- 17 febbraio 2019, 11:30

Terzo capitolo de "La stanza dell'aquila" il noir di Salvatore Grenci ambientato al Parasio

"Furono piacevolmente sorpresi allorquando notarono gli acquerelli a decoro della sala ristorante: via di Porta Martina, Piazza Parasio…. Gli confidarono lì per lì che ormai da alcuni anni erano soliti passare le vacanze in Riviera, a Porto Maurizio".

Terzo capitolo de "La stanza dell'aquila" il noir di Salvatore Grenci ambientato al Parasio

"La stanza dell'aquila", CAPITOLO III

      

XII

 

 

L’avevano dipinta di colore rosa fuxia.

La sua cara , vecchia casa… in Piazza Parasio.

Possibile che non se ne fosse mai accorto? Eppure ritornava a Imperia ogni estate.

Il “ restauro “ – così gli era stato detto proprio quel giorno - risaliva ad una ventina d’anni prima, ma lui non lo aveva mai notato.

E dire che la prima cosa che faceva, quando tornava a Imperia , era quella di sincerarsi che il Parasio esisteva ancora, oltre a recarsi alla prima edicola per acquistare l’ultimo numero di Diabolik .

Luciano, il vecchio accalappiacani, lo informò , tra l’altro, che dal vecchio magazzino al pianterreno, dove erano soliti riunirsi per giocare a poker, avevano ricavato un monolocale. 

“ sessantamila euro , ottimo investimento “. Così avvertiva l’annuncio dell’agenzia  immobiliare.

Piero Lercari  massaggiò  i fianchi. La prossima volta avrebbe preso l’aereo.

Ogni anno, verso la fine di luglio, abbandonava il ristorante ai suoi quattro dipendenti e partiva dal Helmond in automobile alle prime luci dell’alba assieme alla sua bella moglie olandese ed al piccolo Fabio; solitamente giungeva ad Imperia per l’ora di cena.

Ma era venuto il momento di cambiare abitudini; un’ora e mezza di volo… e via.

Era arcistufo di sentire sua madre che, al telefono, gli ripeteva il solito accorato appello : “Non correre , Piero focu meu ! “

Guardò compiaciuto la sua Mercedes 280 grigia metallizzata.

Entrò nell’abitacolo, accese il quadro ed inserì il CD.

Roba vecchia, anni sessanta. “Passano gli anni ma otto son lunghi, però quel ragazzo ne ha fatta di strada… “.

Già. Ne aveva fatta di strada.

Aveva tredici anni quando , nell’estate del ’66 , fu assunto dal panettiere di via Porta Martina .

Solo per i tre mesi estivi, beninteso; a ottobre ricominciava la scuola , e almeno la licenza media doveva conseguirla.

Si massaggiò di nuovo i fianchi. Le reni erano ancora doloranti dopo millecinquecento chilometri d’autostrada.

 Aveva cominciato a soffrire di mal di schiena  proprio in quella lontana estate quando consegnava il pane  presso esercizi commerciali e case private. Era attrezzato, tuttavia : aveva la bicicletta messa a disposizione dal fornaio. 

“ Al bar piemontese le focacce devono arrivare prima delle  sei e trenta, sbrigati ! “ disponeva Garnero il panettiere.

Lui pedalava e sudava, pedalava e sudava …era molto difficile rimanere in  equilibrio con la grossa cesta  collocata davanti al manubrio , sempre strapiena di michette, filoncini, pagnotte e quant’altro.

In verità  ricordò che il primo dolore alla schiena lo avvertì l’anno prima , quando giunse dalla Calabria con il genitori e i suoi cinque fratelli.

Il grosso baule che sua padre aveva preteso che portassero era pesantissimo e fu un’impresa caricarlo e scaricarlo dal treno, senza contare le discussioni con il personale delle ferrovie. 

Ne aveva fatta di strada! il suo ristorante era sulla guida Michelin ed il sabato sera una lunga fila di ghiottoni aspettava pazientemente che si liberasse qualche posto.

Prese in cellulare e digitò per l’ennesima volta il numero di Enrico.

Il consueto messaggio lo avvertiva che il telefono della persona chiamata poteva essere spento.  

Dove diavolo si era andato a cacciare? E dire che gli aveva inviato due e- mail per avvertirlo del suo arrivo.

Probabilmente era in vacanza da qualche parte.    

Ormai era una consuetudine per lui comunicare agli amici il suo arrivo imminente per poter organizzare la solita  rimpatriata.

Ci aveva pensato Danilo Guidi ; la sua campagna era l’ideale per un barbecue.

Anche Brunello aveva aderito con soddisfazione all’invito.

Guardò l’orologio; ancora una mezz’oretta e sarebbe andato a prendere sua moglie in albergo.

Aveva resistito ,inossidabile, alle insistenze della madre : decise di soggiornare in albergo e non ci fu verso di convincerlo del contrario.

In gioventù aveva sofferto per la mancanza di spazio, dormiva con i suoi due fratelli nella stanza più piccola della casa , mentre le sorelle godevano di un vano più ampio.

Quando sua padre mancò, andarono ad abitare a Piani di Imperia , dopo l’assegnazione di un alloggio popolare da parte del Comune. Ma la situazione non cambiò di molto ed una sorta di claustrofobia, se non proprio patologica, lo accompagnò sempre, al punto che in  camera da letto, nella sua  villa  ad Helmond , non aveva voluto l’armadio che finì in corridoio.

“ Spazio, Spazio “ era la sua parola d’ordine . 

In compenso, almeno per quella sera , aveva sbolognato il piccolo Fabio a sua madre .

 

In verità aveva un’alternativa.

 

Due settimane prima aveva conosciuto una coppia di Eindhoven: Era la prima volta che li vedeva  al ristorante, ma gli furono subito simpatici.

Potevano avere circa quarant’anni  amavano l’Italia ed il buon vino.

Furono piacevolmente sorpresi allorquando notarono gli acquerelli a decoro della sala ristorante: via di Porta Martina, Piazza Parasio ….

Gli confidarono lì per lì che ormai da alcuni anni erano soliti passare le vacanze in Riviera, a Porto Maurizio; che recentemente avevano acquistato un appartamento nel centro storico; che era loro intenzione trasferirsi definitivamente in Italia; che purtroppo dovevano recarsi a Caracas per lavoro ma che ben volentieri gli avrebbero messo a disposizione il loro appartamento per le prossime vacanze; che il filetto ai funghi porcini era una catarsi culinaria…

 

Quale attività svolgessero i due, non era dato sapere.

 

Piero, all’inizio, rifiutò educatamente l’offerta ma, come spesso accade ai meno tenaci, di fronte alle insistenze della coppia e preoccupato di non offendere in qualche modo i  due simpatici avventori che ben potevano diventare futuri affezionati clienti , accettò infine le chiavi dell’alloggio già pensando , comunque, di non avvantaggiarsene.

Fabio, tuttavia, manifestava insofferenza per quella camera d’albergo ed aveva cominciato a frignare perché  voleva dormire dalla nonna.

“ teniamo in buon conto  l’appartamento di quei due fuori di testa  ” pensò “ tanto ci fermeremo per tutto agosto”. 

Chiuse la portiera dell’automobile, prese il cellulare e cercò sulla rubrica “ Enrico casa” .

“ Risponde la segreteria telefonica …”

 

Aveva conosciuto Enrico una sera di luglio ,nel 1966 . 

 Quella volta se ne stava in disparte ad osservare  un gruppo di ragazzini chiassosi nel dolce crepuscolo estivo.

Discese la scalinata che portava in via Acquarone e di lì raggiunse piazza del Duomo.

Aveva dormito tutto il pomeriggio dopo la faticosa mattinata dedicata alla consegna del pane, e si sentiva ancora un po’ imbambolato .

L’orologio della basilica  echeggiò nove rintocchi. Rammentò la raccomandazione intimidatoria di suo padre : “ Alle dieci e mezzo in casa, diversamente ti rompo le corna ! “

Stava osservando  la severa scultura bronzea di San Leonardo, posizionata al centro della piazza, quando udì dei suoni stentorei , sembravano voci amplificate da un altoparlante.

Incuriosito, si avviò dove credeva provenissero.  Discese una   corta scalinata.

Sorrise quando si trovò di fronte a quell’insegna luminosa.

Lesse : “ Cinema Croce Bianca “.

Notò che le due uscite di sicurezza, parallele alla biglietteria, erano socchiuse a causa del caldo.

Si fermo a leggere il manifesto : “ Oggi – A 007 Dalla Russia Con Amore – primi posti £ 100 – secondi posti £ 70 – terzi posti £ 50 “.

Frugò nelle tasche e tirò fuori l’unica moneta da cinquanta lire che suo padre, benevolmente, gli aveva elargito dopo averlo, però, ripulito dalla paga settimanale liquidata da Garnero proprio quella mattina.

La osservò lungamente, rigirandola più volte.

Se fosse entrato in quel cinema, sarebbe rimasto al verde e non avrebbe potuto comperare il ghiacciolo alla menta di cui andava matto, senza contare che non avrebbe fatto in tempo a rincasare all’ora stabilita.

Ebbe l’impressione di essere osservato.

Si guardò attorno e si accorse che Enrico e Brunello, seduti sui gradini, lo stavano scrutando incuriositi.

Brunello ciucciava rumorosamente un ghiacciolo, attentissimo, anche, a non perdere neppure una goccia del succo prelibato che colava sulla stecca di legno.

Piero era sicuro che si trattava di un ghiacciolo alla menta.

 

Fu Enrico che gli rivolse la parola per primo

 

-          Non hai i soldi per andare al cinema ? –

-          Che ti frega ? –

-          Beh, possiamo entrare senza pagare nulla –

-          E come ? –

 

Brunello aveva consumato tutto il ghiacciolo e stava triturando la stecca.

 

-          Non vedi che l’uscita di sicurezza è aperta? –

-          Si, me ne sono accorto, ma poi dentro ti beccano –

-          Se facciamo attenzione, no –

-          Andiamo, allora –

 

Silenziosi e furtivi, passarono attraverso lo spazio ristretto dell’apertura senza schiudere ulteriormente la porta, poi si accucciarono e scostarono quel poco che bastava il pesante tendale di velluto rosso.

Per primo passò Brunello, che era il più piccolo.

Accucciato, poggiò la mano sul cordone divisorio dei terzi posti.

Sgattaiolò verso la prima poltroncina libera, mentre gli altri lo seguirono a ruota e andarono a prendere posto accanto a lui. 

Si erano disposti nella seconda fila, vicinissimi allo schermo, che appariva gigantesco.

 

-          E’ fatta –

-          Io mi chiamo Piero – bisbigliò all’orecchio di Enrico

-          E io …

-          Porca Eva ! ho ingoiato un pezzo di stecca –brontolò ad alta voce Brunello 

-          Silenzio, là in fondo! – 

 

Per un attimo restarono con il fiato sospeso, temendo che la maschera si fosse accorta della loro improvvisa comparsa.

Fortunatamente nessun fascio di luce illuminò i loro volti e poterono godersi tranquillamente il film.

 

Piero non poteva immaginare che quell’incontro casuale sarebbe stato l’inizio di un sodalizio lunghissimo; da quel momento - per tutta l’estate e per molti anni a venire - non si lasciarono più.

