E’ un progetto di ricerca ambizioso quello Enrico Masi - regista e ricercatore dell’Università di Bologna - ha raccontato qualche giorno fa ai nostri microfoni, proprio quando a Ventimiglia, nel quartiere delle Gianchette, si stavano vivendo momenti difficili a causa dell’allerta neve e della costante presenza di persone accampate lungo il Roja.
“Rifugio” questo il titolo di un progetto che lui definisce ‘transmediale’ e con cui vuole raccontare la questione migranti passando da Ventimiglia, ma non solo. L’intento è quello di porre l’attenzione sull’arrivo di queste persone sul nostro territorio, ma leggendo questi fatti da un altro punto di vista: quello degli europei che, a loro volta, cercano riparo da quella che viene facilmente definita ‘invasione’.
“Noi europei - spiega Enrico Masi - ci difendiamo da questo arrivo che deve essere comunque riquantificato: sembra un’enorme invasione ma, in realtà, non è altro che un adeguamento rispetto a quello che è stato il colonialismo. Da due anni stiamo lavorando a questo documentario di cui è protagonista anche a Ventimiglia, che rappresenta uno snodo cruciale.”
In che modo la città di confine si inserisce in questo progetto? “Qui c’è uno spazio straordinario - continua - questo cavalcavia è diventato un luogo importante per l’immagine dell’Europa contemporanea. L’intenzione è quella di riunire in questo lavoro un fenomeno generazionale, un flusso globale che va studiato.”
Tra i luoghi toccati da questo progetto di ricerca ci sono molte altre ‘zone di confine’ o comunque interessate dalla questione migranti, rispetto a queste come si colloca la città di Ventimiglia? “Qui muore un po’ il mondo - continua Enrico Mineo - l’immagine che noi percepiamo di questo luogo non è europea, è quella di paesi con problemi molto più gravi che, però, oggi sono in Europa. Ventimiglia è una cavia, immolata per questa causa, così come lo sono Taranto, Mineo, Crotone, e altri luoghi vicino al Brennero e al Friuli. E’ una nuova Europa - conclude Enrico Masi - dobbiamo quindi raccontare e fornire strumenti per capire tutto questo al grande pubblico. Occorre allargare questo sentimento di comprensione. Quello che sta accadendo è un fenomeno storico che non possiamo rifiutare.”