Eventi - 14 febbraio 2024, 15:24

A Festival concluso i discografici puntano il dito contro Sanremo: “Città che vive di rendita e non vuole crescere”

E poi: “Indotto da 100 milioni di euro, c’è da chiedersi cosa se ne facciano di tutto questo denaro”

A Festival concluso i discografici puntano il dito contro Sanremo: “Città che vive di rendita e non vuole crescere”

A Festival di Sanremo concluso si alza forte la voce dei discografici che tornano a puntare il dito contro la città e contro la struttura della manifestazione canora. E torna, quindi, la consueta domanda: è possibile immaginare in futuro un Festival lontano dalla Città dei Fiori?

Come noto, il marchio ‘Festival di Sanremo’ è di proprietà del Comune di Sanremo che lo concede alla Rai con la tanto discussa e contrattata convenzione. Difficile immaginare che la kermesse venga sradicata dalla città in cui è nata, ma è possibile, invece, ipotizzare una rimodulazione anche in virtù dell’enorme crescita degli ultimi anni: migliaia di persone in città, milioni di telespettatori in televisione e altrettanti milioni di interazioni sui social. Senza dimenticare i 60 milioni di euro incassati da Rai dalla vendita pubblicitaria.

Sulle pagine di Rockol.it si leggono le parole di Enzo Mazza, ceo di FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana): “È una città che probabilmente pensa di poter vivere di rendita, ma senza investimenti diventa sempre più fosforescente la distanza tra la modernità di un Festival di grande successo e l’obsolescenza di una città che non vuole crescere. Il problema è che mentre noi discografici siamo lì per lavorare, mentre intorno a questo Festival cresce un business enorme, la città di Sanremo è interessata soltanto a che Amadeus parli dei fiori e che qualche migliaio di persone passeggi in città consumando panini di gomma e cocacole”.

Gli fa eco Mario Limongelli, presidente di PMI (Produttori Musicali Indipendenti) che torna sulla questione del Teatro Ariston, considerato da molti obsoleto: “Il Festival ha bisogno di spazi, di un teatro adatto a uno spettacolo ormai così grande, ha bisogno di un’offerta ricettiva all’altezza, e di un contesto che garantisca spostamenti certi e rapidi agli artisti. Il Festival porta in dote alla città un indotto da 100 milioni di euro, ma, alla luce delle condizioni delle infrastrutture locali, c’è da chiedersi cosa se ne facciano di tutto questo denaro. I talent show sulla musica hanno il doppio o il triplo del pubblico in sala, malgrado facciano solo il 2% di share, mentre Sanremo ha il 70% di ascolti e viene girato in un ex cinema con il pubblico ridottissimo”.

Conclude Caterina Caselli: “Bisognerebbe invitare la città, intesa anche come impresa cittadina e non solo il Comune, a investire”.

Dal Comune, per il momento, si trincerano dietro un “no comment”.

Pietro Zampedroni

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