L'Europa si fa anche con l'hotellerie, il mercato dell'accoglienza di chi viaggia, per piacere o per lavoro. E se la “missione” è racchiusa nel nome stesso, è del tutto naturale sostenerla e rinnovarla. Ne è un esempio l'Europa Palace di Sanremo, in corso Imperatrice, con la sua storia che abbraccia un secolo e mezzo, dai fasti della Belle Epoque al terzo millennio che trasuda modernità. Quando è stato concepito, nel 1874, era uno dei primi grandi alberghi della città, battezzato alla francese, Hotel de l'Europe et de la Paix, quasi a presagire e invocare l'imprescindibile valore della pace calpestato poi nelle due guerre che hanno segnato profondamente il nostro continente nel '900, oggi minacciato da quella russo-ucraina, assieme ai riflessi di conflitti vicini e lontani. Cinquant'anni fa diventava semplicemente Europa, trascinandosi così fino all'alba del 2019, quando l'incubo della chiusura si è trasformato in realtà. Come la Fenice, però, ha trovato le risorse per rinascere, radicalmente diverso nell'aspetto ma in fondo uguale a se stesso nell'idea, nel principio originario: la vocazione internazionale, in una città divenuta turistica quando teste coronate, aristocratici e altri grandi personaggi l'avevano eletta a destinazione privilegiata per svernare, capace poi di sviluppare le sue peculiarità attraverso i mutamenti della società e delle tendenze, tra l'avvento del Casinò, l'immagine dei fiori diffusa nel mondo, il fascino della nautica e la potenza della musica.
Il vecchio Europa era un gigante piegato dal peso degli anni, accartocciato, sospeso nel limbo delle incertezze. Oggi è un cinque stelle splendente, tutto da esplorare (e da vivere) nelle trovate architettoniche e stilistiche, perfino artistiche. Una trasformazione radicale che si deve al coraggio d'investire della famiglia Lagorio, punto di riferimento dell'imprenditoria locale, capace di diversificare rispetto al core business di base, quell'Unoenergy ormai colosso nazionale nel settore luce e gas, con presidente papà Walter. L'Europa Palace, la cui nuova vita è iniziata nel febbraio scorso con il Festival n. 75, è la plastica rappresentazione di come si possa fare impresa uscendo dalla propria comfort zone per esplorare nuovi orizzonti, abbracciando in questo caso i campi dell'immobiliare e del turismo. Un progetto ambizioso nel quale i Lagorio hanno messo non soltanto i capitali ma anche testa e cuore, nel senso della gestione diretta senza intermediazioni, della quale si occupa Cora, la maggiore dei tre figli.
Tutto si può dire del restyling, tranne che sia ispirato a linee classiche, tradizionali.
“E' così: abbiamo scelto la contemporaneità. Quando siamo entrati, nel marzo 2019, l'albergo appariva stanco, accasciato. Non avevamo ancora idea di come recuperarlo, ma fin da subito eravamo decisi a operare una cesura netta, per renderlo diverso dai soliti cinque stelle un po' isolati e arroccati su stessi, in prevalenza caratterizzati dallo stile classico. Abbiamo così iniziato a sondare diversi esperti di interior design, e con uno di questi eravamo già arrivati alla possibile costruzione di una camera. Ma non ne eravamo convinti della proposta. E' stato in quel momento che è maturata la decisione di puntare tutto sullo studio Q-bic, al quale inizialmente avevamo affidato la sola realizzazione del Rêve Bistrot. Da qui la visione “industrial” che ne è scaturita. Il progetto architettonico è firmato dallo studio locale Calvi Ceschia Viganò”.
L'hotel ridisegnato è arricchito da un tocco artistico, le suggestive sculture intitolate “Le acciughe fanno il pallone”, opera di Paolo Albertelli e Mariagrazia Abbado dello studio C&C, che decorano la facciata dell'edificio lato piazza Battisti e un angolo della hall. Una scelta che all'inizio ha suscitato curiosità mista a perplessità. E' stata “digerita”?
