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| 14 novembre 2016, 17:00

Io penso l'olio positivo

Io penso l'olio positivo

A sentire i commenti sull’edizione 2016 di Oiloliva a Imperia c’è da essere soddisfatti. L’unica lamentela che ho sentito è di qualche automobilista incolonnato su capo Berta, a causa delle code interminabili innescate dalla chiusura di via Bonfante. Beh, ci sarebbero anche le infinite discussioni sulla tutela dell’oliva taggiasca o giuggiolina che modificar si voglia, ma di questo scriverò un’altra volta. Ora mi preme rimanere su Olioliva e capire se e come potrebbe crescere la manifestazione.

L’obiettivo è andare oltre le semplici bancarelle, che pure sono essenziali per la buona riuscita dell’evento. Qualche passo negli anni è stato compiuto in questo senso: degustazioni, corsi e dimostrazioni di cucina, mostre, convegni sulla dieta mediterranea. Per prima cosa, ritengo che la rassegna dovrebbe durare di più, non quasi due mesi come la Fiera internazionale del tartufo bianco ad Alba, ma almeno due o tre weekend direi di sì.

Tre giorni, a mio avviso, sono pochi. Invece Imperia dovrebbe provare a organizzare una manifestazione di più ampio respiro, dilatata, da turismo slow. In altre parole, dovrebbe giocare di più sull’esperienza dell’olio nuovo, appena franto, di altissima qualità, da gustare con lentezza; sulle ricchezze del territorio da esplorare, sull’enogastronomia.

Allora Olioliva potrebbe creare delle sinergie con eventi simili, ad esempio l’Expo della val Prino e quello della valle Arroscia, ravvicinando tra loro questi singoli appuntamenti. Che so, un autunno del gusto in Riviera? Tra Pieve di Teco, Imperia e Dolcedo, coinvolgendo altri paesi con possibilità di visite anche culturali e artistiche: chiese, santuari (avete presente quanto sia suggestivo e poco conosciuto il santuario di Montegrazie?), borghi e mulattiere.

Vorrei vedere iniziative del tipo “frantoi aperti”, con escursioni guidate nell’entroterra per far conoscere ai turisti come si coltiva e produce il nostro prezioso liquido. A Imperia, proverei a estendere la manifestazione a Porto Maurizio, sfruttando la futura area pedonale di via Cascione con il nuovo mercato coperto e, perché no, il sempre dimenticato Parasio, che nella parte alta svuotata dalle macchine si presterebbe molto bene a ospitare dei mercatini.

Mi sembra già di udire l’obiezione: il Parasio è morto, chi salirebbe fin lassù? Ed io rispondo: proviamo a immaginare delle opportunità per valorizzarlo. Food Parasio in piazza, o sto pensando troppo positivo?

Luca Re

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