Il giovane sindaco di Ventimiglia, Enrico Ioculano, è giustamente incavolatissimo. È un po’ stufo di vedere la città abbandonata al suo ingrato compito di assistere e rifocillare migranti. Assistenza inevitabilmente molto spartana, arrangiata anche sbattendo i pugni sul tavolo, come con le Ferrovie che non volevano aprire i bagni della stazione. Dev’essere snervante, per un primo cittadino, costatare con quanta approssimazione i cosiddetti “poteri forti” (Bruxelles, il Governo francese, quello italiano) stiano affrontando un’emergenza dai contorni sempre più elastici e contradditori.
Ventimiglia è un dannato imbuto, che incanala profughi disperati verso la frontiera assiduamente presidiata dalla gendarmeria transalpina. Perché la Francia li respinge? A centinaia si sono ammassati sul lato italiano del confine. Stanno dormendo per terra in stazione o sulle aiuole. Sono fuggiti sugli scogli, minacciando di buttarsi in mare. Hanno passato lì una notte, riparandosi con dei teli. Alla fine la polizia con caschi e scudi ha sgombrato il piazzale dell’ex frontiera di Ponte San Ludovico (il dubbio, però, è lecito: la Francia di fatto ha sospeso Schengen?). I profughi non vogliono restare in Italia. Scappano dai luoghi che potrebbero ospitarli, com’è accaduto qualche giorno fa a Montalto Ligure. Si rimettono subito in marcia. Uno di loro ha resistito appeso a un treno per chissà quanti chilometri. Per questo motivo cercano in ogni modo di sottrarsi ai controlli appena sbarcano sulla nostra Penisola. A Ventimiglia questi fantasmi eritrei, somali, etiopi, sudanesi hanno materializzato striscioni (urgence humaine nous attendons une réponse politique de l’europe now). Quindi sanno benissimo che la soluzione deve, dovrebbe arrivare dall’Europa.
La Francia dice all’Italia: i clandestini sono un problema vostro. L’Italia sostiene che tale grattacapo è soprattutto europeo. La Commissione Ue, ormai sull’orlo dello sfiancamento, prova a rilanciare il suo puzzle di redistribuzione di esseri umani. Molti Stati membri puntano i piedi. Insomma è chiaro che una politica comune in tema immigrazione è inesistente. Allora la Francia decide di sigillare il confine rivierasco. Ventimiglia diventa un parcheggio di persone costrette a fermarsi. Ioculano afferma che la città è stata lasciata sola. La Forza Lega del neo governatore Toti rilancia soluzioni machiavelliche, tipo blocchi navali e allestimento di campi profughi in Libia. Intanto Matteo Renzi medita il piano B: velocizzare i rimpatri, potenziare i Cie (centri d’identificazione ed espulsione), utilizzare caserme abbandonate per accogliere chi richiede asilo. E a questo punto, sorge spontanea una domanda: nel generalizzato rimpallo di solidarietà e responsabilità, nelle alte sfere della politica come pensano di gestire le nuove inarrestabili migrazioni?

