Un nostro lettore, Gianni Calvi, ci ha scritto in relazione allo stato di degrado dell’area cani di San Martino:
"Forte della mia esperienza con i cani e della mia professione di Agrotecnico, mi permetto di condividere alcune considerazioni di carattere tecnico e pratico. Va premesso che cani e prati sono difficilmente conciliabili: il calpestio, gli scavi e l’urina tendono inevitabilmente a compromettere il cotico erboso. Tuttavia, un’adeguata progettazione e manutenzione possono ridurre di molto i problemi. Sarebbe anzitutto interessante conoscere quali operazioni preparatorie siano state effettuate prima della semina. È stato predisposto un corretto drenaggio del substrato? Le essenze prative, infatti, necessitano di irrigazione ma aborrono i ristagni idrici: se si forma fango, è verosimile che il terreno presenti un’inadeguata percolazione. È stata verificata la qualità del suolo? Se il terreno è argilloso – come la formazione di fango potrebbe far supporre – andava adeguatamente corretto e ammendato. Anche la scelta delle essenze prative è fondamentale: oggi esistono varietà selezionate per resistere al calpestio e perfino autorigeneranti grazie alla capacità stolonifera. La gramigna, per esempio, tanto invisa agli ortolani, è invece una specie rustica, resistente alla siccità e con scarsissime esigenze manutentive. Naturalmente, anche i fruitori dell’area devono fare la loro parte, evitando che i cani scavino buche e limitando il calpestio nei giorni di pioggia, quando il suolo è più vulnerabile. Infine – e so che questa proposta potrà non piacere ai cinofili – forse non sarebbe sbagliato prevedere un piccolo contributo per l’accesso all’area, destinato alla cura e alla manutenzione del sito. In questo modo, chi utilizza il servizio parteciperebbe anche concretamente alla sua tutela".





