L’erba di Coldirodi torna a dividere favorevoli e contrari alla legalizzazione della marijuana. Ogni tanto, sulle alture di Sanremo, spunta qualche serra in cui al posto dei fiori si coltiva la cannabis indica: ultimo caso, un’intera famiglia arrestata dai Carabinieri (cinque persone in tutto, c’è anche la fidanzata di uno dei due figli) dopo aver scoperto una maxi piantagione illegale. Gli uomini dell’Arma hanno sequestrato 1.500 piantine, pronte per essere tagliate; oltre a diversi locali-laboratorio destinati all’essiccazione, lavorazione e confezionamento della sostanza stupefacente.
Da ex coltivatori di rose a spacciatori che avrebbero potuto guadagnare fino a 600.000 euro con la droga rinvenuta nella serra: non può che tornare in mente il divertentissimo film inglese di Nigel Cole, “L’erba di Grace”. Chiunque l’abbia visto ha finito per simpatizzare con la signora Grace, decisa a ripagare i cospicui debiti lasciati dal marito defunto mettendo in piedi una piccola industria della cannabis. Ironia a parte, l’anno scorso mi aveva colpito quanto affermava la Direzione nazionale antimafia nella sua relazione sulle attività del 2014: in sintesi, che gli sforzi per reprimere lo spaccio di hashish e marijuana non riuscivano a ottenere i risultati sperati perché il fenomeno è di proporzioni troppo vaste. Di conseguenza, che il legislatore avrebbe dovuto valutare un’eventuale depenalizzazione della materia. Leggi l'articolo precedente: L'erba di Coldirodi
Allora dopo l’ennesima serra pizzicata dai Carabinieri ho voluto sfogliare la nuova relazione della Dna sul 2015 e anche stavolta ho trovato delle informazioni che mi hanno sorpreso. In particolare, si legge nel documento (pag. 324-325) «si palesa un’evidente contraddizione: dobbiamo, cioè̀, constatare che sia a livello europeo che nazionale, all’interno di un fenomeno omogeneo, quello del narcotraffico, viene individuata un’area di minore allarme sociale, quella della vendita e del consumo della cannabis, e tuttavia, in concreto, numeri alla mano, è proprio questa area, quella che dovrebbe essere considerata di minore allarme, ad essere, di gran lunga, la più perseguita sotto il profilo dei controlli, dei mezzi e degli uomini impegnati». Tradotto: cercare di arginare la diffusione della cannabis distoglie l’attenzione dalle attività criminali più pericolose e remunerative, come il narcotraffico “pesante” (eroina, cocaina e droghe sintetiche).
Insomma sarebbe un po’ come se le forze dell’ordine dovessero impegnarsi al massimo per assicurare alla giustizia i ladri di merendine, tralasciando le bande organizzate che svaligiano interi negozi o abitazioni. Secondo la Dna ci troviamo dentro «una vera e propria schizofrenia del sistema», tanto che bisognerebbe prendere le opportune contromisure. Testualmente: «Dunque, per un verso, è necessario allocare diversamente le risorse umane e di polizia sugli altri fronti del narcotraffico e, per altro verso, è necessaria, per rendere il sistema non intrinsecamente contraddittorio, una rimodulazione delle fattispecie incriminatrici che consenta di procedere, nel settore della cannabis, per un numero di casi corrispondente - e non sovradimensionato - rispetto alla gravità del fenomeno». In conclusione, due domande sui vantaggi di legalizzare la marijuana conviene farsele.