 

La domenica successiva era giorno di riposo per Piero e suo padre fu particolarmente generoso, elargendogli la bellezza di cento di lire in monete da venti.

Aveva l’appuntamento con Enrico e Brunello alla spiaggia d’oro; quella mattina decisero due cose: nel pomeriggio sarebbero andati al cinema , questa volta pagando regolarmente il biglietto , poi programmarono un gioco di lunga durata , immaginando di essere agenti segreti e di dover andare in missione a Genova .

Il fatto era che a Genova volevano andare sul serio, ma tale progetto esigeva un’accurata preparazione.

Ne avrebbero parlato seriamente quella sera stessa.

 

 

Rimasero a bocca aperta di fronte al manifesto del “ Cinema Croce Bianca “.

Infatti era in programmazione un film rigorosamente vietato ai minori di anni 16; si intitolava  “Un uomo , Una donna”.

Gli occhi di Brunello sfavillarono.

 

-          se riusciamo ad entrare…è un film pieno di donne nude ! 

-          come facciamo? la cassiera si accorgerà che non abbiamo ancora sedici anni –

-          Ma no, quella ha due occhiali che sembrano telescopi, non vede un tubo! –

 

Piero  sogghignando furbescamente , tirò fuori una bustina dalla tasca posteriore dei pantaloni.

 

-          Ho dieci esportazioni con filtro ! –

 

                           

 

La cassiera rimase alquanto perplessa alla   richiesta dei ragazzi 

 

-          ..ma li avete sedici anni ? –

-          Certo! – rispose Enrico, fingendosi quasi offeso.

 

La donna si alzò, sporse la testa oltre il vetro divisorio della biglietteria e squadrò i ragazzi dalla testa ai piedi 

Effettivamente gli occhi di quella prosperosa signora, dietro gli occhiali spessi come un iceberg, sembravano due moscerini neri come il carbone.

Infine la cassiera si lasciò cadere pesantemente sulla sedia ed allargò le braccia

 

-          Se lo dite voi! –

 

 

Circa due ore dopo, uscirono dal cinema delusi e tutti e tre con un gran mal di testa.

 

-          Che schifo! non si è visto un paio di tette, neanche di sfuggita

-          Però la lingua in bocca ….

-          Mi viene da vomitare, si sente che ho fumato? –

 

 

Si sente che ho fumato … Piero rise di gusto a quel lontano ricordo  poi chiamò Kristine al Cellulare. 

 

                                                       *******

 

Danilo tracannò la seconda grappa e questa volta sua moglie protestò

 

-          Non ti sembra di esagerare? –

-          Ma dai, questa è una serata speciale: è tornato Piero –

 

Erano tutti un po’ brilli quando Marietto, divenuto improvvisamente serio , si rivolse a Danilo 

 

-          Che cosa ne facciamo di quell’affare? -             

-          Poi ne parliamo ..-

-          No, ne parliamoora ! -

 

Danilo, alquanto seccato, si alzò da tavola e andò a prendere una bottiglia di acqua fresca dal frigorifero.

Piero si accorse che l’aria si era fatta pesante 

 

-          C’ è qualche problema,ragazzi ? –

 

Danilo si grattò la testa…  

 

-          Tanto sei un amico . Te ne possiamo anche parlare . -

 

Suo cognato Marietto si allontanò per qualche minuto , poi ritornò sostenendo un oggetto avvolto in un’asciugamano.

Danilo spostò le numerose bottiglie di vino vuote ed aiutò Marietto a deporre l’oggetto sulla tavola ;sciolse i nodi dell’asciugamano  e la scostò.

Più che uno scrigno  l’oggetto  sembrava una piccola cassapanca o un forziere.

Il legno appariva consunto e si sbriciolava al tatto.

 

 

      - Questa mattina , all’alba – iniziò  – io e Marietto siamo usciti in barca , per           

         pescare , come facciamo ogni sabato mattina.

        ci siamo accorti che nel tratto di mare dirimpetto al terrazzino del tiro al piattello,   

        c’era …c’era di tutto! Terra, ciuffi d’erba, pesci morti che galleggiavano.

        Una cosa veramente strana. Poi , quando ci siamo avvicinati  alla spiaggetta, abbiamo        

        notato quest’affare incagliato in mezzo a due scogli e…. insomma guarda -

 

Danilo apri il coperchio, raschiando parte della muffa verdognola che ne aviluppava parzialmente la superficie.

Piero si sporse per osservarne il contenuto… e rimase a bocca aperta.

 

     -  Credo …credo siano monete d’oro -   

        

 

   

 

                                                                     XIII

                                        

  

 E io vi dico, eccellentissimi Signori e rappresentanti del popolo , anzi , vi assicuro che le nostre guardie assieme ai valorosi soldati francesi sapranno estirpare la piaga fettida di tutti gli scrocchi ed i vagabondi e financo gli assassini di Montegrazie e quelli che si mascherano da paladini di giustizia , comandati dagli eretici che si nascondono nel vicariato .. –

-          Dove sono , signor capitano , questi eretici ? dove si nascondono ? voi non sapete nulla ! –

 

Rimase a bocca aperta , Non si aspettava tanta insolenza da parte degli anziani.

 

-          voi ci venite ad uggiare con  le bande di campagna , ma qui, nel vicariato, sapete cosa succede ? lo sapete , per tutti i santi ? –

 

Il Giusdicente si alzò dalla piccola poltroncina di legno, si aggiustò la casacca di velluto e sollevò il mento in alto con cipiglio ardente

 

-          ma voi stessi, eccellentissimi, avete mentovato Genova : voi stessi ,giustamente, vi siete lagnati che i birri erano troppo pochi e che alcuni di essi avean fatto combutta con i vagabondi patriotti –

-          La Serenissima si rifiuta di accogliere le suppliche ed è sorda e cieca quando riferiamo che le lacrime ed i gemiti degli onest’uomini  siano provocati anche dai francesi al pari degli assassini –

-           Giusto! – Un’altra voce fremente d’ira  -  E che mi dite delle meretrici……. ? –

 

Un anziano avanzò verso il Giusdicente chiedendo la parola

 

-          Eccellentissimi, io stesso sono stato testimone di un orribile sopruso : quella dannata Catta , orrenda donna, si accompagnava con un francese proprio sotto gli occhi  di Matilde la signora della misericordia che era scesa fino alla Tina per avere un po’ di fagioli. Voleva, la misericordiosa, avvisare i birri ma fu malmenata dal francese mentre la scrofa rideva a crepapelle, ed io sono corso al carruggio di San Giobatta per avvertire quelli della compagnia armata: “ vedremo , vedremo” mi dissero e null’altro fecero per controllare … -   

 

Le voci  diventarono tumultuose 

 

-          Fino a quando , ci chiediamo, fino a quando … ! –

 

Il Giusdicente alzò il braccio 

 

-          vi prego , Signori , io stesso, su richiesta della Serenissima, ho dettagliato e spiegato dei furti , rapine , agguati ed insolenze e financo degli accaparramenti di  grano. –

-          Non serve , non serve.. sia maledetta la Serenissima . -

 

                                                                 ****

 

-          Birro , ehi birro ! –

-          Per il Divo Maurizio, ti farò assaggiare la frusta se oserai ancora chiamarmi in tal modo , insolente carrampana-

 

Il guardiano  chiuse violentemente la bocca di lupo sul volto della Catta; la donna , con mossa procace e rabbiosa , si alzò i seni , poi mise le mani sui fianchi

.

-          Lurido servo, vile bastonatore : ieri l’altro ti piaceva il calore delle mie cosce. Che fine ha fatto la doppia razione di minestra di ceci che mi avevi promesso .. Ehi! Mi senti ? – 

 

Teresa continuava a dormire su giaciglio di fieno  puzzolente .

 

-          Ehi , sanremasca , alzati che sta per giungere il patriotta .. –

-          Lasciami in pace, mi fa male il ventre ..-

 

La Catta guardò la fanciulla che stava rannicchiata nell’angolo della cella e aveva lo sguardo perso nel vuoto.  

 

-          Perché non parli , figliola mia ? sono giorni, ormai, che te stai rannicchiata in quel cantuccio … -

 

La Catta si avvicinò ad Elvira ed accarezzò il muro sconnesso ed irregolare .

 

-          Guarda , figliola mia, vedi queste chiazze ? questa è umido, è acqua .Ti ammalerai i polmoni se continuerai a poggiare le spalle contro il muro -   

-          Lasciala perdere – disse la sanremasca ormai completamente sveglia 

 

 

-          Dov’è mio padre ? – domandò finalmente Elvira

 

La Catta allargò le braccia 

 

-          io non so chi sia tuo padre , né dove sia adesso, quanti anni hai ?-

-          Diciassette ..  – 

 

La donna si leccò le labbra tumide e carnose , poi sgranò gli occhi e chiuse il pugno nella mano sinistra.

 

-          Sanremasca, ascoltami, ho un’idea: questa è l’ultima sera che incontriamo Guglielmo –

-          E perché mai ? –

-          L’altra sera mi ha confidato che vuole partire per il Consolato di Penna e da lì raggiungere la terra di Francia   .. e anche se continuasse a venire , credi che i birri non si accorgerebbero del pertugio, prima o poi ? –

-          Che cosa vuoi fare ? –

-          Io e te nulla , ma potremmo affidare questa sventurata a Guglielmo. Sai lui aveva una figliola della stessa età morta di pestilenza l’anno trascorso  e sono sicuro che la tratterà come una figlia …-

-          Contenta tu… ma perché non andiamo via anche noi ?-

-          E dove ? ormai non abbiamo più alloggio , e ho sentito dire che lo stesso cappellano vuole chiedere ai governanti la grazia  per tutti i carcerati se riprenderanno i lavori della grande chiesa –

-          Ma sei sicura che quella sordomuta vorrà andar via con Guglielmo ? –

-          Lascia fare a me  -

 

 

Il buco nella parete si era ulteriormente allargato e ormai la luce filtrava come da una finestra aperta.

Catta e la sanremasca, fino a quel momento , avevano mascherato il pertugio con della paglia , ma ormai  la fenditura era diventata talmente ampia da lasciar passare comodamente  l’uomo che prima doveva faticosamente  sfregare le pareti.  

Il sole era già tramontato, quando le due donne sentirono uno rapido calpestio proveniente dal Carruggio .

 

-          Ehi , femmine dannate! Arriva un patriotta satollo di pane ma digiuno d’amore da troppi giorni! 

 

Le due donne tolsero la paglia fradicia che camuffava l’apertura e Guglielmo sgattaiolò nella cella 

 

-          Hai portato i fagioli ? – domando’ la Catta 

-          Certo, e inoltre ho una sorpresa: un osso di prosciutto intero ! –

-          Tu sia benedetto ! dove lo hai preso’ 

-          Al carruggio degli ebrei , ci sono nuovi banchi … - 

 

Guglielmo si accorse di Elvira

 

-          Quella chi è ? – 

-          Non la conosco,l ’hanno portata in cella la settimana scorsa. Il birro mi ha detto che vagava per le campagne ed aveva del cibo rubato alla fiera di san Giorgio    

 

Guglielmo si avvicinò ad Elvira , ne osservò incantato lo  splendido volto , gli occhi grigi e penetranti .

L’uomo chiuse gli occhi 

 

-          Oddio …

-          Che cosa c’è ?

