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| 21 aprile 2015, 07:31

Il problema della viabilità nella Liguria di Ponente nel racconto del nostro lettore Pierluigi Casalino

Il problema della viabilità nella Liguria di Ponente nel racconto del nostro lettore Pierluigi Casalino

Il periodo aureo della viabilità in Liguria fu certamente quello romano. La via Julia costituiva, infatti, un capolavoro della comunicazione e metteva in contatto la costa ligure, e in genere l'Italia con la Gallia. Angelo Aprosio, il Petrarca e Papa Urbano V, tra gli altri, segnalarono tale sfortunata condizione.

La strada costruita dai romani rappresentò il vero primo e insuperato tratto ininterrotto di percorso terrestre sulla costa ligure fino alla sua distruzione da parte dei Goti. Angelo Aprosio, il Petrarca e Papa Urbao V in direzione di Avignone furono alcuni dei testimoni di tale sfortunata condizione. La conseguenza, dunque, di tale disastro fu che per oltre un migliaio di anni, anche durante l'epoca della repubblica genovese e anche, in parte, dopo, sotto l'amministrazione sabauda, ed unitaria, lo spostamento lungo la costa si rivelò assai difficile e pericoloso. A I fasti di Ottaviano Augusto vennero rinnovati solo da Napoleone con la costruzione di quella che prenderà il nome di Strada della Cornice: quello del grande Corso fu l'unica e felice iniziativa che dopo tanto tempo riaprì la via rivierasca non solo da e per la Francia, ma nell'intera Liguria di Ponente. La stessa costruzione del Ponte San Luigi rappresentò un punto di rilevanza strategica nel transito. Il problema atavico delle comunicazioni in questa regione non paiono ancora risolti, né con la costruzione della ferrovia nel XIX secolo e della rete autostradale nel secondo dopo guerra. Questione rimasta prevalentemente irrisolta, con implicazioni negative sul piano generale dello sviluppo dell'economia di questa zona. La Strada della Cornice, dal canto suo, venne progressivamente perfezionata tra il 1804 e il 1818 e successivamente nel 1828.

Dopo il Congresso di Vienna, quando la Liguria fu inglobata nel Regno sabaudo, la mancata iniziale manutenzione della Cornice provocò non pochi disagi. Ma anche nell'ultima travagliata fase napoleonica il tragitto non appariva agevole, dal momento che Papa Pio VII, di ritorno dalla Francia, dovette usare una portantina con discreta perdita di tempo e relativi inconvenienti. L'inglese Lady Blessington, poco dopo la caduta di Napoleone, constatò che l'arteria cadeva già in rovina e che si era costretti a procedere a dorso di mulo. Il Piemonte recepì, tuttavia, l'importanza dell'intuizione napoleonica e decise di riprendere i lavori di completamento con non poche difficoltà tecniche. Carlo Felice, dopo l'abdicazione del fratello Vittorio Emanule I, decise in ogni caso di raggiungere Nizza da Genova per mare con una flotta, rinunciando a unificare idealmente il nuovo dominio ligure via terra. E certamente la via d'acqua costituì per secoli un veicolo di successo per la stirpe ligure in alternativa a quella terrestre: si trattò comunque di una scelta per rinviare la soluzione del problema. Non meno facili furono le cose per costruire una moderna tratta viaria più ad est, ad esempio, tra l'onegliese e lo sbocco al mare del torrente Prino: per costruire ponti sull'Impero e sul Prino ci volle davvero molto tempo (almeno vent'anni), con inevitabili riflessi negativi sulla viabilità.

Le lungaggini per ovviare a quello che può considerarsi un perdurante isolamento della Liguria, specialmente di Ponente, sono sotto gli occhi di tutti e manca ancora oggi quella decisa svolta per assicurare a questa terra un suo più adeguato collegamento con il resto d'Italia e d'Europa.

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