"La verità... per non dimenticare. Il ricordo delle Foibe deve essere onorato, in tutta Italia, dedicandogli piazze e vie. Ho conosciuto il destino del mio compaesano Antonio Orengo - sottolinea Antonella Lercari - facendo una vacanza con la mia amica Angelica Murante a Trieste. Molti monumenti della città ricordavano le foibe e così siamo andate a visitare quei luoghi, per capire di cosa si trattasse. Le foibe sono grandi cavità, buchi neri, profondi, del Carso. Hanno nascosto per anni, i terribili delitti perpetrati durante e dopo la guerra. Finirono in quelle fosse uomini, donne e bambini. Per ragioni politiche, di etnia, di interassi e di vendetta. Arrivate sopra la foibe di Basovizza, abbiamo scoperto una lapide che ricorda il nome di Antonio Orengo vicino a quello di 97 finanzieri della caserma di via Campo Marzio. I cognomi di quei giovani fanno intuire la provenienza: Murgia, Siddu, Di Gennaro, Sacchetti, Spinelli, La Spada, Le Rose... una lapide che rappresenta tutta l'Italia".
Antonio, aveva scritto ai genitori: 1° maggio '45. Cara madre, la guerra è finita torno a casa...".
"Di lui non si seppe più nulla. I genitori - proseguono Antonella Lercari e Angelica Murante - cercarono risposte per anni, usando ogni mezzo. Oggi sappiamo che lui, finanziere in servizio a Trieste, con tutto il suo plotone, cadde in un tranello. I soldati di Tito fecero loro consegnare le armi, promettendo che li avrebbero mandati a casa, invece furono imprigionati e portati nelle foibe. Ora il ricordo di Antonio chiede di non essere dimenticato: Antonio, finanziere di 19 anni, trucidato il 3 maggio del '45 nella fossa di Basovizza perché era Italiano, era del mio paese, Latte".