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| 25 marzo 2017, 07:25

Varie tipologie di contratto di lavoro: oggi parliamo del contratto a tempo determinato, la sintesi

Nell’ambito di imprese che non abbiano redatto il documento di valutazione dei rischi.

Varie tipologie di contratto di lavoro: oggi parliamo del contratto a tempo determinato, la sintesi

Oggi proseguiamo l’approfondimento legato alle varie tipologie di contratto di lavoro parlando del lavoro a termine. Sorvolando le ampie e numerosissime modifiche che questo istituto ha subito nel corso della storia, pare opportuno affermare, in prima battuta, che questa particolare tipologia contrattuale dovrebbe rappresentare in realtà un’eccezione all’interno del nostro ordinamento. Ce lo ricorda infatti l’art. 1 del D.lgs. n. 81/2015 che, come pietra miliare del Job’s Act, elegge il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato come la forma comune di rapporto di lavoro.

Pertanto, determinare fin dall’inizio il momento in cui si concluderà un contratto di lavoro, rappresenta un allontanamento dallo schema legale tradizionale, giustificandosi così l’applicazione di una disciplina speciale. Le norme cui dobbiamo riferirci sono collocate nel D.lgs. n. 81/2015 tra gli artt. 19 e 29. In linea generale, potendo (per ragioni di spazio) dare solo qualche informazione riassuntiva, possiamo cominciare col dire che è ammessa l’apposizione di un termine al contratto di lavoro della durata non superiore a 36 mesi.

In realtà, a questi 3 anni massimi è possibile, in particolari condizioni, aggiungere un anno ulteriore, cioè quando viene sottoscritto tra medesime parti un nuovo contratto a termine, di quella durata e presso la sede della direzione territoriale del lavoro.

Contrariamente a quando avveniva in passato, oggi, per stipulare un contratto a termine non è più necessario verificare la presenza di una causa concreta che possa giustificare il ricorso a questa particolare forma contrattuale in sostituzione del più tradizionale e confortante contratto a tempo indeterminato. In proposito si parla della a-causalità dell’apposizione del termine, che consente di stipulare un primo contratto a termine con un soggetto, senza una particolare motivazione giustificatrice, e per una durata massima di 36 mesi (comprensivi di proroghe).

Per la legittimità della apposizione del termine, questi deve risultare da un documento scritto, in cui la durata possa evidenziarsi direttamente o indirettamente (in quest’ultima ipotesi si pensi al lavoratore che, sostituendo una lavoratrice in gravidanza, resterà ingaggiato fino all’esaurimento del congedo di maternità).

Il contratto a termine per sua natura può essere soggetto a particolari vicende nel corso del tempo:
· Proroghe (che avvengono quando si posticipa il termine che si era precedentemente indicato): ammissibili per un massimo di 5 volte, col consenso del lavoratore ed entro il limite massimo di 3 anni. Diversamente il contratto si converte a tempo indeterminato;
· Continuazioni del rapporto anche dopo la scadenza del termine: in queste occasioni il datore di lavoro – fermo limite dei 36 mesi − è obbligato a pagare una maggiorazione di stipendio, fino ad arrivare, dopo 30 o 50 giorni, a seconda della durata del contratto, alla conversione a tempo indeterminato del rapporto;
· Reiterazione del contratto (che avviene attraverso la riassunzione dello stesso lavoratore con un nuovo contratto a termine): per poter stipulare un nuovo contratto a termine è necessario sottoscriverlo solo dopo che siano trascorsi 10 o 20 giorni dalla scadenza del precedente (dipende dalla durata del rapporto, inferiore o superiore ai 6 mesi), per non incorrere nella conversione a tempo indeterminato del nuovo contratto. Resta fermo il fatto che un medesimo datore di lavoro che stipula nuovi contratti a tempo determinato con lo stesso lavoratore,  inserito nella medesima categoria legale e livello di inquadramento, sia sottoposto al limite generale di durata di 36 mesi totali, indipendentemente dal tempo trascorso tra l’uno e l’altro. E’ conferita la facoltà ai contratti collettivi di disciplinare tali aspetti in modo differente dalla disposizione legale, che, inoltre, non trova piena applicazione con riferimento alle attività stagionali.

Esistono inoltre dei limiti quantitativi per il reclutamento di lavoratori a tempo determinato, pur essendo molte le eccezioni alla regola.  In particolare, si prevede il limite generale in rapporto al  20% rispetto alle maestranze assunte a tempo indeterminato nell’impresa (fino a 5 dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto a t. det.).

Infine, restando fermi i molti settori nei quali le disposizioni appena citate non trovano applicazione, esistono anche dei rigidi divieti. Infatti non è consentito stipulare contratti a tempo determinato:
- Per la sostituzione di lavoratori in sciopero;
- Nelle unità produttive in cui, per lavoratori con le mansioni oggetto del contratto, siano stati disposti, nei 6 mesi precedenti, dei licenziamenti collettivi;
- Nelle unità produttive in cui, per i lavoratori con le mansioni oggetto del contratto, siano state intraprese misure di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro (ad es. cassa integrazione);
- Nell’ambito di imprese che non abbiano redatto il documento di valutazione dei rischi.

Edoardo Crespi

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