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Infermiere e salute | 26 febbraio 2023, 05:00

Politerapia nell’anziano. Rischi e strategie

Per politerapia si intende l’assunzione contemporanea di 5 o più farmaci.

Politerapia nell’anziano. Rischi e strategie

Secondo i dati riportati nel rapporto Osmed-AIFA, le fasce di età oltre i 64 anni hanno una spesa pro capite per i medicinali a carico del SSN fino a 3 volte superiore al valore medio nazionale; inoltre, per ogni persona ultrasessantaquattrenne il SSN deve affrontare una spesa farmaceutica oltre 6 volte superiore rispetto alla spesa media sostenuta per una persona più giovane. Tale risultato deriva dalla diversa prevalenza nell’uso dei farmaci in Italia che passa da circa il 50% nella fascia d’età adulta fino a quasi il 90% negli over 74, ovvero la quasi totalità dei soggetti con più dì 74 anni assume almeno un medicinale.
L’uso dei farmaci nell’anziano comporta diversi problemi che possono essere in sintesi ricondotti alle seguenti situazioni:

  • assunzione di più farmaci contemporaneamente (politerapia, con problemi di compliance, interazioni e reazioni avverse); 

·         scarsa aderenza al trattamento;

·         cascata prescrittiva;

·         interazione farmacologica;

·         alto rischio di errore.

Per politerapia si intende l’assunzione contemporanea di 5 o più farmaci. Questa è una condizione diffusa e in continuo aumento: un’indagine condotta dai componenti del Geriatrics Working Group dell’AIFA ha trovato che l’ 11% del la popolazione anziana (più di 1,3 milioni di persone) assume più di 10 farmaci al giorno. In particolare, il gruppo di età tra i 75 e gli 84 anni è esposto al più alto carico farmacologico, con il 55% dei soggetti trattati con 5-9 farmaci e il 14% con 10 o più farmaci. La prevalenza della politerapia è invece inferiore negli ultraottantacinquenni rispetto alle persone tra i 75 e gli 84 anni, un dato che potrebbe far pensare a un approccio più attento al trattamento farmacologico nei grandi anziani.
Il medico curante al momento della prescrizione della terapia dovrebbe cercare di ridurre il numero di farmaci limitandosi a quelli realmente necessari. A tal fine si consiglia di coinvolgere il paziente prendendo in esame tutti i farmaci che già assume. Secondo un recente studio pubblicato sul BMJ il coinvolgimento del paziente è fondamentale per prescrivere la terapia più adeguata e favorire la compliance del paziente.
L’aderenza alla terapia è spesso legata a condizioni molto frequenti nell’anziano quali comorbilità, deficit cognitivo, funzionale e sensoriale, regimi terapeutici complessi. Le tre forme più comuni di scarsa aderenza sono:

·          assunzione di un dosaggio eccessivo;

·         non assunzione, per dimenticanza;

·         variazione dello schema terapeutico e della dose.

Spesso il medico ignora la mancata aderenza alla terapia del paziente, bisognerebbe a ogni incontro valutare se il paziente sta realmente assumendo i farmaci (vedi sotto ricognizione e riconciliazione).

Per migliorare l’aderenza alla terapia bisognerebbe limitare le modifiche alla terapia. Secondo alcuni studi infatti i problemi associati alla terapia dell’anziano sono più frequenti nel primo periodo di assunzione di un farmaco e il rischio di reazioni avverse sembra aumentare oltre che con l’aumentare del numero di farmaci usati anche parallelamente al numero di modifiche alla terapia fatte nel corso del tempo.

Quando i farmaci vengono iniziati, oppure sospesi o aumentati nella dose, si crea infatti una situazione di aumentato rischio di reazioni avverse legate alla possibile confusione o alla mancata aderenza alla terapia.
La cascata prescrittiva è un’altra condizione frequente nell’anziano e si verifica quando, confondendo un nuovo sintomo come l’espressione di una nuova malattia invece di un effetto avverso di un farmaco, ne viene prescritto un secondo per correggere questo sintomo. Anche in questo caso la comunicazione con il paziente è di cruciale importanza.
Il documento dell’AIFA già citato valuta il rischio di interazione concentrandosi sulla somministrazione contemporanea di diverse associazioni come indicatore del rischio di interazioni: la prescrizione concomitante di farmaci che aumentano il rischio di sanguinamento, che aumentano il rischio di nefrotossicità, che aumentano il rischio di ipercaliemia o che allungano l’intervallo QT all’elettrocardiogramma.

Per quanto riguarda il rischio di errore va tenuto conto che il paziente anziano ha di per sé molti fattori di rischio (problemi di vista, di memoria eccetera) di commettere errori nell’assunzione dei farmaci. Per evitare inoltre il rischio di errori causati da scarsa conoscenza della terapia in atto il Ministero della salute raccomanda (raccomandazione 17/2014) un processo mirato di ricognizione e riconciliazione.

Tutte le volte che si prende in cura un nuovo paziente, specie se anziano, e sistematicamente negli incontri successivi, occorre quindi rivalutare tutti i farmaci che la persona sta assumendo. Il medico deve raccogliere informazioni complete e accurate su farmaci e altri prodotti in particolare su:

·         nome commerciale e/o denominazione del principio attivo;

·         dose giornaliera e via di somministrazione;

·         modalità di assunzione: orari nella giornata, cadenza temporale diversa da quella giornaliera;

·         data e ora dell’ultima dose assunta;

·         data di inizio della terapia;

Il limite della ricognizione è che non sempre è semplice riuscire a stilare una lista completa di tutti i farmaci che la persona sta assumendo, specie se anziana.
Una volta disponibili i dati della ricognizione, il medico in collaborazione con il farmacista confronta e rivaluta la terapia in corso con le disposizioni ritenute necessarie per l’attuale condizione clinica. Durante questa fase (detta di riconciliazione terapeutica) devono essere individuate possibili sovrapposizioni, omissioni, controindicazioni e interazioni tra le terapie.
            Infine in generale la prescrizione di una terapia nell’anziano non può prescindere da un’ attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio.

In particolare occorre considerare che nel paziente anziano la dose spesso deve essere ridotta, sebbene le richieste farmacologiche varino considerevolmente (fino a cinque volte) da persona a persona. Di solito le dosi iniziali dei farmaci con un basso indice terapeutico dovrebbero essere da un terzo alla metà delle dosi abituali dell’adulto. Se un paziente ha un problema clinico che può essere esacerbato da un farmaco, la dose iniziale va ridotta di circa la metà, specialmente se c’è una ridotta eliminazione del farmaco.

 

                                                                                  Prof. Giorgio Bottani

 

 

 

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L'Infermiere è un professionista sanitario laureato il cui compito è la somministrazione della cura, il controllo dei  sintomi e la  cultura all’ Educazione Sanitaria.

 

                                                                                                          Roberto Pioppo

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