini sarde. Questa impresa aveva deciso di investire all’estero in particolare nel piccolo emirato della penisola arabica”.

Quanto hai impiegato per organizzarti e iniziare la tua nuova vita in Qatar?

Circa un anno, inizialmente non è stata una cosa semplice, i primi contatti sono avvenuti tramite mail e telefono, ho inviato curriculum, presentato i miei lavori e le competenze nel settore fino a quando non ho avuto un lungo colloquio a Milano. Mi sono dovuto destreggiare con i documenti tra passaporto e visti turistici e poi finalmente ho affrontato il lungo viaggio atterrando a Doha circa un anno fa il 5 ottobre 2014”.

Le prime impressioni giunto a destinazione?

Quello che colpisce sono certamente i paesaggi molto differenti da quelli a cui siamo abituati e un clima caldissimo, appena sceso dall’aereo sentivo mancare il respiro. Difficile farci l’abitudine soprattutto ripensando al fatto che da quando sono qui ho visto piovere solo due volte. All’aeroporto mi è venuto a prendere lo stesso responsabile con cui avevo avuto il colloquio e mi ha portato a fare un tour della città che mi ha colpito per l’infinità di cantieri di cui è costellata. Ovunque opere imponenti vengono tirate su in un ciclo lavorativo che non si interrompe mai nemmeno di notte. E’ una città davvero in piena espansione soprattutto in vista dei mondiali del 2022 per cui è prevista la costruzione di 8 stadi”.

E ora come trovi la vita in città? Come te la cavi con le lingue?

Sono arrivato con un inglese molto scolastico ma adesso devo dire che me la cavo bene, l’arabo capisco giusto qualche parola ma la lingua che vorrei imparare è l’indiano. Bisogna contare infatti che qui la popolazione conta circa 700mila qatarini ma oltre un milione di indiani”.

C’è comunque parecchia vitalità in città, è molto turistica, hotel e villaggi turistici, locali, una vita notturna attiva ma leggi molto ferree, per chi guida dopo aver bevuto c’è l’arresto, per la detenzione di sostanze stupefacenti è prevista anche l’espulsione immediata dal paese.

Finalmente hai trovato quello che cercavi lavorativamente parlando?

Sì sono molto soddisfatto, da ottobre fino a gennaio, quando hanno aperto i cantieri, mi sono occupato di prendere confidenza con i macchinari che sono moderni e molto costosi poi mi sono potuto meglio inquadrare come supervisore alle ‘rifiniture’ e con il mio piccolo gruppo di operai indiani lavoro sulla qualità del prodotto, ogni tanto c’è la necessità di intervenire anche direttamente sui cantieri qualora ci sia bisogno di svolgere un lavoro specifico e mirato”.

Mi sono trovato in difficoltà quando mi sono scontrato e messo a confronto con tecniche vecchie di vent’anni perché qui il legame con le tradizioni è forte anche dal punto di vista edile. Anche per questo che il lavoro italiano nel nostro settore è rinomato”.

Stiamo anche lavorando nel cantiere del centro benessere dell’Emiro dove ci occupiamo di due ‘piccoli’ bagni di 400mq, dico piccoli perché li metto a confronto con l’intero complesso dell’opera che è qualcosa di inconcepibile ed inspiegabile”.

E non hai paura di sbagliare? Non dobbiamo dimenticare che de facto quella dell’Emiro è una monarchia assoluta

Non sbaglio mai” risponde scherzando Stefano che ha appena iniziato questa nuova esperienza ma cova già degli ambiziosi progetti futuri: “Mi piacerebbe un giorno avere un mio laboratorio qui in Qatar però chi lo sa, in questi anni mi si potrebbero aprire anche altre possibilità”.

Lorenzo Ballestra

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