 

Guglielmo ritornò verso la Catta; la donna si accorse che Guglielmo stava piangendo.

 

-          E’ la figlia di Giordano –

-          Quell’ubriacone .. –

-          Stai zitta ! –

-          Ma perché , che fino ha fatto suo padre ? –

 

Guglielmo portò il dito indice sulla bocca , poi bisbigliò all’orecchio della donna 

 

-          Lo hanno ucciso – 

 

Catta si avvicinò ad Elvira e la accarezzò dolcemente

 

-          Guglielmo  , se fuggirai dal Vicariato, la porterai con te ? –

-          Certo –

-          Come farai ? –

-          Scivoleremo lungo i bundàsci ; sulla mulattiera ho  appuntamento con altri patriotti – 

 

Elvira sorrise quando Guglielmo le porse  la mano.     

 

 

      

     

 

                                                                                                                                                                              

                                                                                  SECONDA PARTE

 

“ l’ètè c’est la saison des feux “

              Victor Hugo  

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                            

 

                                                                 I

 

 

 

Gli era sempre piaciuta Place Garibaldi ; in verità adorava Nizza , la sua estesa promenade ; i balconcini ad angolo delle mansarde opportunamente restaurate, nel centro storico; la gradazione grigio-chiaro, solare, dei palazzi ottocenteschi.

La cugina di sua madre, affettuosamente chiamata da Enrico  Tante Germane, abitava proprio dietro la piazza , all’imbocco della Rue Neuve , l’inizio del centro storico dove

, attraverso un intricato dedalo di viuzze , tra numerossime pizzicherie, ristoranti , scantinati adibiti a enoteca e botteghe alimentari si raggiungeva la promenade. 

Ad essere onesti, Place Garibaldi non era un capolavoro urbanistico, ma la vista del monumento del più grande eroe nazionale italiano era pur sempre motivo d’orgoglio, particolarmente per i liguri di ponente.

La “Diretta”  così la madre di Enrico chiamava l’autocorriera  Sanremo – Nizza, faceva capolinea proprio a Place Garibaldi; appena sceso dall’autobus con i genitori, Enrico si buttava tra le braccia di Tante Germane.

Suo padre, all’epoca, disponeva solo di una lambretta e certo non era un mezzo appropriato per la famiglia. L’automobile, una Bianchina Innocenti, sarebbe arrivata l’anno successivo nel 1965.

Anche in tempi relativamente più recenti, Nizza rappresentava, nell’immaginario dei ragazzi del Parasio , una specie di Samarcanda , un luogo magico dove tutto era possibile.

Nei primi anni settanta, la compagnia del Parasio  , sempre più numerosa nella sua evoluzione temporale, aveva portato alla formazione di “ interni “.

Infatti c’era la compagine dei “ grandi “ che facevano riferimento al fondatore del circolo Parasio  Giacomo Mariani , attuale Presidente nonché assessore provinciale ( fu proprio Giacomo ad aiutare Enrico a trovare un locale per la sede del Comitato Politico Studentesco di Imperia poi confluito in un movimento extraparlamentare) ; c’era il gruppo del “ Bar Piemontese”  e quello del “ Bar Sport “.

Ma il raggruppamento più numeroso era quello che si era formato a partire dal casuale sodalizio di Enrico, Piero e Brunello  a cui si aggiunsero, negli anni successivi, Antonio , Danilo, Marietto, Paoletta , Anna la “tirillina, Salvatore e altri ancora.

Nelle occasioni di festa , o semplicemente di svago, non vi era una cinghia di trasmissione tra gli “ interni”, tranne in rare occasioni.

Il capodanno del 1972 era stata una di quelle occasioni.

Proprio la proposta di qualcuno di passare la notte di San Silvestro a Nizza  aveva messo tutti d’accordo; persino quel misantropo di Domenico De Martino detto “ il carrozziere” , con esplicito riferimento alla sua attività , si unì alla compagnia.

La seicento di Matteo il modenese , la cinquecento di Domenico , la milleecento di Giacomo e tutta una serie di motorini – il “ Califfo “ di Enrico , lo “ Stornello “ di Nunzio , il “ nova tre” di Brunello ….  - furono posteggiati proprio in Place Garibaldi.

Non c’era nessun programma , nessuna prenotazioni presso ristoranti o locali notturni , ma solo la voglia di  vagare senza meta per tutta la notte .

Fu così che capitarono al palazzo delle Esposizioni , all’interno del quale era stato allestito un mirabolante Luna Park.

Nessuno aveva mai visto nulla del genere : il tappeto volante o le montagne  russe  apparivano congegni straordinari agli occhi di chi, al massimo , era salito sulla giostra chiamata “ calcinculo”    in Piazza dei Carri.

 

Nessuno ricorda, e tanto meno Enrico, quale fu la scintilla che provocò la rissa con i francesi.

Forse lo spintone di un avventore ubriaco a Marietto che disse “Ti l’hai mesciau u belin cu u servellu “. Forse . Ma era improbabile che il “cugino d’oltralpe “ conoscesse il dialetto  portorino.

Qualunque fosse stata la causa – o le concause –  la rissa fu gigantesca.

Iniziata all’interno del “ Palais “, proseguì nella piazza antistante , fino al sopraggiungere della Gendarmerie,   con il conseguente fuggi, fuggi generale.

  

Alle prime luci dell’alba ,  prima di ripartire, Giacomo , salito su una panchina di Place Garibaldi, dopo aver assunto un atteggiamento pontificale, pronunziò una di quelle frasi che rimangono scolpite nella memoria.

 

 

-          Ragazzi, questa notte abbiamo fatto la Storia ! – 

 

Durante il “rientro” , Matteo il modenese,  benchè disponesse  assieme a pochi altri di un’automobile ,  non riusciva a star dietro al motorino di Brunello.

 

-          Guarda mò , come corrono questi ragassi !-

 

Come corrono questi ragassi.. ….. 

                                                          ****

 

Enrico era seduto all’angolo di Place Garibaldi; sul Tavolino del “ Cafè de Tourin” facevano bella mostra dodici ostriche “ Fine Claire” adeguatamente disposte su un vassoio d’acciaio e ornate con alghe fresche; una bottiglia di “ Còte de Provence “ completava il coperto.

Anche le ostriche gli erano sempre piaciute , ne apprezzava il sapore e la straordinaria sapidità.

Circoncise con attenzione il frutto dal guscio  perlaceo, strizzò abbondantemente il limone e trangugiò  la leccornia , subito dopo tracannò un bicchiere di vino fresco.

 

-          Et bien, monsieur , ça va les Huitres ? –

 

Si voltò  . Un signore, seduto al tavolino , alla sua destra, lo stava osservando compiaciuto.

Poteva avere una sessantina d’anni; nonostante il gran caldo vestiva un completo grigio , camicia e cravatta.

Notò che aveva posizionato gli occhiali sulla fronte e che la  prima pagina della copia del “ Nice Matin “ , aperto sul piano di formica, era quasi tutta sottolineata. 

 

-          Italiano ? – 

-          Si –

-          Mi scusi  ,  ma divora le ostriche con tale passione che è un piacere osservarlo –

-          Grazie –

-          Io , purtroppo, non posso approfittarne .. sa, l’ipertensione –

 

Era un tipo proprio simpatico.

 

-          lei è di Sanremo, immagino…

-          No, di Imperia –

-          Beh, è lo stesso .. io ho una casa a Sanremo  -

 

Indicò i gusci delle ostriche  .

 

-          Pensi che le ostriche sono un po’ come i funghi porcini  . Il loro valore nutritivo è praticamente nullo, sono solo buone.

 

Accavallò le gambe e si sporse in avanti.

 

-          Del resto il piacere del cibo sta tutto nel sapore , diversamente potremo tranquillamente mangiare cibi insipidi o, addirittura, nutrirci con le pillole -

 

 

Si picchiettò la fronte con il dito indice 

 

 

-          Sta tutto qua, nella testa .. la  tète ..- 

 

Guardò l’orologio 

 

-          oh petan .. è già tardi , la saluto e bonne soirée  -

 

Si allontanò velocemente , attraversò la piazza  dopo aver alzato il braccio , con fare autorevole, verso un’automobile dalla marcia piuttosto allegra.

 

 

Guardò l’orologio : le sei passate. L’appuntamento con il professor Siri era fissato per le sette .

Si sentiva spossato. Dov’era Paula in quel momento ? e quale segreto, o problema nascondeva? Che cosa poteva significare “ problemi mentali “ ? Era matta, paranoica , schizofrenica? O era una drogata,   una terrorista pentita , una lesbica? cosa cazzo gli era preso  mentre facevano l’amore ?

 

Gli stava venendo un gran mal di testa. Era stata una giornata molto faticosa  , più mentalmente che fisicamente.

 

Quella mattina, di ritorno da Venezia  dopo la conclusione di quella stramaledetta crociera,appena sceso alla Stazione Centrale di Milano, aveva cercato il numero del Santinato  dall’elenco telefonico del Self Service.

Esisteva : Santinato Giancarlo, Via del Giambellino 79.

 

Non ricordava, ora, quante volte avesse composto il numero telefonico , ma la solfa era sempre la stessa  :“ risponde la segreteria telefonica…”

E il funerale ? da qualche parte si sarà pur svolta la  funzione; le spoglie mortali del Santinato avranno ,vivaddio, trovato posto in qualche camposanto. 

 

Infine ,  decise di telefonare a questo fantomatico professore di Nizza, secondo le indicazioni di Paula.

Si rese conto che se voleva capirci qualcosa e , soprattutto, se aveva a cuore le sorti della donna di cui , ormai ,  si era perdutamente innamorato, e se solo esisteva la minima possibilità di ritrovarla, doveva seguire le sue “ istruzioni”.  

 

 

-          Oui ? –

-          Monsieur le professeur Siri ?

-          Oui ?

-          Je suis ..  italien  et .. 

 

Enrico masticava dignitosamente un po’ di francese , ma in quel momento non riusciva ad formulare una frase di senso compiuto.

 

-          Parli pure italiano, comprendo benissimo –

-          Ah, meno male! Senta, professore, il suo recapito telefonico mi è stato dato da….da una nostra amica comune , Paula Milosz , si ricorda di lei ? –

 

Dall’altra parte ci fu un lungo silenzio, almeno così parve ad Enrico 

 

 

-          Lei è un amico di Paula? – domandò, finalmente, il professore

-          Si, diciamo di si …. Il fatto è che lei era un’ amica d’infanzia e solo recentemente ci siamo casualmente rivisti…dopo tanti anni –

-          Che cosa le ha detto Paula ? –

-          Senta, Paula il suo numero me lo ha dato in una circostanza particolare.. è difficile spiegare per telefono .. insomma, credo che abbia bisogno di aiuto –

-          Da dove chiama, signore? –

-          In questo momento le telefono da Milano, ma io sono di Imperia. Il mio nome è Enrico Mancinelli e sono un insegnante; lei è un medico...uno psichiatra ? –

-          Paula non le ha detto nulla ? –

-          No.. no . Le ripeto che mi ha dato solamente il suo indirizzo ed il numero di telefono , Lei è medico ? – domandò nuovamente 

-          No, sono un docente universitario, ho la cattedra di Storia Contemporanea, qui, all’università di Nizza – 

 

Un docente universitario. Era confuso.

