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| 21 marzo 2012, 06:20

Il sapone è un dono dei Celti e perfezionato dai Liguri (Ponentini)

Il sapone è un dono dei Celti e  perfezionato dai Liguri  (Ponentini)

La notizia dell’uso del sapone nell’antichità la dobbiamo a Plinio il Vecchio,  nella sua Storia Naturale, afferma che i Celti (così erano chiamati dai greci ) o Galli ( così erano chiamati dai romani) avevano grande cura del proprio corpo e si lavavano con un materiale che chiamavano “sepum”, cioè il sapone, termine  e sostanza che, secondo lui, avevano inventato proprio loro.

          Lo facevano con ceneri di piante ed  oli vegetali.  Esisteva un sapone tipo a pasta dura (ottenuto da piante marine) e un altro a pasta molle e cremosa (ottenuto da piante di terra). I celti  tingevano con mano pesante i capelli, il corpo e il viso; il poeta Properzio, rimproverando alla donna amata il trucco eccessivo, l'accusò didipingersi come i Celti. Erano soliti combattere nudi, ma si dipingevano il corpo spalmandolo di nero, i britanni di blu.  Lo usavano anche come pomata per i capelli o per usi medicinali. Tempi e luoghi di nascita dei saponi duri e dei saponi molli così come li conosciamo oggi sono poi differenti: i saponi molli hanno un'origine più antica rispetto a quelli duri e sono una produzione tipica dei paesi settentrionali, favorita dalla presenza di numerose industrie tessili.  

         I liguri di Ponete sposano il  sapone con l’olio d’oliva .

      Quanto ai saponi duri, la tradizione ligure (riportata anche da testi francesi) vuole invece che a Savona la moglie di un pescatore abbia ottenuto per la prima volta il sapone in modo del tutto accidentale e "casalingo", facendo bollire della liscivia di soda in una pentola contenente residui d’olio d’ oliva. Non si pensi che era l’olio d’oliva extra vergine, ma olio lampante, non commestibile ed adatto come dice la parola per le lampade. Dopo la spremitura dell’olive rimaneva la sansa che messa nuovamente nel “gumbu” veniva macinare dalla mola, quella poltiglia veniva  pressata e si ricavava un olio bianco non commestibile adatto ai lumi . Una volta raccolta questa poltiglia si lavava la sansa,  la morchia ricavata dalla sansa lavata veniva immessa in vasche che tenevano a galla la morchia lavata veniva raccolta con un raccoglitore e messi in recipienti per avviare alle fabbriche di sapone.  Questi decantatori detti “puzzetti dell’infernu o du merdocchu”. Chi per prima invento questo a lavorazione della sansa fu un certo Mela di Dolcedo nel ‘700.

         Anticamente la sansa, residuo della lavorazione era data per alimento agli animale e soprattutto come concime, se lavata veniva usata, in Liguria per scaldare i forni del pane. Lo sviluppo dell'industria saponiera nelle città costiere del Mediterraneo (Savona, Genova, Venezia e Marsiglia) fu pertanto favorito dalla oli al limite della commestibilità e dalla  spremitura dei residui della sansa: olio lampante e  dalla morchia misto a soda naturale ottenuta dalle ceneri si alghe marine  Al giorno d’oggi usando olio o soprattutto quello che rimane dopo la lavorazione dell’olio o olio d’oliva di infimo ordine. La chimica  ci viene incontro dandoci la possibilità di ottenere delicate saponette partendo dalla glicerina (un alcool polivalente ottenuto dalla saponificazione dei grassi). Con questo metodo e semplicemente sciogliendo o grattugiando dei pani di glicerina potrete creare mille diversi tipi di sapone aromatizzato, colorato e con le forme più divertenti!         

 

Lui Cerin

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