Attualità - 28 novembre 2025, 07:14

La chiusura delle edicole svuota i quartieri e indebolisce comunità e relazioni, cambiando il tessuto urbano

La scomparsa dei chioschi non è solo un fatto economico: riduce presìdi sociali, accesso all’informazione e vita di comunità

La chiusura delle edicole svuota i quartieri e indebolisce comunità e relazioni, cambiando il tessuto urbano

La progressiva chiusura delle edicole non è soltanto un aspetto commerciale, economico, ma un fenomeno sociale e culturale, che si riflette sulle comunità. Perché incide sul tessuto delle città, dal centro alle periferie, dai quartieri più popolosi a rioni più piccoli. L'assunto è che non siano solo semplici punti vendita di giornali, ma anche (e soprattutto) luoghi d'incontro, presìdi d'informalità e dialogo, spazi accessibili a tutti nel segno della notizia, della curiosità e del desiderio di approfondirla. Dal 2020 al 2024 ne sono scomparse circa 2700 sul territorio nazionale, un trend preoccupante che si sta confermando nel 2025, al quale non sfugge Sanremo, dove le edicole “pure” si conteranno sulle dita di una sola mano con l'inizio del 2026. Già, perché dall'elenco delle sei rimaste sta per sfilarsi quella in corso Garibaldi: Fabio Ormea, il titolare con alle spalle 32 anni di attività, ha deciso di chiudere il 31 dicembre. Più che la crisi della carta stampata, in questo caso c'entra la scelta di vita: cambiare orizzonte lavorativo per stare più vicino alla famiglia.

Il dato di fatto, però, è che s'impoverisce ulteriormente un servizio rivolto alla popolazione. Nella “capitale” della Riviera resteranno così soltanto cinque edicole esclusive: nell'area di porto vecchio, di fronte allo Zampillo, in via Debenedetti, in via Lamarmora e in corso Matuzia. Si aggiungono tre tabacchini e due cartolerie dove si possono acquistare anche quotidiani e periodici, oltre a tre supermercati: Coop alla Foce, Carrefour a Bussana e Conad al Solaro.

Ad ogni edicola che chiude corrisponde un ulteriore segnale di quanto e come stia cambiando la società. Per decenni hanno svolto un ruolo determinante nella diffusione dell’informazione, della lettura e della curiosità intellettuale, rappresentando una sorta di porta d’accesso a contenuti eterogenei, capace di avvicinare generazioni diverse alla cultura, con modalità che oggi il digitale non sempre riesce a replicare. La semplice possibilità di “sfogliare” con gli occhi, lasciandosi attirare da copertine e titoli, alimentava un’educazione informale alla scelta, alla critica, al confronto delle opinioni. Con il lento e inesorabile assottigliamento del numero di edicole, si finisce per perdere progressivamente una delle ultime infrastrutture sociali di prossimità, in grado di favorire relazioni spontanee e trasmettere senso di appartenenza. Il luogo nel quale creare un contatto umano immediato e quotidiano, dove trovare un volto familiare nel quartiere, un punto di riferimento riconoscibile e rassicurante.

Le cause della crisi sono diverse: dalla rivoluzione dell'accesso alle notizie e ai contenuti introdotta da internet all'aumento di costi e tasse a fronte di minori entrate, dalla concentrazione del sistema distributivo a minori novità sul fronte delle testate. Niente turn over, se non in rari casi, come accade invece in altri settori commerciali. Se un giornalaio esce di scena non viene sostituito. Anche perché è un'attività ormai poco redditizia: in media circa 900 euro al mese, secondo i dati del sindacato di categoria, a fronte di un impegno pressante, con pochissime “finestre” di pausa durante l'anno. Si assiste così a un progressivo depauperamento che imporrebbe riflessioni su come cercare, in qualche modo, di preservare un patrimonio legato alla funzione di educazione diffusa e mediazione culturale che hanno accompagnato le evoluzioni sociali per oltre un secolo.

Gianni Micaletto

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