 

 

-          Senta – riprese il professore – la aspetto oggi stesso,  a casa mia , diciamo …alle sette di questa sera? Va bene ? –

-          Benissimo, spero di arrivare in orario. 

 

Oggi stesso. Ciò significava che il professore aveva compreso, o quanto meno intuito, la difficile situazione; e significava , inoltre, che doveva conoscere molto bene Paula.

Fece appena in tempo a salire sull’ l’intercity diretto a Nizza. Prese posto nel primo scompartimento fumatori … e si addormentò.   

                  

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               II                                                                                                                                                                   

 

            

 

“Capelli d’Argento !”.

 

Fu questa la prima impressione che ebbe del professor Siri  la straordinaria  e, per certi versi, buffa somiglianza con il pard di Tex Willer.

Infatti aveva lunghi capelli bianchi ben pettinati , baffi e pizzetto altrettanto candidi.

Era un uomo piccolo di statura, di circa settant’anni ed era straordinariamente elegante.

La camiciola ed i pantaloni di lino bianco - ghiaccio , in sintonia con il colore dei capelli, gli davano un aspetto fulgido , rassicurante.

 

 

-          Entri, prego, la aspettavo –

 

Si aspettava di entrare in un appartamento di ampia metratura , invece si affacciò, subito , nel soggiorno di un monolocale , e ne fu colpito.

Quattro pareti, quattro librerie.

La stanza era completamente tappezzata di libri, dispense, block notes.

Pile di fogli ed altri libri erano confusamente disposti anche sul pavimento.

Vicino alla veranda  , nell’angolo, c’era un computer.

Proprio dietro la porta di ingresso  un tavolino sosteneva una vecchia macchina da scrivere , probabilmente dei primi del novecento.

Notò che alcuni faldoni ammonticchiati impedivano l’ingresso di quello che presumeva  poteva  essere il bagno, o  un piccolo cucinino. 

 

-          Venga, venga  Monsieur …?

-          Mancinelli

-          Signor Mancinelli .. questo è il mio bunker, non è casa mia . Lei mi ha trovato per caso. ho deciso di rimanere a Nizza durante il fine settimana perché avevo del lavoro arretrato. Abito a Gonfaron , in Provenza –

Prese una piccola cornice dalla libreria e la guardò affettuosamente.

 

-          Sa, sto ammaestrando il mio nipotino per la vendemmia, ma mia figlia non è d’accordo; lei  sostiene che , a undici anni ,  debba impegnare il tempo  di fine estate diversamente –

-           

Indicò un piccolo divano   vicino alla veranda.

 

 

 

-          Si accomodi, Monsieur, - 

 

Enrico notò un lenzuolino sudaticcio che Il vecchio si affrettò a togliere .

 

-          In verità su questo divano   ci dormo tutte le volte che  per qualche motivo non torno a casa il venerdì sera…. Anche Paula ,una volta , ha passato la notte  sulla …. Dormeuse- 

 

Lo guardò allarmato e l’anziano professore rise di gusto.

 

-          mais non ! non mi fraintenda , riesco a malapena a soddisfare le occasionali turbe uterine di mia moglie, che peraltro è più giovane di me di dieci anni , ma nulla di più, che diamine ! –

 

Si sentiva a suo agio, la cordialità dell’anziano docente gli appariva rassicurante; si accomodò sul divanetto.

Siri prese una bottiglia e due bicchieri da uno stipetto  polveroso , poi entro nella stanzetta scavalcando i faldoni e tornò con una brocca colma d’acqua.

 

-          Pastis ? –

-          Grazie –

 

Riempì i bicchieri di liquore ed acqua , poi accavallò le gambe 

 

-          allora, mi dica .. sono curioso di sapere….

 

Enrico raccontò , per sommi capi , gli avvenimenti degli ultimi giorni : dall’incontro casuale con l’amica d’infanzia   ai suoi   strani comportamenti , sino al dramma della morte di Santinato; alla sua richiesta di aiuto e la preghiera di rivolgersi alla persona  indicata nel biglietto.

Siri ascoltò   con  estremo interesse; ogni qualvolta lui si soffermava sulle insolite reazioni della donna , l’anziano professore chiudeva le palpebre , corrucciando la fronte , come per il riaffiorare di una remota preoccupazione.

Restò  in silenzio per qualche istante, posò con la massima cura e molta lentezza il bicchiere sul tavolino, poi si alzò. Con le mani in tasca, guardava oltre la veranda dando le spalle ad Enrico.

Rimase in silenzio per un tempo che ad Enrico sembrava infinito, poi si volse inaspettatamente.

 

-          Monsieur Mancinelli, che cosa sa delle memorie segrete del dottor Antommarchi ? -  

-          Che cosa?! –

 

Il vecchio sorrise comprensivo.

 

-          No, evidentemente Paula non le ha minimamente accennato.... –

 

Si sedette .

 

-          Quello che voglio sapere da lei, Monsieur, e la prego di essere sincero, è se Paula, che, a quanto posso capire, ha individuato in lei una persona con cui confidarsi totalmente, ad un certo punto abbia … cambiato idea  –

-          In che senso ? –

-          Voglio dire, Paula non ha avuto il tempo di informarla compiutamente sui suoi cosiddetti  problemi , oppure  ha avuto l’impressione che non volesse più farlo ?-

-          Ha solo detto che ero l’unica persona in grado di aiutarla.  Null’altro –

 

Ebbe l’impressione di scorgere un repentino rasserenamento sul volto preoccupato del vecchio professore. 

 

-          gradisce un altro pastis , Monsieur ? –

-          No , grazie –

 

Siri si accomodò meglio sul divanetto , poggiò le mani sul grembo.

 

-          Et bien, cominciamo dal principio. 

Qualche anno fa, forse per un’improvvisa moda intellettuale, il professor Juret, già famoso per le sue singolari posizioni sulla rivoluzione francese , tirò fuori la vecchia “ querelle “ sulla morte di Napoleone Bonaparte , accusando esplicitamente il medico personale dell’imperatore, il dottor Francesco Antommarchi , di avere volutamente falsificato i risultati dell’autopsia; nella polemica era intervenuto anche un allievo dell’autorevole professor Vauvelle che ha posto l’accento sulla singolarità del corpo di Napoleone quando, nel 1840, la salma verrà riesumata. Infatti, in quell’occasione, la salma apparve perfettamente conservata e alcuni particolari non tornavano: mancavano gli speroni ed il numero delle medaglie didascalizzate nella relazione stilata al momento della morte; come lei saprà , perché è  tutto trito e ritrito, alcuni pensano che quello conservato a Les Invalides non sia il corpo di Napoleone . Altri invece  si sono concentrati sul fatto che Napoleone potrebbe essere stato avvelenato e che il dottor Antommarchi, per ragioni inesplicabili, non abbia debitamente considerato le tracce di Arsenico rinvenute nei capelli dell’Imperatore …-

 

Enrico decise di intervenire 

 

 

      - Mi scusi professore, ma   questa è storia vecchia, d’altronde lei stesso lo ha precisato e comunque non vedo cosa centri tutto questo con Paula –

 

Siri diventò improvvisamente serio 

 

-          Deve avere la compiacenza di ascoltare senza interrompermi, monsieur; la premessa le potrà sembrare fuori luogo , mais le assicuro che non lo è –

 

    

Guardò Enrico intensamente . Voleva definitivamente far intendere al suo ospite che non avrebbe tollerato altre interruzioni.

Nella stamza,Il gran caldo di quella torrida giornata d’agosto  era accresciuto da tutta quella carta , stampata e non , che tappezzava le quattro pareti.

 

-          Insomma - riprese – anche il Ministero della Cultura ha voluto entrare nel dibattito ed esaminare un dossier preparato per l’occasione da uno storico parigino. Personalmente, considero le probleme   un inutile ..balbutiement , però , circa tre anni fa , stimolato dai miei studenti, ho deciso di dedicare un intero corso monografico alla questione cercando di darle un po’ di dignità storica . In questo senso , mi sono soffermato sulla figura del conte di Las Cases , l’autore del famoso Memoriale di Sant’Elena e delle angherie da lui subite prima e dopo il lungo soggiorno nell’isola….

 

Bevve un sorso d’acqua 

 

-          Non è il caso che mi dilunghi sul taglio che ho voluto dare alle lezioni; dato l’argomento, le basti sapere  che hanno avuto una impostazione ..come dire ? evenement… comunque sia , fin dalla prima lezione  mi accorsi della presenza di Paula . Stava seduta sempre in prima fila e prendeva appunti in maniera…frenetique. Una mattina, alla fine della lezione, venne a trovarmi nello studio dell’Ateneo; sembrava piuttosto agitata e nonostante cercassi di metterla a proprio agio, non volle sedersi….mi disse che non era iscritta al corso ma che aveva un passato di ricercatrice e che sapeva molte cose sull’argomento; chiesi quali fossero i suoi titoli , se poteva farmi esaminare le sue eventuali pubblicazioni, ma parve molto irritata dalla richiesta… mi disse , sempre in maniera concitata, che non era quello il problema …ad un certo punto cominciai a seccarmi e le chiese un po’ stizzito cosa diavolo volesse da me e lei..lei sbarrò i suoi occhi azzurri, appoggiò le mani sulla scrivania ed affermò con tono po’ teatrale che era a conoscenza dell’esistenza di un memoriale segreto , scritto da Francesco Antommarchi , dove lui svela la vera causa della morte dell’Imperatore e che presto avrebbe portato un documento di straordinaria importanza a conforto di questa tesi, quindi se ne andò senza neppure salutare.

Ora, a parte le congetture più fantasiose sulla morte de.. l’Empereur , il dottor Antommarchi, come è noto , ha effettivamente scritto un suo memoriale nei tre anni di permanenza a Sant’Elena. Non esiste nessun arcano: Francesco Antommarchi si recò a Sant’Elena verso la fine dell’anno 1818 , su richiesta della madre di Buonaparte al cardinale Fesch  , visto che il medico era corso e ben poteva entrare nelle grazie dell’imperatore. Donna Letizia , infatti, voleva sapere qualcosa di più sullo stato di salute del figlio e , soprattutto, capire se effettivamente Napoleone era angariato oltre ogni limite dal governatore dell’isola ,Sir  Hudson Lowe.

Antommarchi giunse a Sant’Elena poco tempo dopo la dipartita del Conte di Las Cases. 

Le.. memorie di Antommarchi e la cronaca minuziosa degli ultimi giorni di vita di Napoleone sono state pubblicate nel 1825.

Oggi sono facilmente reperibili unitamente al ben più famoso memoriale , quello del conte di Las Cases ; di solito le attuali pubblicazioni contengono il memoriale di Sant’Elena di Las Cases e , in appendice, le memorie di Francesco Antommarchi……..-

 

Siri bevve quel che restava del suo “pastis”, si deterse le labbra con un fazzoletto di carta . Poi riprese 

 

 

-          Quand mème .. considerai chiuso l’incidente e le affermazioni di Paula come farneticazioni di un’esaltata. Lei, nei giorni successivi, non si fece più vedere al corso.

Circa venti giorni dopo, uno dei miei assistenti mi comunicò che quella mattina “ una splendida rossa “   aveva lasciato un plico pregandolo di farmelo avere alla fine della lezione.

Era una busta gommata e conteneva un .. foglio manoscritto . 