“Non so dare una risposta precisa. Tuttavia, sento più voci favorevoli, partecipi, rispetto a chi ancora s'interroga. E' un omaggio alla nostra terra, al mare, in una visione forse un po' rock rispetto alla citazione di un brano di De André. Sanremo è città della musica e la Liguria è patria di cantautori”.
Non siete nuovi sul fronte dell'hospitality, ma è la prima volta che la famiglia Lagorio prende le redini di una propria creatura in questo settore.
“Abbiamo iniziato qualche anno fa in Toscana, con il 'RE-Dama Hostel a Firenze e successivamente con un albergo quattro stelle a Marina di Pietrasanta, il Re Versiliana. Di entrambi se ne occupa il nostro socio Marco Galletti, attraverso la San Gregorio. Qui abbiamo scelto la gestione in prima persona, mentre portiamo avanti il progetto di un ostello nella Pigna, simile a quello fiorentino, che speriamo di poter inaugurare in occasione del Festival 2027”.
Il Rêve Bistrot, affacciato su corso Imperatrice, è stato subito aperto alla città. Come la SPA Anemoi con annessa palestra. E in estate si è aggiunta la terrazza-ristorante The RUFtop (Riviera Unique Flavours), con vista mozzafiato.
“L'aspetto sul quale ho tanto insistito è proprio quello di una struttura non chiusa in sé stessa, bensì aperta a tutti, sulla falsariga di moltissimi hotel di grandi città, capaci di accogliere tanto i clienti quanto gli esterni. E subito abbiamo riscontrato grande interesse, molta curiosità di scoprire questi servizi open. In seguito è stato necessario farci conoscere in modo più ampio. Nel frattempo, è maturato un cambio in cucina, con l'arrivo del giovane e preparatissimo chef imperiese Alessandro Schiavon, capace d'imprimere la sua impronta nel solco delle tradizioni culinarie liguri. Il RUF vorremmo renderlo disponibile anche quest'autunno e nel prossimo inverno, confidando sul clima di Sanremo e della Riviera, almeno durante le giornate migliori. Apriremo anche il ristorante interno, finora utilizzato per le colazioni, mentre al Rêve Bistrot
proseguiranno gli intrattenimenti musicali il giovedì e il sabato, e abbiamo intenzione di ampliare il programma con danza acrobatica e qualche appuntamento dedicato alla magia. L'ambizione è quella di creare una sorta di clima felliniano e in proiezione di farne un locale nel quale chiunque entrando possa trovare sempre qualcosa di diverso. Tornando alla cucina, vogliamo riproporre l'esperienza della “cena a quattro mani” dopo l'evento con chef Oldani. Il 17 dicembre il nostro resident chef sarà affiancato da un ospite, con l'obiettivo di far conoscere anche da queste parti la cucina altoatesina”.
L'Europa Palace gode di una posizione privilegiata: vista mare sul versante di piazza Battisti, sul Casinò e sulle cupole della Chiesa russa lato corso Imperatrice. Settanta camere dislocate in cinque piani, dalle classic alle sei suite, con la presidential “pezzo forte”, dotata di terrazza panoramica e vasca idromassaggio. Se potesse tornare indietro riproporrebbe lo stesso schema, a rodaggio ormai completato?
“Con il senno di poi realizzerei più suite, a fronte dei riscontri positivi che stiamo ottenendo. E pensare che all'inizio ero contraria. La presidential è la più costosa ma anche la più richiesta, con tariffe che variano da 1000 euro in bassa stagione a 2500 nell'alta. C'è una clientela che cerca proposte come questa. Un esempio su tutti: una coppia olandese che l'aveva prenotata per quattro giorni si è trovata talmente bene da prolungare la permanenza di altri dieci giorni. E, come per tutti gli alberghi, i feedback sono importanti: in questo momento su Booking abbiamo un punteggio di 9.1 su circa 270 commenti. Un buon risultato dopo nemmeno un anno dall'apertura. E se riceviamo critiche costruttive, anche attraverso email, le consideriamo spunti per crescere e migliorare”.
In autunno molti hotel chiudono per riaprire a fine anno e anche oltre. L'Europa Palace?