La data , posta in calce, non era leggibile ma

sembrava  proprio una missiva d’epoca, dei primi dell’ottocento . 

Si capiva dall’inchiostro usato, dal tipo di carta pecora, peraltro parzialmente consunta e con numerose macchie di umido, e dal modo di scrivere la erre . 

La scrittura , in corsivo, era svolazzante  ; i caratteri abbastanza grandi rispetto ad altri esemplari della stessa epoca.

L’intestazione conteneva l’indirizzo del destinatario. Nell’incipit l’autore assicurava che mai avrebbe svelato ad alcuno il segreto che li univa, ma che tuttavia non avrebbe distrutto quanto aveva scritto su questo, diciamo, ….segreto.

La firma consisteva in una consonante maiuscola : una esse , o una erre….

 

 

L’anziano docente si alzò e aprì la veranda….

-          Di Paola , nessuna traccia – riprese – ma la settimana dopo sono andato a Parigi con mia moglie in occasione del concerto di Placido Domingo ; sapevo che gli appunti autografi che serviranno alla prima pubblicazione de  “ Les Derniers Moments De Napoleon” di Francesco Antommarchi fanno  parte della  collezione privata di un antiquario di mia conoscenza e….

 

Siri prese un fazzoletto di carta e si asciugò il sudore dalla fronte .

 

 

-          Ebbene ? –   non poté fare a meno di domandare –

-          Ebbene, non solo il documento di Paula è autentico, ma il confronto con il manoscritto di Antommarchi non lascia dubbi perché la scrittura è la stessa: lo stesso carattere ampio; le estremità delle vocali , a ” coda di topo “, uguali anch’esse ;   identico il modo di far seguire un trattino dopo il punto, alla fine del periodo…. –

 

Enrico era esterrefatto. La testa gli girava ed un forte senso di nausea lo stava attanagliando.

Si accorse improvvisamente di avere molto caldo…. e sete.

 

-          Ma tutto questo è incredibile !  -

-          Attendez .. non ho finito –

-          C’è dell’altro ? –

-          Oui, deve pazientare ancora un po’ – 

 

Prese la caraffa con l’acqua fresca , si riempì il bicchiere e bevve con avidità; alcune gocce gli bagnarono le guance ed un rivolo  colò lungo il mento sino al collo. 

 

-          Si sente bene ? – domandò Il professor Siri 

-          Si, si ..sto bene , ho solo una gran sete  –

-  …Deve sapere che una settimana dopo Paula mi telefonò in Facoltà chiedendomi se avessi ricevuto la sua documentazione e cosa ne pensassi; dal tono di voce mi sembrava euforica.

Gli dissi, perentoriamente, che dovevo vederla subito e di ritornare a Nizza immediatamente, ovunque si trovasse in quel momento, ma , per tutta risposta, sentii una  risate.. quasi isterica ; poi aggiunse che dovevo stare tranquillo perché era vicina alla soluzione e che sarebbe tornata solo con la prova materiale a conforto delle sue …teorie. Mi impuntai e dissi che dovevo assolutamente sapere dove aveva preso quel documento, ma lei interruppe la comunicazione. 

Circa un mese dopo, era una piovosa serata di fine novembre, verso le ventidue il campanello dell’uscio trillò.

Stavo preparando le valigie perché il giorno dopo sarei tornato a Gonfaron.

Non so perché, ma ero sicuro che fosse lei.

Aprii la porta senza domandare nulla e senza spiare attraverso l’occhio magico.

Le sue condizioni mi apparvero pietose; era bagnata dalla testa ai piedi, i suoi bellissimi capelli rossi, zuppi d’acqua, sembravano appassiti.

Aveva gli occhi sbarrati ; mi implorò di farla entrare .

Appena chiusi la porta ,  lei svenne tra le mie braccia.  

Avevo dei sali, nella libreria che si rivelarono utili .

Quando rinvenne,  preparai un Te caldo; lei parve ristorata, poi ammise, con infinita tristezza, di avere fallito; di non esser riuscita ad arrivare a capo di niente.

Alla fine persi la pazienza . Era mio dovere scuoterla da quell’assurda quanto irreale fissazione. 

Benché il documento che mi aveva fatto avere ben poteva essere di straordinaria importanza , gli feci presente che non stava lottando contro una malattia incurabile o per avere un sorso d’acqua in mezzo al deserto , che bisognava dare il giusto peso alle iniziative che si intraprendono  e che il suo comportamento sembrava più quello di una pazza che di una studiosa….. -

 

Si lasciò cadere sul divanetto. Sembrava sfinito.

 

-          Credevo di essere stato convincente, anche se , oramai, toccavo con mano che Paula aveva dei seri problemi psichici, per cui  preferii  non  accennare neppure alla famosa lettera ;poi lei disse quella frase che mi sembrò la quintessenza del grottesco, come in una commedia del vostro Luigi  Pirandello…

-          Che cosa le disse , professore ? –

-          Disse “ se non riesco a trovare il diario segreto di Antommarchi..probabilmente morirò!” 

 

Il vecchio lo scrutò : si aspettava una reazione 

 

-Come le avevo anticipato – continuò il professore- Paula si addormentò sul divanetto;passò una notte agitata . Sudava copiosamente , non certo per il caldo, e diceva frasi sconnesse nel sonno . Dico questo perché , come può immaginare , io  trascorsi le ore notturne seduto sulla poltroncina del computer.

Il mattino dopo sembrava più serena; disse  che  aveva bisogno di un lungo periodo di riposo ma che si sarebbe fatta sentire ancora.. e prima di uscire , cavò dalla tasca dell’impermeabile un floppy disk  e sorridendo mestamente  lo lasciò cadere sul  divano ..” Tanto non mi serve più “ disse – 

 

Ancora una volta l’anziano docente scandagliò il volto del suo ospite, ma Enrico non riusciva a manifestare alcuna reazione.

 

-          Da quella sera – concluse Siri – non ho avuto più notizie di Paula , ormai sono più di due anni . Né ho avuto il tempo  o la voglia .. o la forza di intraprendere ulteriori ricerche sulla base al documento di Paula  -

 

Si ricordò del dischetto 

-          Il floppy disk ? cosa conteneva –

 

A quella domanda il professore alzò le braccia al cielo , spalancando la bocca come se fosse improvvisamente disorientato.

 

-          Ah . quello  poi! Tutto mi aspettavo ma non la banalità !  –

 

Si alzò, prese il dischetto da un piano della  libreria stracolma e lo introdusse nel computer.

Aprì il file e lo invitò  ad avvicinarsi.

 

-          Avanti , legga , c’è poca roba… -

 

 

Enrico si  piegò sul monitor :

 

 

 

 

                                      Poscia che Costantin l’aquila volse

                                      Contr’al corso del ciel, ch’ella seguio 

                                      Dietro a l’antico che Lavina tolse,

                                      Cento e cent’anni e più l’uccel di Dio  

                                      Nello stremo d’Europa si ritenne…

 

 

-          ma ..ma queste sono le prime strofe del canto sesto del Paradiso ! –

-          Evidentemente, ma continui  la prego

 

                                      

                          Ti libero, creatura di Dio , da tutti i malefici, incantesimi

                          legamenti e sortilegi a te per artificio diabolico inflitti,

                          e distruggo ,annullo , estirpo , sradico dalle tue membra      

                          ogni atto del demonio, insieme ai disturbi , malanni ,ansie

                          dolori, patimenti, triboli, in qualche modo a te procurati…

 

 

Molti spazi più in basso , “ l’elaborato” così concludeva :

 

 

 

                                           Non serve, non serve 

                                           Non c’è malvagità ! 

 

 

 

-          Che ne dice ? une belle soupe ..un bel minestrone ! –

 

Indicò il monitor 

 

 

-          Quelle..quella espressione , sembra un esorcismo –

-          E’ un esorcismo , mio caro , per la precisione si tratta dell’ultima parte  di un ‘opera di Francesco Maria Guaccio , un frate milanese del diciassettesimo secolo, il famoso “ Compendium Maleficarum “ –

-          Si , ora ricordo . Conosco l’opera perché  quando ero ancora studente universitario avevo seguito un corso monografico sulla stregoneria nell’Europa del cinquecento … ma non capisco cosa possa significare  : Dante .. un esorcismo . Tutto questo è privo di logica –

-          Io credo   che la spiegazione più logica che si possa dare, amico mio, è che Paula , in qualche misura, stesse seguendo un suo ragionamento e che abbia trascritto i versi danteschi e il resto come per provare, diciamo.. le tessere di un puzzle .. ma , onestamente, non saprei aggiungere altro –

 

Enrico si stropicciò il mento 

 

-          Professore, potrei vedere  quel documento ? –

-          Si , certo .. ma il fatto è che l’ ho conservato nel mio studio, in facoltà . Sa , credo sia un posto sicuro… –

 

Diede un’occhiata fuggevole all’orologio da polso. 

 

-          Senta, Imperia dista solo un’ora d’autostrada da Nizza. Se lei ritorna qui da me, diciamo, entro domani pomeriggio ….

-          Si, anche se sono un po’ stanco. Non sono ancora tornato a casa dopo .. d’accordo , domani pomeriggio.

-          Bene , tenga conto che lunedì mattina tornerò a casa per le ferie , e per tutto agosto non sarò reperibile . -

 

Si guardò intorno 

 

-          Gradirei cenare con lei, al ristorante  s’intende, ma ho ancora molte cose da fare … se adesso vuole scusarmi

 

Era un invito esplicito a togliersi dalle palle. 

Si trattenne davanti all’uscio per qualche secondo  e ,senza voltarsi, chiese 

 

-          Professore  …  secondo lei esiste una correlazione tra gli assurdi atteggiamenti di Paula, il suo stato di salute mentale e .. ..questo presunto diario segreto ? –

 

Siri volse lo sguardo verso il basso e disegnò una figura geometrica immaginaria con la punta del piede.

 

-          La sua domanda è volutamente generica : se lei pensa che queste annotazioni ..segrete  siano la proiezione schizofrenica dell’ossessione di Paula , la risposta è scontata; ma , francamente, non credo che volesse intendere questo ….. vero monsieur ? -

 

 

Si sentiva come il classico bambino scoperto dalla madre con le mani nella marmellata.

 

-          Io credo – proseguì il vecchio – che lei voglia vagliare la possibilità , posta l’esistenza di questo .... questo memoriale , che  esso possa avere  degli… influssi su una mente predisposta  -

 

Il sorriso dell’anziano docente quasi lo infastidì .    

 

-          Io sono vecchio, mon ami – riprese Siri – tra sei mesi andrò in pensione e non ho  intenzione di interessarmi di materie occulte .. ma credo che lei abbia buone possibilità di trovare il bandolo dell’intricata matassa –

-          Cosa glielo fa  pensare ? –

-          Il fatto che è innamorato –

 

Enrico ritrovò un po’ di allegria ; aprì la porta 

 

-          domani alle cinque del pomeriggio, qui nel bunker ? –

-          qui nel bunker, le mostrerò la lettera… forse potrei anche affidarla a lei e definitivamente . Sono certo che ne farà buon uso –

-          Buona notte , professore – 

 

Stava aprendo l’ascensore, quando Siri lo chiamò 

 

-          Monsieur 

-          Si? 

-          Non dimentichi il dischetto . - .                       

 

                          

                                                         III

 

 

Avvertiva un indolenzimento in tutto il corpo; ancora assonnato accennò ad un piegamento in avanti . Immediatamente ebbe la sensazione di andare in apnea.

“ Dannate sigarette “ pensò; diede un’occhiata all’orologio da polso che non toglieva mai , neppure prima di coricarsi : mezzogiorno passato.

Aveva dormito dieci ore filate e ciò nonostante si sentiva  ancora stanchissimo.

La corsa in taxi da Nizza ad Imperia gli era costata la bellezza di centosessanta euro.

Quando era uscito dal Bunker di Siri, erano le ventidue e trenta passate .

Con passo sostenuto aveva raggiunto la stazione di Nice Ville ma l’ultimo treno utile era partito alle venti e trenta. 

 

Vagò senza meta da Place Massena  alla Promenade Des Anglais.  

Il borsone, messo a tracolla , lo impacciava ,  ma la goffa andatura e la stanchezza non gli impedirono di spingersi, addirittura, fino all’aeroporto .   

Dopo aver divorato  due mezze baguettes con la salsiccia piccante , si accorse che era quasi l’una del mattino, così decise di prendere il taxi…

 

Si osservò allo specchio della camera da letto : ormai la chierica era diventata un’autostrada e i pochi capelli rimasti si stavano ingrigendo.

Tuttavia si convinse di essere ancora piacente .

Da dove derivasse tale convincimento , era facile intuirlo.

Si era innamorato , ricambiato, di una  donna stupendo, meglio.. aveva ritrovato un’amica di infanzia che , adesso era una meravigliosa ,affascinante quarantenne; che poi la femmina fosse fuori come un terrazzo ed avesse fatto morire di crepacuore il suo attuale compagno, erano , questi, aspetti di secondaria importanza….

No. Decisamente non riusciva a sdrammatizzare. 

Aprì la finestra della camera da letto per accertarsi che la sua Punto fosse ancora parcheggiata sotto casa.

Per fortuna  sostava adiacente all’Archivolto della Tina , meglio conosciuto come “ Sotto Tina “ .

Un attimo. Rivide il vecchio dottor Peri che  risaliva la scalinata. 

Maria , Maria , ciama u megu ! 

Che cosa vuoi ? Che cosa vuoi ? 

Sedette ai bordi del letto .

Si impose di cominciare ad imbastire un ragionamento; aprì il cassetto dal comodino e ne trasse  un piccolo notes .

Scrisse    : 1969 – Palazzo Lavagna , prima crisi di Paula – 2002 Ossessione di Paula : memoriale segreto del dottor Antommarchi / Correlazione:  Palazzo Lavagna = Memoriale Segreto.

Scosse la testa ; nuovamente diede un’occhiata all’orologio. Doveva prepararsi , mangiare qualcosa e partire per Nizza .

Il piccolo segnale visivo della segreteria telefonica  lampeggiava ad intermittenza. Predispose l’ascolto dei messaggi.

 

^Buona sera professore, sono  Donte, volevo comunicarle che la preside ha convocato il  solito consiglio preannuale per il trenta agosto….^

 

^ Ciao , sono Amelia. Come stai? Senti .. beh, non so se ti troverò , ma io vengo a Imperia per ferragosto; sai , mi piacerebbe tanto stare un pochino con te… se sei   d’accordo , ovviamente. A Milano fa un caldo insopportabile… ^

 

^ Vecchio rimbambito! In quale postribolo ti sei andato a cacciare ? ^

 

La voce di Piero ! 

 … ti ho cercato dappertutto ! Non leggi neppure gli sms ?  comunque sia , sappi che sono ad Imperia . Appena torni telefona . A presto .. Ah .. dimenticavo , se per caso ti ritrovi qualche vecchio numero di Diabolik , mettilo da parte , capito ? ^ .

 

Caro , vecchio Piero ; la liturgia non era cambiata : Diabolik Uber Alles.

Il messaggio dell’amico di una vita lo mise di ottimo umore . Appena tornato da Nizza  si sarebbe subito messo in contatto con lui, ma prima voleva vedere , e possibilmente avere, quella famosa lettera.

“Piero, naturalmente , avrà chiamato a raccolta l’intera banda “ pensò. Bene, proprio quello che ci voleva.

Emise un grido di piacere, quasi liberatorio , quando il getto d’acqua fredda della doccia lo  

Investì in pieno volto.       

     

 

                                                                      ***

 

 

-          Ciao, Enrico –

 

“ Renzo il Rosso” e Gabriella  comparvero da “ Sotto Tina “ abbracciati , come al solito. 

Erano sposati da circa venticinque anni e si comportavano come fidanzatini dell’ultima ora .

 

-          Ciao , ragazzi –

-          Mia hanno detto che sei stato in crociera  - disse  Gabriella  

-          Esatto –

-          mi sembri piuttosto pallido…

-          Voi non andate in ferie ? – domandò  Enrico cambiando discorso 

-          Mah ! forse andremo un paio di giorni in montagna, per ferragosto . Sai, con tre figli ancora a carico …

 

Gabriella strinse il fianco di suo marito

 

-          Sbrighiamoci  Renzo , mia madre ci aspetta per pranzare –

-          D’accordo , ciao Enrico – 

 

Erano giunti quasi all’altezza del Bar Sport , quando Gabriella si volse 

 

-          Enrico, mia sorella, quando telefona , chiede sempre di te-

-          Salutamela –

 

La sorella di Gabry. Viviana . Quanto tempo era passato ?

Avranno avuto circa dieci anni .  Sotto le Logge , si stavano scambiando alcuni fumetti quando un’improvvisa domanda di Viviana lo fece arrossire violentemente .

 

-          Di.. me lo fai vedere ?-

 

Enrico restò a bocca aperta ma Viviana pensò bene di rassicurarlo e metterlo a proprio agio. 

 

-          Se tu mi fai vedere il tuo, dopo io ti faccio vedere la mia  - 

 

Non era il gioco del dottore, ma un do ut des anatomico, comunque, di eccezionale utilità.

Discesero la scaletta che portava alla cinta muraria del Parasio, quella attorno alla Torretta del convento di Santa Chiara . 

Proprio sotto la Torre  , Enrico, emozionantissimo, estrasse il suo “accrescipopolo” in rodaggio.

Viviana si inginocchiò , ma Enrico si rese subito conto  che lei non sapeva bene come comportarsi .

Infatti lo toccò , ne osservò la struttura  quindi, con mossa inattesa, si alzò e disse 

 

-          La mia non te la faccio vedere ! – 

 

“Renzo il Rosso” lo conobbe circa cinque anni anno dopo, al bar  Piemontese; era l’anno dei mondiali di calcio in Messico, il 1970.

Renzo , in verità , non era proprio .. rosso ma bensì un superconcentrato di carotene al cui confronto Aldo Biscardi sembrava un guerriero Masai .

I cappelli, ovviamente, del colore della carota; il volto pieno di lentiggini e così  tutto il corpo, persino il palmo delle mani  e, addirittura, i denti erano del colore della carota .

Fu proprio Renzo a  rompere opportunamente la tensione della finale di coppa Rimet con una proposta  semplice e stramba al contempo.

Non era ancora del tutto scomparsa la tachicardia parossistica seguita al risultato della semifinale, che già si prospettava un’altra serata al cardiopalmo .

I posti della saletta televisiva del Bar Piemontese erano tutti prenotati.

Sedie di legno o , al massimo , in fòrmica rossa .

Tutti, nessuno escluso, confidavano in una vittoria degli azzurri , tranne Brunello .

 

- … E Bertini  marca Pelè ? Non fatemi ridere , scommetto una gazzosa che vince il Brasile –

-          Te ne pago cento di gazzose se l’Italia diventa campione del mondo ! – promise qualcuno.

 

L’inossidabile ,immortale gestore- padrone del Bar Piemontese – aveva rilevato la licenza addirittura nel 1932 – Umberto da Frabosa Soprana , invece , era seriamente preoccupato.

 

 

La sera di “ ItaliaGermaniaquattroatre “ dopo la partita , si era accorto che mancavano all’appello qualcosa come undici bottigliette di chinotto S. Pellegrino e altrettante di birra Peroni Nastro Azzurro.

Imprecò mentalmente contro il suo maledetto vizio di accatastare , vicino al televisore, le casse delle bibite assieme a quelle con i vuoti a perdere.

Anche la sera della finale si preannunciava confusa dal punto di vista delle consumazioni ; senza contare che aveva  l’abitudine di segnare con una matita le comande sul bancone di marmo  assieme al nome del consumatore . 

Sua moglie Maria , donna con il vizio del lustrino , poco prima delle undici di sera  cominciava a strofinare il bancone con un canovaccio inumidito ed impregnato di Aiax in polvere .

L’antico piano di marmo tornava lucido, ma gli “ appunti “erano spariti, cosicché Umberto nulla poteva eccepire quando alcuni furbastri nel congedarsi precisavano 

 

-          Umberto, mi ha l’ho za pagau ! -   

 

Nella saletta , la fila di destra era occupata occasionalmente dai ragazzi ; mentre quella di sinistra era privilegio degli anziani abitudinari i quali mal gradivano lo scombussolamento posto in essere da quei terremoti in determinate occasioni come i mondiali o gli europei di calcio o il secondo tempo di un partita del campionato italiano.

Sin da allora , il sessantaquattrenne Umberto pensava di vendere la licenza e andarsene a Frabosa, pregustando il beneficio che ne sarebbe derivato al corpo e allo spirito.  

 

Il colpo di colpo di testa di Pelè lasciò di stucco l’eterogenea adunanza .

Brunello scattò come una molla al replay del goal , indicando il numero due azzurro 

 

-           Burgnich ! ma cosa gli è preso ? non si è neanche alzato !

-          forse era meglio Bertini ! – ironizzò qualcuno dal fondo della piccola sala resa quasi caliginosa dal fumo delle sigarette.

 

Fu in quel momento che Renzo il Rosso si avvicinò ad Enrico 

 

-          Senti , io non c’è la faccio, sto soffrendo troppo : andiamo a fare un giro ? – 

In un primo momento , ad Enrico parve una proposta assurda , ma  accettò con piacere , visto che l’ansia era divenuta insopportabile.

      - Perché no? – rispose.    

 

Vagarono senza meta tra le strade deserte di Porto  Maurizio fino a quando non raggiunsero la stazione ferroviaria.

Si sedettero sulla panchina da dove si poteva ammirare la cupola della basilica di San Maurizio  e parte del Parasio.

 

-          Io voglio andar via , un giorno – disse improvvisamente Renzo – su nel Veneto, da mio zio ; la c’è tanto lavoro. Non ho più voglia di studiare .. sai cosa mi ha detto il Parroco una volta, quando ero piccolo  e mi stavo  avventurando in via San Maurizio ? mi disse “ dove vai ? fai attenzione , His … no , Hic Sunt Leones ! –

 

Guardò Enrico 

 

-          Tu lo sai cosa vuol dire ? – 

 

Un boato ruppe il silenzio irreale ; il capostazione uscì dal gabbiotto gridando 

 

-          Boninsegna ! ha pareggiato Boninsegna !

 

Renzo alzò le braccia al cielo 

 

-          Ha sentito ? torniamo da Umberto -  

 

 

Quella sera Brunello vinse la gazzosa ma Renzo non andò più via .