“Nessuna interruzione dell'attività: stiamo lavorando bene, anche grazie alla clientela del Casinò, e per le prossime festività le prenotazioni fanno ben sperare. Posso anticipare che, come nel febbraio scorso, per il Festival 2026 l'albergo sarà riservato in esclusiva a una casa discografica. E stiamo lavorando per fare altrettanto con il Rêve Bistrot”.
Sanremo sta vivendo una nuova primavera dell'hospitality: gli alberghi 5 stelle sono diventati tre con il vostro (dopo lo storico Royal e il rivisitato Miramare), un quarto è previsto a Portosole, è in corso il recupero dell'Eden mentre si profilano una nuova esistenza per l'Astoria e altri interventi.
“Ci sono le condizioni per tornare a una vera dimensione internazionale dell'accoglienza, dopo che Sanremo si era un po' seduta anche sotto l'effetto delle seconde case. Oggi la clientela straniera è rappresentata soprattutto da francesi e russi, bisognerebbe intercettare flussi più consistenti da altri paesi, penso in particolare a cinesi, inglesi e americani”.
La vostra famiglia è stata la prima a credere nei forti investimenti privati in questa città, dopo l'acquisizione e trasformazione dell'ex palazzo di giustizia (diventato senior residence) messo all'asta dal Comune per sistemare il bilancio. E' nato il progetto per l'ampio restyling di porto vecchio, poi ceduto al fondo Reuben Brothers (gestisce Portosole) e ora in fase di ridefinizione, e più recentemente è maturata anche la proposta di rivisitare profondamente l'area dell'ex stazione e il lungomare, in accordo (siglato di recente) con la stessa società britannica.
“Con i Reuben siamo ancora soci, tanto che mio padre è presidente della Porto di Sanremo che deve realizzare gli interventi legati all'approdo. Ne è prova anche il project financing per ridisegnare il waterfront nell'area del vecchio scalo ferroviario, che ci vede impegnati assieme”.
Si confronta con suo padre? E cosa ha assorbito del mestiere?
“Abbiamo faticato a trovare una coesione, come spesso accade tra genitori e figli, ma ora siamo davvero un team focalizzato sulla stessa pagina. Le nostre vedute coincidono, quindi si lavora molto bene. Da lui ho imparato soprattutto il valore dell'istinto: mi ha sempre incoraggiato ad assecondarne l'importanza, a farsi guidare da quell'intuito che ci porta ad agire in determinate circostanze. E posso dire che finora non ho mai sbagliato nel seguire questo prezioso consiglio”.
E' una donna molto impegnata, quindi con poco tempo libero a disposizione. Riesce a coltivare delle passioni?
“Le mie distrazioni sono i viaggi, quando possibili. Ora sono curiosa di visitare Budapest. Poi c'è la musica, passione che condivido con mio padre: lui suona la batteria, io canto, soprattutto in chiave blues. Ma è tutta la musica a interessarmi e coinvolgermi, nelle sue varie sfaccettature. Avevamo anche una nostra piccola band, per divertimento. E lui continua a suonare con il suo gruppo Riviera Paradise. Sono pure attratta dal fascino della fotografia”.
A proposito di musica, suo padre porta avanti da una quindicina d'anni la rassegna UnoJazz&Blues, con la partecipazione di nomi importanti, adesso spalmata su parecchie date nel calendario. E ha dato impulso alla creazione di una società che si occupa di eventi.
“E' la testimonianza del suo grande amore per la musica. E insieme dell'impegno per sostenere e ampliare l'offerta di Sanremo a livello di manifestazioni, segno tangibile dell'attaccamento al territorio”.
Ha un sogno nel cassetto, un progetto che vorrebbe realizzare, prima o poi?
“Lavoro con mio padre da una dozzina d'anni e sono ampiamente soddisfatta. E dato che la gestione dell'Europa Palace è molto assorbente, al momento sono focalizzata su quest'impegno, senza pensare ad altri possibili obiettivi personali”.
Avete pensato a uno slogan che possa coniugare l'hotel al nome della città?
“Francamente no. Ma è uno spunto interessante: ci penseremo”.