In fondo la festa era solo rimandata e poté finalmente esultare,  con gli amici e la giovane moglie , dodici anni dopo , nel 1982. A Porto Maurizio . Sul Parasio . 

 

                                                                                              IV

 

Parcheggiò l’automobile in Avenue de la Republique ; Raggiunse la prima traversa a destra  e si infilò velocemente nell’atrio del secondo portone di Rue Smolet . 

Il monolocale del professor Siri era al  terzo piano , ma non volle servirsi dell’ascensore.

Salì i gradini a due , a due .

Notò , sconsolatamente, che gli bastava una rampa di scale per trovarsi in debito d’ossigeno.

Stava per suonare il campanello quando si accorse che la porta era socchiusa.

Un’ improvvisa vampata al volto lo avvertì che il suo intuito aveva fiutato una non ben definita situazione di pericolo.

 

Delicatamente appoggiò i polpastrelli sul centro della porta d’ingresso e spinse .

L’uscio si spalancò quasi completamente  

La scena che apparve ai suoi occhi era pazzesca. 

Sembrava che il piccolo soggiorno fosse stato investito da un uragano .

Centinaia e centinaia di fogli, block notes , dispense e libri erano sparsi sul pavimento. 

La libreria centrale era stata brutalmente rimossa  verso il centro della stanza e tutti i libri rovesciati ; alcuni di essi  erano stati divelti dalla copertina e altri stracciati in parte.

Il computer giaceva lateralmente vicino la veranda con il monitor scoppiato; il piccolo televisore stava ancora sull’etagere  , ma aveva anch’esso il monitor frantumato . 

Dopo il primo momento di sconcerto, Enrico adesso aveva paura.

Dov’era il professore ?

Improvvisamente si voltò verso l’entrata del cucinotto : era semiaperta .

Chiuse gli occhi. Non doveva farsi prendere dal panico solo perché aveva presentito che il professore poteva trovarsi nel cucinotto e…

Con il cuore in gola si avvicinò alla porta e la spinse.

Ebbe l’impressione che la vista  si fosse improvvisamente annebbiata , mentre il cuore cominciò a battere furiosamente .

Sembrava che qualcuno gli avesse dato una bastonata sulle ginocchia . 

Si rese conto di non poter più reprimere i conati di vomito .

 

Il professor Siri stava disteso sotto il lavandino , le mani sul petto e gli occhi sbarrati.

I suoi lunghi capelli bianchi, data la posizione,  formavano una specie di aureola.

Una quantità enorme di una sostanza semi-fluida dal colore rosso scuro, quasi nero , in parte raggrumito , colava dal suo petto sino  al pavimento . 

Un odore pungente, metallico,come di ruggine, pervadeva la piccola stanza : l’odore del sangue. 

Non riusciva a muovere le gambe , benché volesse fuggire via  da quell’orrore .

 

-          Arretez- vous ! sur .. Qu’as –tu fait ?  -

 

La comparsa dei gendarmi  precipitò Enrico in un vortice di autentico panico . La testa gli pulsava furiosamente ed il mormorio continuo ed ovattato del traffico sottostante gli giungeva amplificato a dismisura.

Si accorse di non poter più trattenere le lacrime .  

 

I due gendarmi , le pistole spianate, si avvicinarono cautamente .

 

Uno di essi , senza perdere di vista Enrico, diede un’occhiata fuggevole all’interno del cucinotto.

 

-          Merde ! – disse distogliendo immediatamente lo sguardo dal cadavere.

 

In quel momento , dall’uscio fece capolino un uomo alto , magrissimo, dai capelli neri e unti ; vestiva un completo di jeans .

Nonostante l’incontrollabile tremore che lo pervadeva, Enrico  stimò che l’uomo potesse avere circa una quarantina d’anni.

Tenendo le mani nelle tasche dei jeans si avvicinò ai poliziotti . 

 

-          Qu’est- ce que arrive ? – 

-          C’est un assasinat, capitaine –

 

L’uomo si avvicinò ad Enrico 

-          Quelle est votre opinion , monsieur ? –

 

Enrico era madido di sudore e non riusciva ad articolare alcun suono.

L’uomo si avvicinò ancora , il suo alito era pesante ; improvvisamente serrò la mano attorno al polso di Enrico e gli torse il braccio dietro la schiena.

 

-          Per favore, mi sta facendo  male! Io non c’entro niente ! – 

-          Lacombe ! arrete-toi !  

 

Il capitano lasciò immediatamente il braccio di Enrico; un altro uomo, piccolo e vestito elegantemente si stava avvicinando.

 

-          ma guarda, il nostro estimatore di ostriche ! -   

 

L’improvvisa comparsa della persona conosciuta al Cafè de Tourin, ebbe l’effetto di tranquillizzare Enrico ;infatti il tremore che lo scuoteva  dalla testa ai piedi  scomparve come d’incanto. 

 

-          La signora Siffredi , che abita dirimpetto al professore – cominciò l’uomo – ci ha telefonato dicendosi preoccupata perché la porta dell’appartamento di Siri era socchiusa da parecchie ore .. – 

 

Camminò , scalciando alcuni fogli sparsi sul pavimento; osservò il monitor frantumato del computer e senza voltarsi domandò 

 

-          Mi vuole spiegare la ragione della sua presenza  qui ? lei conosceva il professor Siri ?- 

 

Enrico  pensò che  quell’uomo doveva essere un commissario o giù di lì;  inoltre  aveva la netta sensazione di trovarsi di fronte ad una persona ragionevole, ma la presenza del “ capitano “ , quello che gli aveva piegato il braccio, gli impediva di  superare completamente lo stato di confusione e di paura .

 

-          Senta, io non c’entro nulla ! vi prego di credermi , sono qua per caso .. – 

-          Si calmi , che diamine ! – lo interruppe il commissario – agitarsi non serve a nulla –

 

Si avvicinò ad Enrico e gli tese la mano sorridendo  

-          Permetta che mi presenti : sono il commissario Dautierre –

 

Diede un’altra occhiata alla stanza 

 

-          Ovviamente , lei non è in possesso di armi ? –

-          No, certo che no -

-          Sono costretto a chiederle di seguirmi in gendarmeria. Per adesso  è in stato di fermo; dovrà spiegarmi molte cose . Se  desidera la presenza di un avvocato .. – 

 

Enrico chiuse gli occhi 

 

-          Non deve drammatizzare , monsieur , oltretutto l’apparenza depone a  suo favore : uno che ha appena ucciso un uomo con un colpo di pistola al torace  e poi ha combinato questo .. macello … - fece un ampio gesto con il braccio – non può certo avere un aspetto così composto –

 

Quell’uomo aveva il dono di infondere subito fiducia . 

 

 

                                                         *****

 

 

 

Enrico stava confessando delle mezze verità.

Il commissario  Dautierre fece un primo tentativo di sintesi. 

 

-          Quindi, questa sua , diciamo, amica ritrovata le ha consigliato di rivolgersi al professor Siri per avere della documentazione su ..?

-          Su “ la conspiration pour lègalité “ .. sa,  Babeuf e gli altri ;io sono insegnante di Storia. 

-          Capisco…. 

 

Dautierre , giunse le mani sulla bocca e osservò attentamente il suo interlocutore . poi sorridendo, domandò 

-          Sono state di suo gradimento les huitres ? –

 

Sospirò profondamente 

 

-          Glielo ripeto, commissario, sono ritornato a Nizza il giorno dopo perché il professore mi aveva assicurato di farmi trovare la documentazione idonea che avrebbe preso all’ateneo .. –

-          Certo che deve essere una documentazione importante , visto che lei , da quanto mi dice, appena sbarcato a Venezia è  venuto subito a Nizza per incontrare il professore –

-          Quando gli telefonai , da Milano, mi aveva detto che stava partendo per le ferie: ecco perché sono venuto direttamente ..-

-          Già – 

 

Il Commissario appoggiò le mani sulla scrivania , poi si alzò e cominciò a passeggiare.

Le mani in tasca, si stava osservando la punta delle scarpe .

 

-          Le dirò quello che penso , monsieur Mancinelli : io credo che lei non abbia ucciso nessuno però non mi sta dicendo tutta la verità .. è così ? 

 

Prima che Enrico potesse rispondere , il telefonò squillò 

 

-          Oui ? … ah! Mais c’est ... votre  confirmation , très  bien, au revoir ...-

 

Dautierre posò la cornetta e  guardò Enrico ; abbozzò un lieve sorriso . L’espressione del funzionario sembrava rassicurante

 

-          Monsieur – disse – per avere i risultati dell’autopsia ci vorrà ancora qualche giorno, ma l’analisi della temperatura corporea effettuata sul cadavere ha stabilito che il professor Siri è stato ucciso tra le dieci e mezzogiorno… e la questura di Imperia ci ha comunicato che ben sei testimoni  hanno visto il professor Mancinelli prendere l’automobile all’incirca verso le tredici e trenta…-

-          E allora ?

-          Allora lei non può essere l’assassino di Siri ..almeno materialmente –

-          Sono libero ? –

-          Si, ma le devo chiedere di tenersi a nostra disposizione . In verità lei non potrebbe lasciare il suolo francese , mais.. ètant ma facultè.. Cependant voglio darle un consiglio : resti fuori da questa storia –

-          Quale storia ? –

 

Per tutta risposta Dautierre si alzò 

 

-          Buona fortuna , monsieur –

 

Enrico aveva appena oltrepassato l’ingresso della gendarmeria quando Lacombe lo chiamò.

 

-          Qu’est-ce qui a convincu le commissarie? –

-          Temo di non capire –

 

Il  poliziotto fece qualche passo in avanti . Adesso i loro volti si  sfioravano . Enrico ebbe la conferma che l’alito di Lacombe era fetido.

 

-          ah! Non capisci italiano di merda ? sai .. io saprei come farti sputare il nome dei complici… – 

 

Sgattaiolò tra la porta ed il poliziotto; senza voltarsi si incamminò a passo sostenuto verso Avenue de la Republique .

 

     -   Italiano di merda ! – sentì urlare dietro le spalle.           

     

 

     

 

 

                                                                  V

 

Il sole scomparve quasi completamente , ma, ancora, una luce violacea , spettrale illuminava l’immensa pianura innevata.

Cominciò a nevicare , di nuovo , ostinatamente, implacabilmente, sui cadaveri dei soldati , sui cani pazzi per il freddo , sui cavalli morti e su quelle povere larve che vagavano inebetite.

Lontano,da una piccola foresta , apparve…. ed era un semidio.

Era stanchissimo, gli occhi rosso fuoco , la barba ricoperta di brina ed il volto violaceo.

Ma era di granito.

Andava al trotto , lui il sopravvissuto, l’invincibile, il maresciallo Michel Ney.

 

 

-          Maresciallo, maresciallo , siete tornato dunque! Portatemi a casa , vi supplico –

 

Gli occhi di un folle.

 

-          Laggiù , laggiù c’è un villaggio , siamo andati a chiedere pane ai cosacchi e loro ridevano , ridevano . Hanno catturato Le Bois : Lo hanno ucciso a bastonate . A bastonate, maresciallo! Non so perché mi hanno lasciato in vita . il cervello di Le Bois , qua, sulla giubba . Era caldo, caldo , Dio com’era caldo!-

-          Calmatevi caporale ! –

-          Era caldo … - 

 

Si inginocchiò e cominciò a strofinarsi la giubba con la neve fresca.

 

Ney avanzò ancora . ma quanto erano i morti ? diecimila ? ventimila?

Più appresso un artigliere era inginocchiato vicino ad un cadavere.. e pareva ne gioisse .

Lo liberò dello stivale e scoperse il polpaccio : era nero come un pezzo di legno abbrustolito.

Delicatamente cominciò a detergere la gamba dalla brina , poi si fermò estasiato a guardarla . Spalancò la bocca.

 

-          No, per Dio, no ! –

 

Ney sfoderò la sciabola e lo passò, da parte a parte. 

Si rannicchiò su se stesso ed emise un guaito ovattato; un fiotto di sangue  zampillò dalla sua bocca e finì sul polpaccio del cadavere.

Prima di morire , l’artigliere ebbe la forza di addentare quella gamba annerita e lorda del suo stesso sangue.

 

 

-          Ney, siete voi , non mi ero sbagliato –

-          Dumas, finalmente, ditemi : lui dov’è ? –

-          Laggiù, in quella  ibla, che sia maledetto-

-          Dumas! almeno voi… –

 

Attraversò il piccolo uscio e lo trovò così , seduto e avvolto nella  redingote grigia , le gambe distese e poggiate  su uno scranno .

Non si era tolto neppure il cappello.

 

-          Temo che siate giunto  in un brutto momento, la febbre mi sta consumando da ieri mattina –

-          Perché non mi avete concesso la Guardia ? –

 

Gli occhi dell’aquila dardeggiarono 

 

-          Come osate domandarmi questo! – 

-          E bene che torniate a Parigi  il più presto possibile , Maestà –

 

Si alzò faticosamente , congiunse le mani dietro la schiena : Guardava il Grande Ufficiale dritto negli occhi.

 

-          Vi debbo confessare una cosa , maresciallo; dopo quella carneficina,  alla Moscova, ero tentato di tornare indietro. Anzi  volevo tornare indietro.E’ colpa del sorriso diabolico di quella donna che mi incitava ad andare avanti per trascinarmi in quell’orrido –

 

Ney ebbe una stretta al cuore : la febbre lo stava facendo delirare.

 

-          Quale donna, Sire ? –

 

Si avvicinò alla piccola finestra : stava nevicando incessantemente .

 

-          Sapete ? la conosco da molto tempo, ma ultimamente  la sua presenza si è fatta ossessionante , a volte ….

 

Una smorfia di dolore adombrò il suo volto ; sbottonò il pastrano  e  massaggiò  il ventre con la destra.

 

      - a volte – proseguì – assume le sembianze di uno sciacallo - 

   

      

                                

                                                                      VI

 

 

    

Gianni De Caro era considerato una persona pacata ; a volte il tono monocorde e costante dell’esprimersi poteva risultare noioso .

Lui stesso aveva sempre odiato i toni predicatori e ridondanti della politica ; amava la Storia . Purtroppo, mai come nell’ultimo periodo  aveva toccato con mano quanto fosse debole, la Storia  . Ancora, nonostante le grandi scuole di pensiero , non era completamente assurta a dignità di disciplina scientifica autonoma. 

Certo, quale altra materia, a parte la matematica - e , per certi aspetti , neppure quella -  , poteva considerarsi fuori dal computo probabilistico ?Nessuna .

Ma la  Storia,  la sua  Storia ,come aveva cercato di spiegare in un lungo intervento in occasione del convegno nazionale di studi su Giovanni Boine , dipendeva ancora in modo ossessivo dalle …scienze  ausiliarie.

Voleva forse negare il valore delle interpretazioni e del loro confronto sinottico ? qualcuno aveva domandato . 

Il fatto è che lo disgustava l’uso allegro della dissertazione sull’èvènement, intesa quale discorso persuasivo , retorico , in funzione dell’uditorio. Politico , appunto. 

Per lui, le regole professionali assumevano un carattere di  assolutezza che incideva non poco sulla sua caratteristica placidità  di comunicazione; ma quel giorno, forse per la prima volta in vita sua, perse completamente la pazienza ed ebbe una reazione violenta .

 

Il pugno di De Caro sul tavolo della saletta dei gruppi consiliari ed il suo secco “ No” quasi urlato,  fece trasalire Giacomo Mariani, mentre l’assessore Berardi  si affacciò nel corridoio per accertarsi che nessuno avesse sentito lo sbotto  del funzionario. 

Berardi fece segno al presidente del circolo Parasio di non trascendere , poi tornò a sedersi accanto a De Caro.

 

 

-          Francamente non ti capisco , Gianni – riprese con molta calma Berardi – tu stesso hai detto che  quella.. specie di medaglione .-

-          Un cammeo –

-          D’accordo , un cammeo.. tu stesso , ripeto, hai detto che potrebbe trattarsi di qualcosa di estremamente raro , quasi unico. E allora perché ti ostini a non dare il tuo assenso per rimuoverlo da quella parete e  farlo analizzare da un comitato di esperti ? –

 

De Caro deglutì faticosamente , si sporse in avanti e giunse le mani sul tavolo .

 

-          Innanzitutto – cominciò – non sono sicuro  del diametro : può essere più ampio dei dieci centimetri che ho sommariamente stimato ed una rimozione frettolosa potrebbe danneggiarlo; in secondo luogo vi debbo informare che la lavorazione di cammei, pietre dure, coralli e quant’altro, è stata ed è molto comune nel nostro paese, in Campania , a Torre del Greco, per esempio , e quel ….. medaglione , come lo chiamate voi , potrebbe essere di scarso valore , o addirittura una patacca -  

-          Ma a maggior ragione, allora , se…. –

 

De caro alzò la voce per la seconda volta 

 

-          …Se posso concludere senza essere interrotto ! –

 

Giacomo Mariani si passò la mani tra i capelli .

 

-          Vi ho solo confidato – riprese De Caro – che quel cammeo assomiglia in modo     impressionante ad un raro reperto storico conservato al Kunstihistorisches Museum di Vienna .Si tratta del celebre Cammeo dell’Aquila , e faceva parte di una grande quantità di doni preziosi offerti all’Imperatore Augusto per aver salvato Roma dal caos delle guerre civili. Questo Cammeo , dopo varie vicissitudini, finì e Bisanzio e successivamente  fu trafugato dai crociati durante l’esperienza dell’Impero Latino d’Occidente , nel 1204 .. –

-          Capisco, ma .. – 

-          Non ho finito ! –

 

De caro alzò la voce per la terza volta; poi ritrovò la sua solita flemma  

 

-          Insomma, per farvela breve ,  Il Cammeo dell’Aquila, come vi ho detto, è attualmente conservato in quel museo ed io stesso ho scritto al professor Lhemann  , Direttore del  dipartimento “ GreeK and Roman Antiquities “. 

Per sommi capi ho cercato di spiegare il caso;  proprio ieri ho ricevuto la sua risposta . Addirittura , anche se non esplicitamente , mi ha fatto capire  che tra qualche tempo potrebbe incaricare qualcuno di sua fiducia a venire ad Imperia  -

-          Qualche tempo ! quanto tempo ? – domandò Mariani

-          Un mese , o due ..

 

Mariani e  Berardi si guardarono perplessi.

De Caro si rese conto di non avere interamente soddisfatto i suoi interlocutori 

 

-          Voi politici dovreste sapere che la ricerca, come la democrazia , ha i tempi lunghi ! – disse sarcastico – inoltre , e badate bene, ciò, per  quanto mi riguarda , è molto importante , pretendo che i legittimi proprietari dell’appartamento siano  non solo avvertiti, ma  anche fisicamente presenti in caso di rimozione dell’oggetto dal muro – 

 

Giacomo Mariani si alzò; poggiò il palmo delle mani sulle reni ed accennò ad un movimento ondulatorio . 

 

-          Beh , io sono stanco - disse – faremo come hai suggerito –

-          Gianni,  qual ’è la tua ipotesi ? – intervenne concitato l’assessore 

 

De caro sorrise 

 

-          ipotesi non ne voglio fare , vi ho solo informato , ecco tutto. Vedete, per gli sprovveduti – senza offesa s’intende perché anch’io, tutto sommato, non sono un esperto del ramo – è come leggere un trattato di patologia generale : immediatamente si avvertono  i sintomi di tutte le malattie conosciute. – 

 

                                                             ****

 

 

Gianni  percorse  la salita della Stra’ molto lentamente; si fermò all’inizio di via Domenico Acquarone .

Più in alto, due anziane donne stavano “ciappettando” sedute sull’ampio parapetto nell’incantevole cornice di Piazza Pagliari.          

 

Mentalmente fece autocritica ; si rese conto che il suo modo di agire lo rendeva insopportabile.

Non ricordava un periodo della sua vita in cui fosse stato così intrattabile, nervoso , quasi collerico. 

L’autenticità , il valore di quel coso . No. Non era certo questo che lo turbava .

 

Ciò che scombussolava De Caro , che per conformazione mentale considerava un dovere la spiegazione – se non esauriente , quanto meno soddisfacente – dell’accaduto, era  l’insensatezza , l’irragionevolezza, l’assurdità del comportamento dell’ultima persona venuta in possesso di quel cammeo. 

Un linea  beffarda apparve sulle sue labbra : certo, il concetto di vero e di falso era tutt’altro che semplice .

Ma , si chiedeva , anche i comportamenti di una persona razionale , non condizionata e completamente sana di mente , possono essere falsati ? 

Scosse la testa . Il suo pensiero sembrava quello di un uomo febbricitante , non certo di  una persona che aveva la pretesa di delineare le coordinate di un comportamento .

I fatti : nel locale di un appartamento di un palazzo d’epoca , in una parete , è stata ricavata , illo tempore , un’edicola di circa venti centimetri di larghezza, dieci di altezza e cinque  di profondità. 

Originariamente , di questo era sicuro, la nicchia conteneva un’immagine sacra  o un crocefisso , certamente non una statuetta ,  considerata la scarsa profondità.

Successivamente tale immagine era stata rimossa e sostituita con il cammeo di sardonica ed occultata. 

Oppure occultata qualche tempo, o molto tempo,dopo. Un nascondiglio ? assurdo. 

Quanti erano i personaggi che avevano  posto in essere tali azioni : Uno , due ,tre ? e quando?.

  

Ripensò alla celebre affermazione di Victor Hugo circa la volontà  di “ fare Storia” , anzi di creare un’opera di Storia e l’importanza data, ai fini della comprensione e della descrizione della società contemporanea , delle fogne di Parigi .

L’edicola non aveva niente a che vedere con la fogna , però era stata occultata … come la fogna dei tempi moderni. 

 

 

Due ragazze passarono accanto a lui 

 

-          E allora…. capisci .. ho digitato la funzione quattro e  si è bloccata la tastiera . Una rabbia che non ti dico ! –

 

Gianni rimase folgorato : la funzione ! certo ! perché non ci aveva pensato prima ? E dire che, in qualche occasione , si era fatto vanto  di riuscire a completare un intero quadro di Batterzaghi in meno di sei minuti. L’edicola, ed il cammeo incastrato al suo interno, erano come un cartello stradale: stavano ad indicare qualcosa .

Un divieto.. o un percorso.  



… Continua

Redazione

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